a causa dell'espansione umana

Tanzania, il Kilimangiaro ha perso il 75% delle sue specie vegetali sulle pendici inferiori

Una ricerca internazionale rivela che il vero nemico della biodiversità non è il clima, ma l'espansione umana

30 Ott 2025 - 11:18
 © Istockphoto

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Sul tetto d'Africa, dove le nevi eterne del Kilimangiaro si specchiano nel cielo equatoriale, la vita si è sempre intrecciata con la montagna. Le sue foreste, savane e sorgenti d'acqua sostengono milioni di persone, offrendo legname, risorse alimentari e un fragile equilibrio ecologico. Ma oggi quel mosaico di ecosistemi unici è in pericolo. Tra il 1911 e il 2022, le pendici inferiori del Kilimangiaro hanno perso fino al 75% delle specie vegetali naturali per chilometro quadrato, sostituite da piantagioni, pascoli e insediamenti umani.

L'impronta dell'uomo pesa più del clima

 Lo studio, sostenuto dalla Deutsche Forschungsgemeinschaft (DFG), ha combinato mappe topografiche del 1911, immagini satellitari, censimenti demografici e rilievi sul campo riguardanti quasi 3mila specie vegetali distribuite lungo gli ecosistemi della montagna e per la prima volta, ha messo in relazione la densità di popolazione con la densità di specie vegetali su scala di un chilometro quadrato in una regione tropicale. Il risultato è impressionante: in poco più di un secolo, la densità abitativa è passata da 30 a oltre 430 persone per km², con un impatto devastante sul paesaggio. Le aree naturali si sono frammentate, gli habitat si sono isolati e la regolazione delle acque e del suolo è stata profondamente alterata.

Separare l’effetto umano da quello climatico

 Il cambiamento climatico ha sicuramente inciso sul ghiacciaio e sulle temperature, ma non è stato il fattore diretto della perdita di biodiversità locale. Le aree dove le comunità locali praticano agroforestazione sostenibile e le zone protette create negli ultimi decenni mostrano una sorprendente resilienza ecologica e un’inversione di tendenza. Qui, la biodiversità resiste.
 

Il futuro del gigante d’Africa

 Gli autori dello studio auspicano che i risultati diventino una base per politiche di uso del suolo più sostenibili, capaci di bilanciare la crescita demografica con la protezione ambientale. Il futuro del Kilimangiaro dipende da quanto si armonizzeranno le esigenze delle persone con la tutela della montagna più iconica del continente.

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