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Derivati, Ft: "L'Italia rischia 8 mld di perdite"
Saccomanni: "Nessun danno, solo malinteso"

Allarme lanciato dal quotidiano della City per i contratti stipulati dal nostro Paese negli anni ʼ90, per entrare nellʼeuro. Perquisizioni della guardia di finanza. Il ministro dellʼEconomia: "Nessun aggravio sui conti pubblici". Intanto la Procura di Roma apre unʼinchiesta

Ansa

I derivati ristrutturati all'apice della crisi dell'area euro rischiano di costare all'Italia miliardi di euro di perdite. I contratti originali - riporta il Financial Times citando un documento del Tesoro, trasmesso alla Corte dei Conti - risalgono alla fine degli anni '90, ovvero al periodo "precedente o subito successivo all'ingresso dell'Italia nell'euro". Il ministro Saccomanni: "Nessun aggravio per i nostri conti".

Sul rapporto del Tesoro è intervenuta anche la guardia di finanza. In quel periodo "Mario Draghi, attuale presidente della Bce, era direttore generale del Tesoro" afferma il Financial Times, sottolineando che il rapporto di 29 pagine non specifica le potenziali perdite dell'Italia sui derivati ristrutturati. Ma tre esperti indipendenti consultati dal quotidiano calcolano le perdite, sulla base dei prezzi di mercato al 20 giugno, a circa 8 miliardi di euro.

Il rapporto - mette in evidenza il Financial Times - si riferisce solo alle "transazioni e all'esposizione sul debito nella prima metà del 2012, inclusa la ristrutturazione di otto contratti derivati con banche straniere dal valore nozionale di 31,7 miliardi di euro. Il rapporto lascia fuori dettagli cruciali e non fornisce una quadro completo delle perdite potenziali dell'Italia. Ma gli esperti che lo hanno esaminato - aggiunge il quotidiano della City - hanno detto che la ristrutturazione ha consentito al Tesoro di scaglionare i pagamenti dovuti alle banche straniere su un periodo più lungo ma, in alcuni casi, a termini più svantaggiosi per l'Italia".

Il documento non nomina le banche né fornisce i dettagli sui contratti originali "ma gli esperti ritengono che risalgano alla fine degli anni '90. In quel periodo Roma aggiustava i conti con pagamenti in anticipo dalle banche per centrare gli obiettivi di deficit fissati dall'Unione europea per i primi 11 Paesi che volevano aderire all'euro. Nel 1995 l'Italia aveva un un deficit di bilancio del 7,7%. Nel 1998, l'anno cruciale per l'approvazione del suo ingresso nell'euro, il deficit si era ridotto al 2,7%".

Sul rapporto del Tesoro è intervenuta anche la guardia di finanza - riporta il Financial Times -, con perquisizioni ad aprile 2013 negli uffici di via XX Settembre.

Saccomanni: "Nessuna perdita" - "E' un grande malinteso, non c'è nessuna perdita". Così il ministro dell'Economia, Fabrizio Saccomanni, rispondendo a una domanda sul caso derivati. "E' stato un normale controllo periodico della Corte dei Conti - ha detto - non c'è nessun aggravio sui conti pubblici".





Procura di Roma indaga - La Procura di Roma ha aperto un fascicolo in relazione a quanto pubblicato dal quotidiano la Repubblica sui rischi per i conti pubblici legati ai derivati. Il fascicolo al momento è senza indagati e ipotesi di reato.