Ogni anno milioni di donne italiane svolgono attività di cura non retribuite che restano fuori da statistiche, welfare e diritti e che in più danneggiano le loro carriere professionali
di Giuliana Grimaldi© Istockphoto
La Festa della Mamma torna puntuale nel calendario e nel marketing, tra regali, offerte promozionali, mazzi di fiori e post commoventi. Ma dietro questa ricorrenza c’è una realtà economica che continua a sfuggire alle statistiche ufficiali: il lavoro domestico e di cura non retribuito, svolto in modo preponderante dalle donne, e in particolare dalle madri. Un’attività essenziale, quotidiana, che non entra nel Pil e non dà diritto a uno stipendio, ma tiene in piedi famiglie, welfare e interi pezzi dell’economia reale.
Secondo gli ultimi dati rilevati dall’Organizzazione Internazionale del Lavoro (un'agenzia delle Nazioni Unite), le donne in Italia dedicano in media 5 ore e 5 minuti al giorno al lavoro di cura non retribuito, a fronte di 1 ora e 48 minuti per gli uomini. Il 74% delle ore complessive di assistenza familiare ricade quindi sulle spalle femminili, spesso con un impatto diretto sull’occupazione e sulla salute.
Non si tratta solo di cucinare, accudire, riordinare. Questo tempo include anche la gestione invisibile e costante delle necessità familiari: il cosiddetto carico mentale, ovvero la responsabilità di ricordare, anticipare, pianificare tutto ciò che serve per far funzionare una casa: i compleanni degli amichetti dei figli, il regalo di compleanno per la suocera, l'organizzazione della cena di Natale, il pagamento della mensa scolastica, i colloqui con le maestre, la prenotazione delle vacanze e via dicendo. È un lavoro silenzioso, che non si misura in ore nette ma che occupa uno spazio cognitivo costante, come mostrano le indagini di Valore D e i più recenti report di WeWorld.
Un’elaborazione di Moneyfarm del 2025 ha stimato che se alle donne fosse riconosciuto un compenso di 9 euro all'ora (la paga media di una colf o di una tata) solo per le 3 ore quotidiane in più rispetto agli uomini, ciascuna riceverebbe circa 7mila euro lordi all’anno.
Estendendo la stima al tempo totale dedicato (oltre 5 ore al giorno), il valore teorico del lavoro di cura non retribuito supera 15mila euro annui per donna. Applicato a una platea di circa 12 milioni di donne attive in ambito familiare, si ottiene un valore economico potenziale di oltre 180 miliardi di euro all’anno: quasi il 9% del Pil italiano (nel 2023 ammontava a 2.128 miliardi di euro), ma completamente invisibile nei bilanci dello Stato.
l carico di cura ha conseguenze dirette sull’occupazione femminile. Secondo il report 2023 di Valore D, il tasso di occupazione femminile in Italia è al 52,5%, contro il 70,4% maschile. Le donne rappresentano il 42,3% degli inattivi totali.
I dati dell'Organizzazione Internazionale del Lavoro (gli ultimi disponibili sono del 2022) confermano e rafforzano il quadro: in Italia, il 22,1% delle donne fuori dal mercato del lavoro indica nelle responsabilità di cura la causa principale, mentre tra gli uomini la stessa motivazione viene indicata solo dall’1,7%. Più in generale, oltre la metà delle donne inattive (53,2%) cita ragioni familiari o personali, contro il 34,3% degli uomini.
Secondo l’Inps, una madre su tre lascia o riduce l’attività lavorativa dopo il primo figlio. Non è solo una questione di scelta personale: spesso è una rinuncia forzata, per assenza di servizi, rigidità degli orari e cultura del lavoro ancora sbilanciata. I congedi parentali restano per il 78% in carico alle madri, confermando che il sistema scarica su di loro il costo della genitorialità.
Negli ultimi mesi sono tornate sul tavolo proposte di riconoscimento formale del lavoro non retribuito: contributi figurativi per le madri, reddito di cura per i caregiver familiari, fiscalità più favorevole per chi riduce l’orario di lavoro per esigenze familiari. Ma nulla di strutturale è ancora stato approvato a livello nazionale.
Alcune Regioni, come Emilia-Romagna e Lazio, hanno attivato sperimentazioni su caregiver e sostegni indiretti. Ma la dimensione resta ancora sottovalutata nella progettazione del welfare.
La Festa della Mamma è il momento giusto per cambiare prospettiva. Non solo affetto, ma riconoscimento. In Italia, il lavoro invisibile delle madri vale miliardi. Eppure non genera reddito, non costruisce pensioni, non viene rappresentato nelle statistiche economiche.
Rendere visibile questo tempo – che è anche competenza, responsabilità, fatica e carico mentale costante – significa fare un passo avanti verso un’economia più equa e realistica.