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Sulla dignità di un senatore

Gustavo Selva su Libero

Non ho detto nulla sulle dichiarazioni fatte dal presidente della Repubblica, dai presidenti del Senato e della Camera e dal presidente del Consiglio fino al segretario del più piccolo dei 57 partiti che ci sono in Italia, per marchiare a fuoco come "indegno" Francesco Storace, fondatore della "Destra".

Devo riconoscere che il più "elegante" è stato Alemanno che ha "deificato" Napolitano notando che non "si critica il Capo dello Stato", senza dire di quale immunità goda il presidente della Repubblica visto che non è un votato dal popolo bensì da ogni membro del Parlamento che - secondo l'art. 67 della Costituzione - "rappresenta la Nazione ed esercita le sue funzioni senza vincolo di mandato".

Ma è sul "fatto di indegnità" che vorrei qualche spiegazione da parte di coloro che hanno rivolto tale sferzante accusa a Francesco Storace. Se a tale accusa viene dato un senso politico, l'indegnità riguarda l'idoneità etica a ricoprire il mandato di senatore dato dagli elettori; saranno dunque gli elettori a "bollare" Storace, non votandolo se si presenterà di nuovo a chiedere il loro giudizio che potrà riguardare anche il comportamento adottato nei confronti della senatrice a vita Rita Levi Montalcini.


Per colpire l'opinione pubblica chi ha dichiarato "indegno" Storace ha fatto una confusione, forse voluta, fra il senso politico del voto dei senatori a vita - che, con una presenza ammirevolmente costante, la senatrice Levi Montalcini assicura al governo Prodi - e l'offerta "goliardica" delle stampelle ausilio politico per Prodi. Il cui eventuale uso -non riguarda la lucidità della mente della scienziata Premio Nobel, non avendo neppure Storace mai pensato di mirare al lucidissimo cervello della senatrice a vita.
Mi sembra poi la peggiore retorica "antifascista" volere fare passare Storace per un pericoloso "eversore" antidemocratico perché avrebbe offeso la figura di uomo politico integerrimo quale va ora considerato Giorgio Napolitano, pur con qualche non proprio limpido atto della sua militanza nel Pci. Tale, infatti, resta nella storia politica di Napolitano l'approvazione dell'intervento militare in Ungheria nel '56, quando i carri armati sovietici schiacciarono nel sangue coloro che chiedevano ai loro governanti il diritto alle più elementari libertà democratiche: atteggiamento replicato dal Pci e dai Gruppi parlamentari comunisti al Senato e alla Camera dei Deputati del quale Napolitano è stato autorevole componente per un quarantennio.


Anche la sua elezione a Presidente della Repubblica con i soli voti della maggioranza di centrosinistra, perfettamente legittima, non impedisce ad un rappresentante della Nazione di evocarla polemicamente.
II fatto che ora mi appare più grave, però, è l'intervento della Procura della Repubblica di Roma per incriminare Storace del reato di offesa al Capo dello Stato. Ci faremo compagnia in Tribunale perché anch'io, per presunto fraudolento uso di un' autoambulanza, sono chiamato a risponderne penalmente davanti ai magistrati romani. La denuncia dell'ex presidente della Regione Lazio fu sollecitata dal ministro della Salute senatrice Livia Turco, che dichiarò anche me "indegno". Io, conscio della mia assoluta buona fede, ebbi la dabbenaggine di presentare le dimissioni ma feci in tempo ad accorgermi che non era la lezione di etica che la sinistra apprezzava nel mio gesto ma ottenere che io lasciassi il seggio al Senato, seguii quindi i numerosi apprezzamenti di quegli elettori che mi invitarono a ritirare le dimissioni.

Un amico americano mi ha detto dopo questi eventi giudiziari italiani che coinvolgono dei parlamentari: "Si vede che i magistrati italiani hanno poco da fare contro ladri, assassini, terroristi stupratori, trafficanti di droga, automobilisti e motociclisti che in stato di ebbrezza uccidono, magari su strade vietate, clandestini che sbarcano da ogni parte in Italia e ladri e truffatori dello Stato". Ripetendo queste parole voglio dire che il mio amico americano credeva e crede che tutto questo sia già perseguito dai nostri magistrati se dedicano tempo a indagare su polemiche politiche come quelle nate dalla "stampelle" metaforicamente agitate da Storace non tanto contro la senatrice Levi Montalcini quanto contro il presidente del Consiglio Prodi. Si può capire che della presenza del Premio Nobel, così assidua nell'aula di Palazzo Madama, Prodi ne ha un estremo bisogno; tanto vitale da assicurare la costante presenza, in aula e fuori, della senatrice Albertina Soliani accanto alla professoressa senatrice Levi Montalcini. È per questo prezioso soccorso (spero senza incorrere nel reato di offesa ad entrambe le signore senatrici) che tutti ormai chiamano bonariamente-la senatrice ulivista, emiliana come Prodi, la "badante".