A margine dell'incontro con i colleghi Ue, Carlo Nordio non ha dubbi in merito all'equilibrio tra privacy e indagini.
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Il ministro della Giustizia Carlo Nordio è convinto che "sequestrare un cellulare per le indagini è una perversione". E aggiunge: "Devolvere al pubblico ministero solo con una firma la possibilità di impadronirsi della marea di notizie presente su un cellulare, violando il principio dell'articolo 15 della Costituzione che dice che la segretezza è inviolabile, non è accettabile e noi opereremo in modo da evitare questa perversione". Il ministro lo ha detto al termine del Consiglio Ue Giustizia a Lussemburgo.
Carlo Nordio ha aggiunto che durante la colazione di lavoro a Lussemburgo, i ministri dei 27 Paesi membri dell'Ue si sono mostrati concordi "sul fatto che la mafia non comunica con il telefonino o il tablet, ma ormai si serve di piattaforme ultra sofisticate che non sono intercettabili con i mezzi ordinari". E per questo motivo è "assurda la polemica sulla limitazione delle intercettazioni che farebbe un favore alla mafia. Alla luce di questo scenario, "bisogna essere molto cauti quando si sequestrano un telefonino e un tablet, perché non sequestri soltanto le conversazioni che in teoria potrebbero essere utili alle indagini - anche se magari non lo sono - ma sequestri una vita", ha sottolineato il ministro. E poi ha aggiunto: "Dentro al telefonino non ci sono soltanto chiacchierate: ci sono le fotografie, le cartelle cliniche, le dichiarazioni dei redditi e le dichiarazioni delle terze persone che parlano con le quarte persone, e poi attraverso il sistema inoltrano" le informazioni.
Il ministro Carlo Nordio ha sottolineato che "il tema vero (dell'incontro dei 27, ndr) è stato quello del bilanciamento tra il diritto alla privacy, che hanno i cittadini, e il dovere di fare delle indagini attraverso intercettazioni e captazioni di notizie che ovviamente viola questa privacy. E c'è stata praticamente una consonanza di vedute".
Il ministro della Giustizia Carlo Nordio ha infine fatto un riferimento alla riforma della giustizia e sulla separazione delle carriere: "Mi affido al popolo italiano. Sin dal primo momento ho detto, anche quando una parte della minoranza diceva che comunque avrebbe appoggiato la riforma, che il mio obiettivo non era avere il quorum qualificato alle Camere per evitare il referendum. Il mio obiettivo era il referendum, perché su una materia così sensibile è bene che si pronunci il popolo italiano. Spero solo che il dibattito avvenga in modo pacato, razionale, senza guerre e senza strumentalizzazioni, senza coinvolgere la tenuta del governo o la dignità della magistratura, che devono restarne fuori. Dovrebbe essere un referendum tecnico sul quale ognuno dirà le sue ragioni. Noi diremo le nostre, gli altri diranno le loro", ha concluso.