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Trattativa, Napolitano: "Mai saputo accordi" Il pm Di Matteo: "Aut aut di mafia allo Stato"

Molte le domande degli inquirenti dalla lettera di DʼAmbrosio allʼallarme attentati del ʼ93. Il Colle informa che il presidente "ha risposto con la massima trasparenza e serenità". Il magistrato di Palermo: "Udienza molto utile, ha confermato il ricatto"

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Il presidente della Repubblica Giorgio Napolitano ha deposto davanti alla Corte d'Assise per il processo sulla trattativa Stato-mafia. In tre ore una ventina di domande sono state poste dai pm di Palermo al Capo dello Stato, interrogato al Quirinale. Il presidente, secondo una nota del Colle, ha risposto "con la massima trasparenza e serenità" alle domande "senza opporre limiti di riservatezza connessi alle sue prerogative costituzionali".

Trattativa, Napolitano: "Mai saputo accordi" Il pm Di Matteo: "Aut aut di mafia allo Stato"

Al termine della deposizione, il Quirinale "auspica che la Cancelleria della Corte assicuri al più presto la trascrizione della registrazione per l'acquisizione agli atti del processo, affinché sia possibile dare tempestivamente notizia agli organi di informazione e all'opinione pubblica" dell'udienza.

Un legale della difesa, al termine dell'udienza, ha fatto sapere che "la parola 'trattativa' non è mai stata usata". Il presidente ha risposto anche ad alcune domande poste dal legale di Totò Riina. Il legale dell'ex generale Mario Mori, invece, non ha posto domande al presidente della Repubblica "per rispetto istituzionale".

Il pm Di Matteo: "Nel '93 aut aut della mafia allo Stato" - "Nella sua testimonianza Napolitano ha detto chiaramente che la percezione più immediata fu quella della riconducibilità di quegli attentati ad una strategia dell'ala corleonese di Cosa Nostra per porre lo Stato di fronte a un aut aut, ha utilizzato questa espressione il presidente della Repubblica: o l'alleggerimento della repressione antimafia oppure il prosieguo della attività stragista con l'intento di destabilizzare le istituzioni repubblicane". Lo dice il pm di Palermo in un'intervista.

"Quella di Napolitano - aggiunge Di Matteo - è stata una testimonianza utile per ricostruire il quadro dei fatti del 1992 e del 1993, soprattutto per ricostruire il clima e per cercare di capire quale fu la percezione a livello più alto delle istituzioni politiche degli attentati del maggio e luglio del 1993". "Ha parlato di vero e proprio ricatto?", chiede Ruotolo. "In una successiva domanda noi abbiamo utilizzato proprio il termine di "ricatto di Cosa Nostra" nei confronti delle istituzioni, e il teste ha confermato che quella era l'immediata percezione", risponde Di Matteo.

Napolitano: "Mai turbato da rischi attentato"
- Il presidente Napolitano ha riferito di non essere stato mai "minimamente turbato" delle notizie su presunti attentati alla sua persona nel 1993. Questo "perché faceva parte del suo ruolo istituzionale", ha spiegato l'avvocato Nicoletta Piergentili della difesa di Nicola Mancino uscendo dal Quirinale. "Con Loris D'Ambrosio eravamo una squadra di lavoro", ha invece detto Napolitano parlando dell'ex consigliere giuridico del Quirinale morto d'infarto nel 2012.

D'Ambrosio però, secondo quanto alcuni legali riferiscono che il capo dello Stato abbia detto, non parlò a Napolitano degli indicibili accordi a cui accennò invece nella lettera di dimissioni, del giugno 2012, poi respinte. Napolitano avrebbe anche descritto alla corte lo stato di esasperazione dell'ex consigliere giuridico, scosso perché vedeva messa in dubbio la sua lealtà di servitore dello Stato, dopo la campagna mediatica seguita alla pubblicazione delle sue intercettazioni con Nicola Mancino.

Nel corso della deposizione, ha riferito inoltre l'avvocato del Comune di Palermo, Gioivanni Airò Farulla, "Napolitano ha detto che, all'epoca, non aveva mai saputo di accordi" tra apparati dello Stato e Cosa nostra per fermare le stragi. Mentre secondo l'avvocato Luca Cianferoni, legale di Totò Riina, il presidente della Repubblica "ha tenuto sostanzialmente a dire che lui era uno spettatore di questa vicenda". Cianferoni ha quindi rilevato come "la Corte non ha ammesso la domanda più importante", quella sul colloquio tra Napolitano e l'ex presidente Oscar Luigi Scalfaro quando pronunciò il famoso "io non ci sto!".

Il procuratore: piena collaborazione dal Capo dello Stato - "Da parte del presidente c'è stata una grande collaborazione. Napolitano ha risposto a tutto in modo molto ampio - ha detto il procuratore di Palermo Leonardo Agueci -. La deposizione ha confermato l'utilità della sua citazione".

M5S: "Napolitano non contribuisce alla verità" - "Una deposizione che incrementa solo dubbi", scrivono in una nota i membri del Movimento 5 Stelle della commissione Antimafia, esprimendo "il pieno disappunto per la deposizione al processo.