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Padre Brown, un tenente Colombo con la tonaca

IL TELEBESTIARIO - Il detective in missione per conto di Dio

Specchia Francesco
ufficio-stampa

Chiunque ami il vaporoso ecumenismo di G.K. Chesterton ha ben impressa la prima scena della “Croce azzurra”. C'è un sentiero di campagna che traversa uomini e villaggi dove trotterellano due preti: uno alto e aitante -che si rivelerà Flambeau, ladro poi redento e compagno d'avventure- e l'altro piccolo, con la faccia che ricorda "gli gnocchi di Norfolk", una specie di tenente Colombo in tonaca. Trotterellano parlando di delitti e teologia.

Per chiunque ami anche solamente il poliziesco senza complicazioni filosofiche, I racconti di Padre Brown, risalenti ai primi del secolo scorso, sono un refolo di intelligenza. Sicché è un piacere gustarsi gli episodi del nuovo Padre Brown (Diva Universal , Sky, mercoledì prime time) che ara le verdi colline dell'Essex alla ricerca dei suoi colpevoli da indurre in confessione. Il detective in missione per conto di Dio stavolta è interpretato da un efficace Mark Williams; indaga tra delitti all'apparenza inesplicabili e soffocati dal perbenismo vittoriano, non usando la violenza e concedendo all'avversario l'accoglienza della fede. Ed è davvero –come suggerisce il collega Riccardo Bocca- figlio della “sensibilità invocata da Papa Bergoglio”. Io mi sono avvicinato a Padre Brown grazie agli sceneggiatati che nel '70 la Rai inoculava in prima serata a 21 milioni di spettatori. Nei panni del sacerdote c'era un aguzzo Renato Rascel che nella sigla giocava a pallone con i ragazzi della parrocchia e che nell'attaccarsi ai peccatori mostrava inarrivabile tigna; in quelli di Flambeau c'era invece un Arnoldo Foà nel pieno della forma, che in seguito avrebbe influenzato la figura del Conte Oliver nei fumetti di Alan Ford. In questi telefilm inglesi si respira la stessa fragranza di provincia, che impregna una sceneggiatura fluida. Roba godibile, specie durante le feste. Un solo appunto. Tra i racconti trasposti dalla vecchia Rai mancava "Gli strani passi", metafora sociale ambientata in un club per soli ricchi in cui i camerieri inguainati in smoking si confondevano coi padroni soltanto cambiando la camminata al buio, roba amata e citatissima da Borges. Spero che questa nuova produzione britannica, stavolta, abbia avuto la bontà di trasporla per il piccolo schermo…