La scienza spiega perché non si rinuncia al peccato di gola anche se siamo super sazi: dipende dal cervello e dalla "sazietà sensoriale specifica"
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Non siamo capaci di dire di no al dessert, anche dopo un pasto molto abbondante e quando ci sentiamo pienamente sazi: è come se, alla semplice idea di una golosità di fine pranzo, nel nostro stomaco si creasse un piccolo ulteriore spazio, giusto per accontentare quella voglia di buono alla quale è quasi impossibile resistere. Questo apparente paradosso, (siamo sazi da scoppiare fino a un minuto prima, ma alla vista di una fetta di torta ci rendiamo conto che, in fondo, “ci sta”) è stato oggetto di diversi studi scientifici, i quali hanno fatto luce sui meccanismi che regolano questo particolare aspetto del rapporto sazietà- golosità: si tratterebbe di ragioni ataviche che coinvolgono il cervello, ma anche questo non ci libera dalla nostra responsabilità: gli eccessi di cibo, in particolare di zucchero, sono da evitare o almeno da limitare il più possibile.
VOGLIA DI DOLCE: IL GIOCO DEI SAPORI - Il desiderio di sapori dolci è scatenato dall'azione di un gruppo di sostanze, le endorfine, spesso sono definiti come ormoni della felicità e della ricompensa. Sono i neurotrasmettitori responsabili della sensazione di benessere che proviamo quando facciamo sport, quando abbiamo un rapporto sessuale e quando mangiamo a sazietà il nostro cibo preferito. In particolare, il meccanismo di ricompensa attivato dal dessert di fine pasto è stato studiato, già qualche anno fa, da Barbara Rolls, docente di Scienze della Nutrizione alla Pennsylvania State University, la quale ha studiato a lungo un fenomeno chiamato "sazietà sensoriale specifica": si tratta del limite che il nostro corpo, nel corso dell'evoluzione, ha imparato a imporsi per evitare di mangiare continuamente gli stessi cibi e per portarci ad adottare una dieta più variata e quindi più salubre. Un celebre esperimento, condotto nel 1981 dalla studiosa, ha dimostrato il funzionamento di questa particolare forma di sazietà: a un gruppo di volontari sono stati fatti assaggiare otto diversi alimenti e ciascuno è stato invitato a mangiare volontà il proprio preferito. Gli assaggi sono stati quindi ripetuti poco dopo il termine del pasto ma, a sorpresa, i volontari hanno mostrato un gradimento molto inferiore per il cibo di cui si erano rimpinzati e un maggiore interesse per gli altri. Gli studiosi hanno concluso che, per quanto possiamo esserci saziati fino all'estremo di un certo sapore, possiamo ancora accettare un cibo diverso se questo è disponibile. Insomma, anche se ci siamo abbuffati di tortellini e arrosto, una bella fetta di torta ha sempre il suo perché, dato che il suo sapore è del tutto differente da quello dei cibi che l'hanno preceduta.
ORMONI E AFFINI – Di recente, un altro studio ha approfondito il concetto di sazietà sensoriale specifica, svelandone alcuni ulteriori meccanismi. È opera del Max Planck Institute for Metabolism Research di Colonia e pubblicato su Science: lo studio si è svolto dapprima sui topi, i quali hanno una forma di sazietà sensoriale specifica simile a quella umana, e poi confermato sugli uomini. Lo studio ha scoperto che alla fine di un pasto l'ipotalamo attiva alcuni meccanismi neuronali che producono alcuni diversi neurotrasmettitori: ad esempio c'è un ormone chiamato alfa-melanocita-stimolante, che induce il senso di sazietà e quindi fa smettere di mangiare; in particolari circostanze, però, vengono prodotte anche le beta-endorfine, dalle quali dipende il meccanismo del desiderio e della ricompensa. Queste ultime entrano in azione se percepiamo la presenza di cibi zuccherati a disposizione, ad esempio se vediamo il carrello dei dolci o se il cameriere ci offre una fetta di torta. Il meccanismo si attiva, secondo gli studiosi, per motivi atavici e legati all’evoluzione: un tempo lo zucchero non era sempre disponibile in natura, ma fornisce preziosa energia di pronto utilizzo. Secondo il dottor Henning Fenselau, che ha guidato la ricerca, il nostro cervello "è programmato per controllare l'assunzione di zucchero ogni volta che è disponibile".
COME CONTROLLARE LA FAME ECCESSIVA DI BUONO – Il fatto che il nostro cervello sia programmato per renderci difficile resistere alla voglia di dolce non cancella il fatto che un consumo eccessivo di zuccheri sia da evitare, specie al termine di un pasto già molto abbondante. Se desideriamo concederci un dessert conclusivo, cerchiamo di giocare d’anticipo e “pianificare” con un po’ di strategia la dimensione delle porzioni delle portate precedenti. Evitiamo, ad esempio, di chiedere il bis del primo piatto, anche se lo abbiamo gradito molto. Allo stesso modo, asteniamoci dallo svuotare il cestino del pane e dei grissini mentre aspettiamo l’arrivo degli antipasti. Ricordiamo poi che il meccanismo di sazietà selettiva gioca un certo ruolo anche nei pasti a buffet: in questi casi, la grande varietà di cibi disponibili, preparati in modo accattivante per la “gioia degli occhi”, ci spinge a mangiare molto di più prima di sentirci sazi. Sempre per lo stesso motivo, si tende a consumare maggiori quantità dello stesso cibo se questo viene presentato insieme a una “variante”, rappresentata ad esempio da una salsa o da un condimento ricco, come accade nel caso delle patatine fritte con il ketch-up. Lo stesso vale per il gelato: se nel cono abbiamo più di un gusto saremo portati a mangiarne di più rispetto a una coppa monogusto. Insomma, conoscendo i suoi meccanismi, possiamo cercare di “imbrogliare” il nostro cervello, mangiare meno e comunque avere il palato soddisfatto.