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Pedro Pascal e il "tocco sociale": quando il contatto non è violenza ma è comunque un problema. E come rispondere

Si tratta di un contatto fisico con cui si cerca di trasmettere supporto, confidenza. Ma spesso il confine tra gesto affettuoso e invasione diventa sottile. Quando un uomo tocca una donna in pubblico, senza malizia ma anche senza esplicita richiesta, è davvero solo un gesto empatico?

25 Lug 2025 - 16:36
 © Afp

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Durante una recente conferenza stampa per promuovere il film The Fantastic Four: First Steps, Pedro Pascal è stato ripreso mentre accarezzava il braccio della collega Vanessa Kirby, tenendole la mano in più momenti. Il gesto, apparentemente innocuo, ha generato una serie di reazioni: c'è chi ha parlato di "chimica", chi ha ironizzato sulla sua "hot-girl anxiety", chi si è chiesto se quei tocchi fossero appropriati. Lei, in un'intervista, ha spiegato che si trattava di un modo per calmarsi a vicenda. Ma l'episodio solleva una questione più ampia e spesso taciuta: quando un uomo tocca una donna in pubblico, senza malizia ma anche senza esplicita richiesta, è davvero solo un gesto empatico?

Cos'è il tocco sociale

 Il tocco sociale è un contatto fisico non sessuale con cui si cerca di trasmettere empatia, supporto, confidenza. Può trattarsi di una mano sulla spalla, di un braccio sfiorato mentre si parla, di un gesto di incoraggiamento. Nella maggior parte dei casi ha intenzioni positive, ma il problema è che non è la sola intenzione a determinare l'effetto.

Diversi studi in ambito sociologico e psicologico mostrano che il tocco può anche diventare uno strumento di potere: chi ha più status o autorità tende a toccare di più, chi ha meno potere tende a subire. E quando questo squilibrio avviene tra uomo e donna, il confine tra gesto affettuoso e invasione diventa sottile. 

Il paradosso del disagio silenzioso

 Molte donne raccontano di aver subito tocchi indesiderati da parte di colleghi, superiori, amici o conoscenti. Non si tratta di molestie vere e proprie, ma di gesti che generano disagio. E spesso si reagisce... non reagendo. Il fenomeno è noto in psicologia come "freeze response": una risposta automatica di blocco, generata da un misto di sorpresa, insicurezza e paura di passare dalla parte del torto. Nessuno vuole passare esagerata o paranoica. Così si lascia correre. Ma il corpo ha già recepito il messaggio: non era il momento, non era il contesto e, soprattutto, non c'è stato consenso. 

Come difendersi (con gentile fermezza)

 Non serve alzare la voce o fare scenate per affermare un confine. Ecco alcune strategie efficaci, soprattutto nei contesti formali o pubblici:

Indietreggia leggermente: un semplice passo indietro può comunicare che non desideri quel contatto;

Usa il linguaggio non verbale: incrocia le braccia, gira leggermente il busto, evita il contatto visivo se necessario;

Nomina il gesto, non la persona: frasi come "preferisco non essere toccata mentre parliamo" o "mi sento più a mio agio con un po' di spazio" sono assertive ma non aggressive;

Sdrammatizza senza cedere: "Lo so che sei affettuoso, ma oggi sono un po' sensibile", una frase di questo tipo può bastare a interrompere l'abitudine.

Tuttavia, se il contatto persiste nonostante segnali chiari, è legittimo considerarlo una forma di invasione dello spazio personale, anche se mascherata da gentilezza.

Il diritto a dire "Non mi va"

 Riconoscere il proprio disagio non significa demonizzare ogni gesto spontaneo o vietare la fisicità nei rapporti umani. Ma significa riappropriarsi del diritto di decidere chi può toccarci, quando e come. Anche quando l'altro è gentile, famoso, o dichiara di essere ansioso. Il corpo non mente. Se qualcosa non ti fa sentire a tuo agio è abbastanza. E non serve altro per meritare rispetto.

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