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Invidia: un veleno sottile che fa male specie a chi lo prova

Come combattere un sentimento poco lusinghiero e indice soprattutto di bassa autostima

Invidia: un veleno sottile che fa male specie a chi lo prova - foto 1
Istockphoto

Secondo il catechismo, l’invidia è uno dei sette vizi capitali, cioè una di quelle pulsioni profonde dell’animo umano capaci di portare lo spirito fuori dal retto sentiero.

Anche chi non è credente sa che si tratta di un sentimento malevolo e capace di avvelenare tanto la persona che lo prova quanto chi ne è oggetto: l’astio per la felicità altrui e il desiderio di fare qualunque cosa pur di distruggerla sono sentimenti capaci di annientare la serenità di chi è invidioso e spesso si accompagnano a senso di colpa e a bassa autostima. Combattere questo sentimento riprovevole e tossico è una missione possibile e persino doverosa, ma non dobbiamo dimenticare che l’invidia può avere un suo lato buono.

CHE COS’È L’INVIDIA – La parola deriva dal latino invidere, formato dalla particella avversativa in + videre, ossia guardare. Alla lettera, dunque, significa “guardare contro”, in modo ostile, anche con il significato di “gettare il malocchio”. Non a caso il poeta Dante, nella Divina Commedia, colloca gli invidiosi in Purgatorio: la loro punizione consiste nell’avere le palpebre cucite, per simboleggiare la chiusura degli occhi che invidiarono e gioirono alla vista dei mali altrui. L’invidia, insomma, è una forma di acuta ostilità nei confronti di chi gode di una situazione o di un bene del quale noi siamo privi e che vorremmo invece possedere ad ogni costo. E’ anche il rammarico che si prova per la felicità altrui e della quale ci sentiamo ingiustamente privati. L’invidioso vorrebbe perciò far soffrire l’altro di un dolore che, in una sorta di contrappasso, colpisce invece lui, e non va confusa con la gelosia, un sentimento simile e che a volte si presenta contemporaneamente, ma che è riferito solo all’ambito affettivo e sentimentale. 

 

UN MALE UNIVERSALE – Purtroppo, nessuno è immune da questo sentimento, che colpisce a tutte le età, dalla culla alla tomba, in ogni condizione economica, in ogni situazione. Proviamo invidia soprattutto per le persone simili a noi, familiari e conoscenti, che vivono in condizioni paragonabili alle nostre ma che godono, a nostro avviso, di migliore fortuna: ad esempio una ragazza invidierà più facilmente la sua graziosa amica del cuore piuttosto che una super top model di inarrivabile bellezza. 


GLI INGREDIENTI DELL’INVIDIA – Tra i sentimenti malevoli è uno dei più difficili da ammettere e da confessare, perché è composta da tre “ingredienti” molto disonorevoli. Il primo è il dover ammettere una nostra sconfitta: qualcuno si è dimostrato migliore di noi e ci ha battuti sul campo. Il secondo consiste nella nostra ostilità nei confronti dell’altro per questo suo successo. Il terzo è la volontà di far del male alla persona che invidiamo. E si tratta di una volontà senza esclusione di colpi da sferrare possibilmente alle spalle dell’avversario, nel modo più subdolo che riusciamo a immaginare. Un proverbio dice che l'invidioso è disposto a cavarsi un occhio pur di rendere cieco l’avversario: le cose stanno davvero così e per questo si tratta di un sentimento condannato a livello sociale: l'ostilità e la distruttività della persona invidiosa sono potenzialmente pericolose per la convivenza civile e mettono in dubbio la legittimità della distribuzione delle risorse.  


LA PUNIZIONE – Come accade per la gelosia, anche l’invidia è un tarlo che rode il legno nel quale abita. E’ un dolore dimostrato anche scientificamente da un gruppo di studiosi giapponesi, i quali hanno notato, utilizzando la risonanza magnetica funzionale, che l’invidia “accende” le aree della corteccia cingolata anteriore dorsale, ovvero la parte del cervello in cui risiede il senso di esclusione e il dolore che questo comporta. 


COME LIBERARSENE – Il modo migliore per non provare invidia è migliorare la percezione che abbiamo di noi stessi. Lavoriamo con energia per arrivare a un risultato e sforziamoci di elevare noi stessi piuttosto che abbassare gli altri.  L’invidia, del resto, più avere anche qualche lato buono, ad esempio può trasformarsi nell’energia che ci spinge a lavorare con più determinazione e con maggiore efficacia per arrivare ai risultati che invidiamo agli altri. Possiamo anche cercare di trasformare la nostra invidia in ammirazione, un sentimento positivo, che ci spinge a emulare chi ha successo e ci spinge a fare sempre meglio. Dobbiamo anche smettere di idealizzare la vita degli altri: non è detto che la persona di cui siamo invidiosi abbia un’esistenza tutta rosa e fiori: il fatto di conoscere anche le sue zone d’ombra può aiutarci a capire che, in fondo, è meglio non fare cambio con lei. Secondo alcune teorie psicoanalitiche, infine, la cura migliore contro l’invidia è sviluppare il senso di gratitudine per tutte le esperienze positive di cui godiamo, in particolare per l’amore e l’affetto che si è ricevuto. Non resta che provare… e sperare che funzioni. 
 

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