Dal 2025 le aziende sono tenute a stipulare la polizza che proteggere da alluvioni, terremoti e frane ma non dai danni ambientali. I consigli di Ania e Pool Ambiente
di Giuliana Grimaldi© Istockphoto
Dieci miliardi di euro all'anno. È quanto lo Stato italiano spende mediamente per i danni derivanti da catastrofi naturali, di cui circa 4,5 miliardi destinati alla ricostruzione degli edifici privati. Numeri che fotografano un'emergenza sempre più pressante, aggravata dall'aumento della frequenza e dell'intensità degli eventi climatici estremi: alluvioni, esondazioni e piogge eccessive stanno diventando infatti, sempre più comuni, mettendo a rischio il tessuto produttivo del Paese.
Per affrontare questa sfida, dal 2025 è entrato in vigore l'obbligo per le imprese di sottoscrivere una polizza contro le calamità naturali. Le grandi aziende hanno dovuto adeguarsi entro il 31 marzo, mentre per le medie imprese la scadenza è stata posticipata al 30 settembre e per le micro e piccole imprese al 31 dicembre. Un provvedimento che ha generato una risposta immediata del mercato assicurativo, con le compagnie che hanno dovuto adeguare rapidamente i propri prodotti ai nuovi requisiti di legge. Tgcom24 ha chiesto quali sono i nuovi adempimenti per le realtà produttive ad Ania (l'Associazione Nazionale fra le Imprese Assicuratrici); mentre Lisa Casali, manager di Pool Ambiente (il consorzio che dal 1979 riunisce le principali compagnie assicurative italiane per garantire coperture contro i danni ambientali) spiega perché quando una calamità naturale colpisce un sito produttivo, bisogna parlare di conseguenze in senso più ampio.
Con la Legge di Bilancio 2024 l'introduzione dell'obbligo di polizza Cat Nat (acronimo che sta per "Catastrofi Naturali") ha generato inizialmente alcune difficoltà interpretative tra le imprese. "A fronte di alcune difficoltà nell'interpretazione dell'impianto normativo, il Mimit ha aperto un tavolo di confronto con tutte le Associazioni del mondo imprenditoriale e con Ania, che si è riunito con cadenza settimanale per risolvere tutti i dubbi sull'applicazione della norma", spiega l'associazione delle compagnie assicurative. Per facilitare le aziende, Ania ha pubblicato sul proprio sito delle Faq e una guida specifica, attivando anche un indirizzo mail dedicato per quesiti e dubbi.
Il settore assicurativo ha risposto con tempestività alla nuova normativa, anche per via delle caratteristiche peculiari dell'obbligo. "La risposta del comparto è stata immediata anche in considerazione del fatto che la nuova normativa prevede non solo un obbligo di assicurarsi per le imprese ma anche un obbligo a contrarre per le compagnie di assicurazione che, quindi, non possono rifiutarsi di offrire la copertura assicurativa, pena l'applicazione di sanzioni pecuniarie che vanno da 100mila a 500mila euro", chiarisce Ania. Le compagnie hanno dovuto rapidamente adeguare i prodotti esistenti ai requisiti di legge: alcune si sono orientate verso prodotti Cat Nat stand alone, che coprono solo i rischi previsti dalla normativa, mentre altre hanno preferito vendere la garanzia come estensione di polizze incendio o danni. Per le Pmi sono stati predisposti pacchetti standardizzati per semplificare l'adesione.
Sul fronte delle sottoscrizioni, il Decreto-legge Catastrofi ha modificato le tempistiche iniziali: il 31 marzo 2025 è rimasto valido solo per le grandi imprese, mentre per le medie aziende la scadenza è slittata al 30 settembre e al 31 dicembre per micro e piccole imprese. "Prima della proroga, le nostre associate ci avevano segnalato una richiesta di copertura estremamente elevata, più che triplicata rispetto alla norma. Dopo la proroga, abbiamo registrato un evidente rallentamento della domanda", rivela l'associazione. Da qui l'appello alle imprese: "Ci auguriamo che le aziende non attendano la scadenza dei termini per assicurarsi, poiché, indipendentemente dalla legge, la polizza Cat Nat è un investimento determinante per la protezione e l'operatività del tessuto imprenditoriale".
La polizza copre alluvioni, inondazioni, esondazioni, sismi e frane. Un pacchetto di protezioni necessario in un contesto dove, secondo le stime di Ania basate sugli stanziamenti governativi passati, "lo Stato italiano spende, ogni anno, dieci miliardi di euro per i danni derivanti da catastrofi naturali, di cui circa 4,5 miliardi destinati alla ricostruzione degli edifici privati".
Il quadro futuro appare sempre più complesso. "Negli ultimi anni la frequenza e l'intensità di alcuni eventi climatici come, per esempio, l'eccesso di pioggia e le alluvioni, sono aumentate in modo considerevole, rendendo più difficoltosa per gli assicuratori l'assunzione di questi rischi", osserva Ania. Per garantire l'assicurabilità, le compagnie dovranno sempre più ricorrere a modelli catastrofali predittivi, poiché le serie storiche non sono più affidabili. In questo scenario giocheranno un ruolo fondamentale le nuove tecnologie e l'acquisizione di dati granulari sulle esposizioni e la vulnerabilità degli edifici.
Quanto risparmierà lo Stato grazie alla nuova normativa? "A oggi non è possibile stimare quanto, effettivamente, lo Stato risparmierà grazie alla previsione del nuovo obbligo assicurativo, in quanto non sappiamo quante imprese si assicureranno effettivamente e quali potranno essere le perdite per il mercato assicurativo", ammette l'associazione. L'auspicio è che "uno schema assicurativo nazionale possa essere esteso quanto prima anche alle abitazioni civili in modo da creare una maggior mutualizzazione del rischio con benefici significativi sia per la collettività che per le Istituzioni".
Quando una calamità naturale colpisce un sito produttivo, le conseguenze non si limitano ai danni materiali. Lisa Casali, manager di Pool Ambiente, il consorzio che dal 1979 riunisce le principali compagnie assicurative italiane per garantire coperture contro i danni ambientali, spiega che "quando un'alluvione, un incendio o una frana colpiscono un sito produttivo, non si tratta solo di danni materiali. Questi eventi possono provocare la dispersione di sostanze inquinanti, il cedimento di serbatoi o il malfunzionamento degli impianti di depurazione". Un aspetto cruciale che molte aziende ignorano è che, anche se la causa scatenante è un evento naturale, l'impresa resta responsabile per i danni ambientali che ne derivano. "Le autorità competenti possono imporre interventi di messa in sicurezza d'emergenza, bonifica e ripristino, con costi in genere molto elevati che nei casi più gravi possono raggiungere anche le decine di milioni", avverte Casali.
L'obbligo di intervenire è previsto dal Decreto Legislativo 152 del 2006, che impone alle imprese di prevenire e riparare ogni danno ambientale, a prescindere dalla causa. Qui emerge un equivoco pericoloso: "Molte aziende però non lo sanno e confidano nella polizza Cat Nat, che però esclude i danni da inquinamento", sottolinea la manager. La soluzione richiede una protezione aggiuntiva: "I danni ambientali, infatti, richiedono una polizza dedicata di responsabilità ambientale, come quelle offerte dalle compagnie che aderiscono al Pool Ambiente".
Le conseguenze per le imprese non assicurate possono essere drammatiche. "Se l'impresa non è assicurata e non ha le risorse necessarie, resta comunque responsabile. Le autorità possono imporre misure coercitive, fino al sequestro dei beni o all'iscrizione di ipoteche per recuperare i costi della bonifica", spiega Casali. E anche quando interviene lo Stato, l'azienda deve comunque rimborsare quanto speso per il ripristino ambientale. "Avere una polizza ambientale significa quindi proteggere non solo il proprio patrimonio, ma anche il territorio e la collettività, garantendo tempi rapidi di intervento. È inoltre una protezione per i vertici dell'azienda che sono esposti in prima linea in caso di ecoreato", aggiunge.
Il livello di consapevolezza in Italia è ancora insufficiente. "Ancora troppo poco. In Italia meno dell'1% delle imprese è coperta da una polizza di responsabilità ambientale", denuncia la manager di Pool Ambiente. Il problema è spesso legato a una percezione distorta del rischio: "Molte non sono pienamente consapevoli del rischio o lo sottovalutano, pensando che riguardi solo i grandi impianti industriali. In realtà, basta una perdita di sostanze o un evento meteo estremo per generare danni ingenti". Per questo Pool Ambiente sta intensificando gli sforzi educativi: "Come Pool Ambiente stiamo lavorando con Ania, compagnie e intermediari per diffondere la cultura della prevenzione, perché la tutela ambientale è ormai parte integrante della gestione del rischio aziendale e perché una governance responsabile non può prescindere da una corretta gestione di questi rischi", conclude Casali.