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Albergo addio, si lavora in casa

Prostitute, il business è al chiuso

"Inutile, quel tempo è finito.

Ormai lavorano tutte in appartamento. Se no consumano in macchina o che so io. In albergo comunque non più, non conviene economicamente ai clienti". Quando sente parlare di legge Merlin e delle stanze degli alberghi a una stella usate come alcova dalle prostitute, Rino scoppia a ridere: "Non esiste più l'albergo a ore, mi sono spiegato? E io qua faccio entrare solo gente registrata (che fornisce la carta di identità, n.d.r.). E ad ogni modo le donne che stanno per strada no, perché non voglio casini".

Fa il portiere d'albergo in zona viale Abruzzi da trent'anni, da quando lasciò la provincia di Brindisi per trasferirsi a Milano. "Le cose sono cambiate da una decina d'anni a questa parte - racconta - anzi, per essere precisi, dal 1997, quando una serie di denunce portò polizia e guardia di finanza a intensificare i controlli. E multavano, e chiudevano anche. Adesso nessuno si espone più a un riischio del genere. Magari può venire anche il cosiddetto uomo d'affari con la squillo, eh, ma comunque a me servono i documenti e chiedo 50, anche 100 euro per la stanza. Poi, se decidono di andare via dopo mezz'ora, un'ora o tutta la notte, a me non cambia niente".

Meno in vena di confidenze è il portiere di un secondo albergo, sempre una stella, a un isolato di distanza dal primo: "Prostitute, qui? Non più, hanno cambiato zona da anni". E sparisce nel retro, dove si intravede un tavolo e, seduta, una donna che potrebbe essere sua moglie che lo aspetta per cenare.

Invece basta attendere ancora un paio di ore per vedere le prime ragazze comparire sul marciapiede. Hanno tra i venti e i trent'anni, sembrano tutte di origine sudamericana. "Quello lì sa tutto, in realtà - spiega il barista, all'angolo della strada - è che non ha voglia di parlare perché proprio di fronte alla sua pensione c'è una palazzina di tre piani interamente affittata a un gruppo di prostitute. Il mio locale è aperto giorno e notte, ma dopo una certa ora solo a una clientela selezionata - tiene a sottolineare -. Quindi ne vedo di cotte e di crude. In quel palazzo lì ci sono le brasiliane, funzionano a scelta". Il metodo, racconta, è simile a quello dei cataloghi spediti a domicilio: al posto della merce vera e propria, però, ci sono le fotografie delle ragazze, con il numero di telefono. Il "giornale" costa circa 5 euro, si acquista in edicola. Si valuta, si sceglie, si telefona e si fissa l'incontro. A domicilio, tutto incluso, compresa l'indicazione del piano dove reperire la prescelta: terra, primo o secondo. Proprio come è scritto nelle caselline del citofono. "E passa da queste parti anche gente di un certo tipo - continua il barista -, compreso qualche vip. Tra gli habitué c'è anche un cantante famoso, che piace molto alle ragazzine...Qualche sera fa è passato di la e non era la prima volta".

Poco più tardi, tra le auto che accostano davanti al marciapiede, c'è anche una Lamborghini nera che però posteggia davanti all'edificio. Scende un uomo: suona il citofono, il vetro dietro al portoncino in alluminio si illumina, lui si chiude la porta alle spalle, la luce poco dopo si spegne e il palazzo ripiomba nel buio. "Qui c'è sempre un gran via vai, e non ci sarebbe niente di male se finisse tutta l'ipocrisia verso questa professione: lo Stato potrebbe riconoscerla, così magari le prostitute pagherebbero le tasse e magari se ne pure andrebbero dalla strada. Anche perché per strada, ormai, ci sono solo i casi disperati, c'è solo il peggio. E quello non s risolve con le multe". 
Del resto, il vero business pare essere altrove.  

Cinzia Morgante