EFFETTI DISTRUTTIVI

Clima estremo: il conto pagato dal Pakistan

Nonostante il suo contributo alle emissioni globali sia bassissimo rispetto alle grandi potenze, meno dell’1%, il Pakistan è uno dei luoghi del mondo dove gli effetti dei cambiamenti climatici sono più visibili e distruttivi

di Sara Del Dot
16 Ott 2025 - 10:15
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Piogge torrenziali, fiumi che escono dagli argini, dighe distrutte e migliaia di persone in difficoltà.

Nonostante il suo contributo alle emissioni globali sia bassissimo rispetto alle grandi potenze, meno dell’1%, il Pakistan è uno dei luoghi del mondo dove gli effetti dei cambiamenti climatici sono più visibili e distruttivi. Nel 2022 il paese si è trovato infatti al primo posto nel Climate risk index, una classifica dei paesi più colpiti dagli eventi meteorologici estremi, seguito dal Belize e dall’Italia.

© Climate risk index

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Qui, negli ultimi anni eventi estremi come ondate di calore prolungate e piogge monsoniche sempre più intense, si sono manifestati con tutta la loro forza. A questo si aggiunge anche la conformazione geografica del Paese e la presenza di circa 7mila ghiacciai che, con l’incontrollato aumento delle temperature medie raggiungono più in fretta il punto di fusione, rilasciando acqua che scorre a valle e riempie i laghi e i fiumi rendendoli più propensi a traboccare.

Ed ecco le conseguenze: da giugno a settembre di quest’anno, le piogge non hanno dato tregua e l’acqua si è presa tutto, proprio come nel 2022. Strade trasformate in fiumi, inondazioni montane e frane, corsi straripati, famiglie costrette a scappare con l’acqua alla vita trasportando tutto ciò che hanno, bestiame incluso.

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Oltre 800 morti, intere coltivazioni distrutte poco prima del raccolto, danni economici ancora in fase di calcolo.

Nella provincia del Punjab, la più popolosa, definita il “granaio del paese”, oltre due milioni di persone sono state costrette a lasciare le loro abitazioni, a causa delle peggiori inondazioni degli ultimi 40 anni. Così è accaduto anche in altre zone del paese come Karachi, Sindh e, al di là del confine, in India.

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L’evacuazione delle famiglie è sempre una soluzione estrema, considerando il fatto che il 40% della popolazione pakistana vive al di sotto della soglia di povertà e molti non vogliono abbandonare le loro case e i loro beni.

Un duro colpo per l’economia del paese, che conta 250 milioni di abitanti: l’agricoltura infatti rappresenta un quinto del prodotto interno lordo, oltre a essere la principale fonte di reddito per intere comunità.

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Una catastrofe sopraggiunta quando il Paese stava ancora cercando di riprendersi dalle inondazioni che da giugno a ottobre 2022 avevano sommerso un terzo del paese, distruggendo interi villaggi e uccidendo più di 1700 persone. Erano infatti state definite le più mortali della storia, con danni economici che hanno raggiunto di 30 miliardi di dollari.

In tutto questo le risposte non sembrano mai sufficienti. Il Governo ha dichiarato l’emergenza climatica e richiesto l’elaborazione di un piano di 300 giorni per affrontare le sfide climatiche.

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Eppure non mancano le critiche all’amministrazione, accusata di non aver agito in tempo impedendo attività che indeboliscono i territori come deforestazione, coltivazioni nei letti dei fiumi e costruzioni di edifici lungo gli argini, ma anche di non aver avvisato le persone affinché potessero salvaguardare le loro case e le attività, nonostante sia ormai chiaro che ciò che sta accadendo non ha più i contorni di un’emergenza e, se non si agisce in tempo, sarà sempre più difficile farvi fronte.