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Staminali o eutanasia: la battaglia di Irene
per curare il marito in stato vegetativo dal 2010

Si tratta dellʼunica cura in grado di riparare il danno celebrare subito da Giuseppe Marletta Ma in Italia questa terapia è stata considerata pericolosa dopo lʼindagine del pm Guariniello

Dal suo blog ufficiale

Un banale intervento alla bocca per la rimozione di due punti, poi l'arresto cardiaco, i gravi danni al cervello e lo stato vegetativo. Questo il tunnel nel quale Giuseppe Marletta è entrato nel 2010. A due anni dall'incidente la moglie Irene Sampognaro si batte perché l'architetto catanese venga sottoposto a cure a base di staminali mesenchimali. Cellule il cui uso per fini terapeutici non è ancora consentito nel nostro Paese. "E' l'unica speranza per Giuseppe, se non mi daranno il permesso chiederò l'eutanasia".

Cos'è successo a suo marito?
Il primo giugno 2010 mio marito Giuseppe era andato all'ospedale Garibaldi-Nesima di Catania per sottoporsi a un banale  intervento di rimozione di due punti metallici dalla mandibola. Soffriva di sinusite e gli avevano assicurato che con quell'operazione il fastidio sarebbe scomparso. In tarda mattinata ho appreso che aveva avuto un arresto cardiaco e che si trovava in terapia intensiva. Mi sono precipitata in ospedale e l'ho trovato in coma farmacologico, intubato. Il suo cuore aveva cessato di battere e aveva riportato danni devastanti al cervello. In pochi minuti  sono stata catapultata in una realtà sconosciuta, tra attesa e disperazione. Adesso anche se è ancora vivo non comunica più e non è cosciente. Se questo fosse un paese civile mio marito non sarebbe finito in coma per un intervento banalissimo e per di più inutile, infatti quell'operazione non c'entrava niente con il suo fastidio di sinusite. E poi avrebbe accesso all'unica cura che forse può migliorare la sua condizione.

Qualcuno ha pagato per quell'errore medico?
Macché, dopo due anni e mezzo siamo ancora all'udienza preliminare. L'anestesista e l'infermiere sono stati rinviati a giudizio e il 12 dicembre ci sarà la seconda udienza, ma nessuno per il momento ha pagato. Il commento dell'equipe medica è stato: “L'operazione è perfettamente riuscita in quanto i punti sono stati rimossi con successo”. La beffa è che quei medici continuano a svolgere la loro professione indisturbati.

Adesso come assiste suo marito?Come affronta economicamente le spese per l'assistenza?
Sono rimasta sola con due bambini e l'unico reddito da insegnante. Percepisco la pensione minima di architetto e di invalidità di mio marito ma si tratta di cifre ridicole. Il sistema sanitario nazionale per me è un sistema malato, corrotto. A sud soprattutto i pazienti in stato vegetativo sono abbandonati, o peggio, costituiscono un business. Al sistema saninatio costano 800 euro al giorno se soggiornano nei centri di risveglio. Adesso Giuseppe è in un Rsa, praticamente una residenza per anziani, perché con i bambini piccoli non riesco a tenerlo in casa, ma si tratta di una struttura inadeguata per pazienti in coma. E' parcheggiato lì e vegeta.  Assume farmaci costosissimi e sicuramente c'è qualcuno che sta guadagnando sul suo sangue. Le case farmaceutiche esultano su questi pazienti in agonia controllata.

Oggi Irene chiede di sottoporre suo marito a una terapia a base di cellule staminali somministrata dalla Stamina Foundation presso gli Spedali Civili di Brescia. Non aveva ancora intrapreso questa cura perché il pm di Torino Raffaele Guariniello ha aperto un'inchiesta contro la fondazione bresciana. Dopo un'indagine del Ministero della Salute e dell'Aifa, il 5 novembre è arrivato lo stop da parte dell'Istituto superiore di Sanità e dell'Aifa. La terapia è stata considerata pericolosa per la salute e i laboratori dove veniva praticata inadatti. 

Perché ritiene che per Giuseppe le staminali siano l'unica speranza?
Si tratta dell'unica cura rigenerativa in grado di riparare il danno celebrare che mio marito ha subito. Nel centro di risveglio in cui ha passato parte della degenza, l'unica terapia a cui era sottoposto era un'ora di ginnastica passiva al giorno. È ridicolo pensare che quattro massaggi facciano risvegliare dal coma. La cosa che mi sembra più assurda è che coloro che hanno causato il coma di Giuseppe sono restati nel loro posto di lavoro, chi invece sperimenta nuove cure viene ostacolato in tutti i modi. Affermare che le staminali sono più pericolose dello stato vegetativo è un vero insulto all'intelligenza. Il pericolo è rappresentato da chi lucra su questi malati che non hanno nulla da perdere sottoponendosi a delle sperimentazioni mediche. 

Più volte ha detto che se non avrà accesso alle staminali, chiederà l'eutanasia per suo marito...
Giuseppe non avrebbe mai voluto vivere in questo modo.  Adesso la sua vita è sospesa in un limbo così come la mia e quella di tutta la famiglia. A volte solo la morte può essere la cessazione della sofferenza. 

Il Ministero della Salute ha ascoltato il suo appello?
Un anno fa a Roma ho parlato con l'entourage del sottosegretario Roccella. Mi dissero: "Noi non ci occupiamo di mala sanità" che è come dire "non siamo competenti in salute". È un paradosso. Ho scritto al ministro Fazio, all'assessorato alla Salute della Regione Sicilia e al presidente Napolitano che non mi ha mai degnato di risposta. Lo Stato è rimasto indifferente: si proclama in favore della vita ma poi non la tutela. Anche l'indifferenza è una forma di eutanasia.

Irene parteciperà al convegno che si terrà il 17 novembre a Grottammare, intitolato "Vite sospese. Cellule staminali: cure possibili?" organizzato dalla onlus catanese Sicilia Risvegli.
L'evento è stato organizzato per informare in modo corretto e obiettivo. Sarò presente insieme ad altri familiari di pazienti che vogliono sottoporsi a cure con le staminali. La cosa più grave è che le istituzioni invitate non saranno presenti, il ministro della Salute ha detto che non ci sarà perché rifiuta il contraddittorio, rifiuta di dare risposte alle richieste mie e di altri familiari in condizioni analoghe.

Quale appello lancia?
Vorrei che il ministro Balduzzi venisse a Grottammare a conoscere le famiglie con parenti in gravi condizioni.