Più che un semplice aiuto

Amicizia: quanti significati in un semplice "Mi dai una mano"

Essere forti non significa fare tutto da sole: a volte la vera forza è saper chiedere una mano senza paura e senza vergogna

01 Lug 2025 - 05:00
 © Istockphoto

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L'amicizia è un sentimento profondo e preziosissimo. “Mi dai una mano?” non è solo una frase semplice, composta da poche parole, ma è soprattutto un invito, una richiesta e talvolta perfino un grido inascoltato. Nella quotidianità frenetica che ci avvolge, in una società in cui si esalta l’indipendenza, l’autosufficienza, il multitasking come virtù cui tendere, chiedere aiuto è diventato quasi un tabù. Soprattutto per le donne.

IL MODELLO "WONDER WOMAN"

 cresciute tra modelli di perfezione e slogan motivazionali, quali "Puoi fare tutto", "Se vuoi, puoi" e così via, molte di noi hanno interiorizzato l’idea che domandare supporto equivalga a mostrare una debolezza. Eppure, nella vita reale, quella fatta di figli da accompagnare a scuola, genitori anziani da accudire, lavoro, bollette, relazioni da coltivare, cene da preparare e sogni da non abbandonare, la verità è che abbiamo tutte bisogno di una mano.

DARE UNA MANO, UN GESTO DI GRANDE IMPORTANZA

 il dare una mano a volte significa offrire un aiuto concreto: qualcuno che tenga il bambino mentre rispondi a una mail urgente, che ti porti la spesa su per le scale, che cucini al posto tuo quando proprio non ce la fai. Altre volte è una mano simbolica: un ascolto, un messaggio, una voce che ti dice “ci sono”. Eppure, troppe volte ci ritroviamo a stringere i denti, a fare da sole, a convincerci che “passerà”. Ma non sempre passa, purtroppo, e fare tutto da sole alla lunga comporta un caro prezzo in termini di salute mentale, fisica, emotiva.

ESSERE FORTI SIGNIFICA ANCHE AMMETTERE DI AVER BISOGNO DI AIUTO

 in un’epoca in cui giustamente si parla tanto di empowerment femminile, forse dovremmo ricordare che la forza non è solo fare tutto sempre, ma anche saper chiedere e ammettere di non farcela, quali che siano i motivi. “Mi dai una mano?” può diventare un gesto rivoluzionario, perché implica il riconoscere i propri limiti, e questo non è fallimento, ma consapevolezza. Significa rompere la corazza nella quale ci si è avvolti e lasciare entrare l’altro e lasciarsi andare riscoprendo la capacità di fidarsi, di costruire reti, di godere della solidarietà. Non bisogna essere invincibili a tutti i costi, ma semplicemente umane. Ricordarsi che si può fare tutto, certo, ma non per forza da sole e che l’unione, il supporto, il legame con l’altro sono preziose ricchezze, non ostacoli da evitare. Non dimentichiamo quanto sia necessario che anche gli uomini debbano imparare a prendersi cura, a collaborare, a esserci quando c'è bisogno, ma anche quando il bisogno non c'è.

L'IMPORTANZA DI RICEVERE, MA ANCHE DI DARE

 del resto, quanto sarebbe bello se la risposta a quella domanda "Mi dai una mano?" fosse sempre “Sì, certo”. Senza giudicare, senza sminuire, senza pensare che chi chiede è meno capace o pigro e chissà che altro. Perché, a ben pensare, ognuna di noi è stata, e sarà, in entrambe le posizioni: dalla parte di chi tende la mano e da quella di chi la afferra. Il che non comporta nulla di male, né vi è nulla da nascondere. Anzi: in un mondo in cui spesso ci si sente soli pur essendo costantemente connessi, forse la prossima vera rivoluzione sarà proprio quella di riscoprire la forza della gentilezza, del mutuo soccorso, dell'aiuto anche quando non richiesto. E la capacità di rispondere, con il cuore aperto, di esserci qui e ora, proprio quando serve.

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