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Thailandia e Malesia verso l'Australia

Il viaggio attorno al mondo per scoprire come sono stati spesi i fondi raccolti da Fabbrica del Sorriso

Thailandia e Malesia verso l'Australia - foto 1
in-concessione

Thailandia.
Thom, il tipo che ci aspetta, dovrebbe essere la nostra guida.
Le pratiche di ingresso durano tre minuti ma questa è l'unica buona notizia. Poi Thom ci comunica che, in attesa dell'arrivo dei permessi, la moto verrà sequestrata dalla polizia. 
Cioè: devo infilarla in un parcheggio chiuso e scaricare tutti i bagagli. Thom ci accompagnerà in un hotel, in attesa che arrivi il permesso.
Tutta la storia della mancata concessione dei permessi nei tempi previsti ci viene raccontata in un numero infinito di versioni contraddittorie.
Thom, passa da una versione all'altra nell'arco di pochi secondi. Si gli faccio notare qualcuna delle incongruenze e lui parte con una nuova versione, che contraddice tutte le precedenti. 
Inutile litigare ora: cerchiamo di tenerlo sotto pressione e vediamo come va. 

L'albergo dove ci porta è uno dei soliti albeghetti Thailandesi: stanzette bonsai attorno a un cortiletto. Credo che costi attorno ai 5 dollari a notte. Troppo poco perché Thip e Thom si sentano costretti a ottenere i permessi in fretta. Comunque gli spieghiamo che: ritardi = danni, danni = risarcimenti e, soprattutto, pessima pubblicità.
Thom si dilegua, con la promessa di tenerci informatissimi. Scrivo un'altra mail molto dura sul tema della professionalità eccetera.
Thom chiama verso le 8: sembra che, forse, combinando una piccola irregolarità si potrebbe partire domani stesso. Bisogna solo incontrare la persona “giusta”.
Non vi annoio con quello che succede dopo. In brevissima sintesi, peregriniamo di ufficio in ufficio fino a mezzanotte, quando il valico chiude a vanno tutti a casa. Thom si sforza spiegarmi che la persona che avremmo dovuto incontrare non è venuta, che lui gli ha telefonato ma... si sono detti che... faranno in modo di...
La mattina dopo, lo richiamo e pretendo che si ritorni alla frontiera, visto che durante l'orario di lavoro, i funzionari saranno senz'altro presenti.

Ovviamente la giornata è una tortura, passiamo da un funzionario antipatico ad uno ancora più antipatico. Ci parlano tenendo lo sguardo puntigliosamente puntato in un'altra direzione, non rispondono alle domande dirette, rifiutano di prendere in considerazione le carte che presentiamo. Non  è che mi aspettassi qualcosa di diverso: voglio solo rompergli (educatamente) le scatole fino a che faranno qualcosa per mandarmi via con la mia moto. Però devo subire un bel po' di vessazioni che mi provocano qualche bruciore di stomaco e la voglia di passare alla violenza. Tanta sofferenza, qualche risultato: Thip comunica che DOPODOMANI il nostro permesso sarà ASSOLUTAMENTE PRONTO. Si tratta solo di capire a che ora.  

Torniamo in albergo. Abbiamo un bel po' di cose da fare. Una per tutte è riuscire organizzare il trasporto della moto in Australia entro pochi giorni.
Dopo svariati tentativi andati a vuoto (le compagnie australiane hanno la pessima abitudine di non rispondere alle mail) un amico di Kuala Lumpur, che ci ha già aiutato nel nostro viaggio del 2012, ci ha scritto che “troverà senz'altro una soluzione” e che “non dobbiamo preoccuparci”. Quando mi arrivano esortazioni a non preoccuparmi, io mi preoccupo.  Ma al momento, non riesco a fare una agenda delle priorità: Thom è improvvisamente scomparso. Per fortuna ci chiama Miss Thip, per farci sapere che il permesso è stato concesso e farà in modo di farlo arrivare nel tardo pomeriggio o in serata.
Non riusciamo a capire se la notizia sia buona o cattiva. Per viaggiare, occorre una guida, ma Thom è scomparso. Thip ci rassicura: partite pure. Se la polizia vi ferma, dategli il numero di Thom e dite che vi segue a qualche km di distanza. Speriamo.

Con qualche altra seccatura che non vi racconto, riusciamo a mettere le mani sul permesso verso le 10 di sera. Passiamo la notte preparando tutto e facendo una straccio di percorso. 
Se puntiamo dritti verso la Malaysia, sono “solo” 1400 km. Dovremmo farcela in due giorni.
Partiamo alle 5 del mattino e, quasi immediatamente, inizia una pioggia di messaggi da parte di Thom (la guida scomparsa) che pretende di essere pagato per un servizio che non ci sta dando.
Sostiene che la polizia ci arresterà e che, soprattutto, ci bloccheranno alla frontiera e ci metteranno in galera. E' una giornata pessima soprattutto per Anna, perché il truffatore tempesta il suo telefono con ogni app conosciuta. 
Mentre si sviluppa lo psicodramma, continuiamo a mettere su chilometri. Al tramonto arriviamo a 700 e cerchiamo un albergo. Mangiamo qualcosa e cerchiamo di dormire senza fare caso ai continui segnali che ci fanno capire che Thom sta continuando a mandare di messaggi minatori. 
Il giorno successivo si svolge nello stesso modo: un km dopo l'altro, una minaccia dopo l'altra. 
Altri 700 km e altro sonno agitato. 
La mattina, in mezz'ora, copriamo la distanza fra l'albergo e la frontiera. Le pratiche sono lunghette ma, quando arriva il nostro turno, l'impiegata si limita a chiederci il permesso. Glielo do. Serve altro? No, potete andare. 

Alla faccia di Thom facciamo un colossale sospiro di sollievo e entriamo in un paese serio: la Malaysia. 
A 350/400 km c'è George Town. Abbiamo prenotato al solito albergo e pregustiamo la cena al “solito ristorante”. Evviva!
Evviva solo per 70 km, dopodiché si scatena il nubifragio più violento della mia storia di motociclista. Fino a George Town sembra di guidare in un autolavaggio. Quando arriviamo, siamo bagnati fradici. 
Ci danno una stanza all'11° piano, con una gran vista sulla città vecchia. Tutto è bagnato, perciò appendiamo roba ovunque. I capi e gli oggetti più pesanti o delicati tentiamo di asciugarli con l'asciugacapelli, finché surriscalda e ci abbandona. 

Un po' ripuliti, ma sempre fradici, andiamo a mangiare nella birreria dove “si consuma più Guinness di tutta l'Asia”.
Risaliamo all'11° piano. La stanza sembra il cortile di una lavanderia, ma dormiamo come macigni. Durante la notte sogno che piove a dirotto.
Mi sveglio che è ancora buio. Metto i piedi giù dal letto e sento qualcosa di strano. Occorre qualche istante perché un pensiero si faccia strada nella mia mente: ho messo i piedi in una pozzanghera. C'è una pozzanghera sotto al mio letto. Razionalizzo: non devo toccare l'interruttore della luce perché potrei fulminarmi. Meglio usare la torcia del telefonino. 
La stanza è completamete allagata. C'è una tale umidità che tutto quello che era steso ad asciugare è ancora fradicio e quel poco che era asciutto è completamente inzuppato. Inutile sperare di utilizzare l'asciugacapelli: l'abbiamo bruciato ieri sera.
Dobbiamo essere a Kuala Lumpur entro sera. Cosa accidente facciamo?
Beh, intanto facciamo colazione. La servono al 12° piano, perciò saliamo a piedi. Nel ristorante è passato lo tsunami. Tavoli sedie sono ammucchiati in un angolo e il personale sta cercando di aspirare l'acqua da terra. Si profondono in scuse e cercano di servire una colazione “ridotta”. Ci viene quasi da ridere. Mangiamo qualcosa e torniamo in camera per rimettere tutto il fradiciume nelle borse. I bagagli pesano il doppio del solito. Le valigie hanno sulla spalle almeno 200.000 km e un numero infinito di botte, perciò non tengono più l'acqua. La borsa del serbatoio e quella posteriore sono impermeabili, ma tutto quello che c'era dentro sì è bagnato durate la notte. Ora però non piove, perciò è meglio partire più velocemente possibile. Prendo le valigie e vado all'ascensore. Gli ascensori sono bloccati. E ora come cavolo facciamo? Ho circa 50 kili di bagagli da portare nel seminterrato. Ad essere ottimista, devo fare tre viaggi, ognuno dei quali include 12 piani in discesa e 12 in salita. Lasciamo perdere quelli in discesa, anche se li devo fare con 20 kili per volta. Sono i 36 piani in salita che mi disossano. 

Scendo con una valigia. La poso davanti alla consierge e chiedo aiuto per il resto: manderanno su qualcuno. Scendo nel garage. I pozzi degli ascensori sono pieni d'acqua. Non c'è speranza che ripartano in tempo utile. Risalgo. Al quarto piano supero un cameriere anziano e zoppo, che sta ansimando lungo le scale. Spero che sia lui che deve aiutarci. 
Arrivo al nono piano e incontro Anna che stava scendendo con una delle borse. Prendo la borsa e le raccomando di rimanere in camera, in attesa dell'aiuto promesso. Scendo fino al -1, carico la borsa e risalgo. Al 5°piano incontro Anna con il cameriere zoppo che sta cercando di portare giù l'altra valigia (18 kili di spigoli). Prendo la valigia e me la porto giù. Sono le 7 e qualche minuto, sono avvolto in stracci bagnati da 20 ore e ora sono pure sudato.
Partiamo. Guardo con futura nostalgia una città che adoro che avrei voluto godere un po' di più. Presto ricomincia a piovere allo stesso ritmo di ieri. Ci fermiamo un paio di volte intruppati in grossi gruppi di motociclisti malesi, anche loro fradici.

Arriviamo a K.L. Esce il sole e la temperatura schizza ai 35 gradi. Tutto l'umidore che abbiamo addosso comincia a evaporare, ma viene fermato dalla tuta antipoggia che mantiene tutto dentro. Ho paura che si gonfierà fino a esplodere. Per fortuna Kuala Lumpur è una città relativamente piccola e arriviamo in pochi minuti. Parcheggio la moto, scarico tutto e ci dividiamo i compiti: io pulisco la moto (che deve arrivare in Australia in “condizioni pari al nuovo”), Anna cerca di fare qualcosa per i bagagli che devono essere rigorosamente asciutti nel più breve tempo possibile. La moto potrebbe partire anche domani...
Io devo pulire davvero bene. So come viene controllata la moto dalla “quarantine” australiana: se vedono anche solo un alone il problema diventa serio...
Vado a comprare detersivi non schiumosi, spazzolini da denti e cottonfioc e comincio. Smonto la sella, le plastiche, il parabrezza e il paramotore e mi dò da fare. E' importante pulire bene le parti nascoste, quelle che ad un lavaggio non sarebbero raggiungibili. Dopo tre ore, per riposarmi un po',  vado in cerca di un autolavaggio. Ne trovo uno che accetta di lavarla domattina (se non piove) per mezzo euro. Gli dico che gliene do 1, ma voglio un lavoro ben fatto e, visto che c'è, mi deve lavare anche gli stivali. Accetta: ci vediamo domattina verso le 9 (se non piove). 
Impazzisco a togliere polvere fin verso le 18: quando il detersivo asciuga, rimane un alone che va tolto con una seconda e una terza passata. Nel frattempo Anna ha mandato alcuni capi alla lavanderia dell'albergo. Il punto più dolente sono i sacchi a pelo: cominciano a puzzare di muffa. Il nostro amico spedizioniere ci ha convocati domani a pranzo: ha delle novità. 
La mattina continuo le pulizia fino alle 9, poi, visto che non piove, vado al lavaggio.

Il ragazzo che ci lavora ha fatto venire un aiutante. Fanno del loro meglio e, alla fine, gli dò 2 euro, con la promessa che, se trovo qualche imperfezione nella pulizia, ritorno e ci pensano loro. Lavata la moto, dobbiamo raggiungere il nostro amico (che risponde al nome di battaglia di “1 dollar”). L'incontro è a Port Klang. Fra andata e ritorno sono più di 60 km. Se si mette a piovere, ho fatto le pulizie per nulla...
Non piove. 1 dollar ci aspetta con delle proposte. Spedizione via mare a Darwin: tre settimane, 750 USD. Spedizione via mare a Perth: tre settimane, 750 USD. Spedizione via aerea: 1000 USD, tre giorni. Però ci sono solo 2 destinazioni possibili: Sydney o Brisbane.
Economicamente parlando, il calcolo è facile: sopravvivere per 18/20 giorni in attesa della moto costa molto di più di 250 USD, perciò, se costi e tempi sono confermati, non abbiamo alternative al trasporto aereo. 
Purtroppo questa scelta ci costringe a rivoluzionare il percorso in Australia. Volevamo attraversarla tutta, da Darwin a Brisbane oppure da Perth a Brisbane. Purtroppo gli aerei “wide body”, volano solo su Sydney o su Brisbane. Dovremo spedire per forza a Sydney e, qualunque percorso decideremo di fare, saremo obbligati a tornare o Sydney o a Brisbane...
1 dollar si impegna a mandarci le necessarie conferme nel pomeriggio. 

Torniamo in albergo. Continuo nelle pulizie di fino. Il vano porta attrezzi è diventato uno zoo di insetti provenienti da tutti i paesi dell'Asia. A forza di spazzolini esploro i luoghi più reconditi, fino a essere distrutto.  
In serata dividiamo bagagli: da una parte quello che viaggerà con noi, dall'altra quello che viaggerà con la moto. Per fortuna è carico RO RO. Niente cassa, 2 litri di carburante nel serbatoio. Obbligatorio ma non indispensabile (stranezze della burocrazia malese) disconnettere la batteria. 
Dopo 5 o 6 ore di lavoro possiamo dire di essere pronti: caschi, stivali, pantaloni e attrezzature varie sono nelle valigie. Il resto, nelle borse che verranno con noi.
Nel frattempo 1 dollar conferma le proposte. Le accettiamo, 
Consegna della moto: mercoledì nel primo pomeriggio alla stazione merci dell'aeroporto. 
Piove tutta la notte e la mattina, ma un'ora prima della partenza per l'aeroporto, smette.  Delle operazioni di carico non capisco assolutamente nulla, ma ce la caviamo in un paio d'ore. 
Salutiamo la moto e, con la copia dell'AWB in mano, compriamo il biglietto per Sydney. 
Anche questa è fatta. 

Abbiamo il giovedì libero. Passeggiamo un po', prendiamo un certo numero di caffè, ci concediamo un pranzo al ristorante, organizziamo gli incontri di Brisbane e cerchiamo di scoprire quali saranno le difficoltà che ci opporranno dogana e burocrazia australiane.
Sabato mattina, dopo una decina di ore di volo, siamo a Sydney.