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Raid razzista, parla l'aggressore

Roma:macché nazista, sono di sinistra

Si è presentato in Questura per essere interrogato, Dario Chianelli, l'uomo del Pigneto accusato del raid contro negozi stranieri a Roma.

"Sono di sinistra, altro che nazista", aveva raccontato poche ore prima a Repubblica mostrando l'avambraccio con un unico, grande tatuaggio di Che Guevara. Quella nel quartiere Pigneto non era "nessuna spedizione organizzata" ma una vendetta personale per un portafoglio rubato. Identificato secondo uomo.

Ha i capelli brizzolati e un ciondolo d'oro al polso. "Eccome qua - spiega a Carlo Bonini, cronista di Repubblica - io sarei il nazista che stanno a cercà da tutti i pizzi. Guarda qua. Guarda quanto sò nazista...". La mano sinistra solleva la manica destra del giubbetto di cotone verde che indossa e scopre la pelle: sull'avambraccio il tatuaggio del Che. "Hai capito? Nazista a me? Io sono nato il primo maggio, il giorno della festa dei lavoratori e al nonno di mia moglie, nel ventennio, i fascisti fecero chiudere la panetteria al Pigneto perché non aveva preso la tessera".

Il nome? "Quello lo saprai molto presto. Il giorno che mi presento al magistrato, perché quel giorno il mio nome non sarà più un segreto. Mi presento, parola mia. La faccio finita cò 'sta storia. Ma ci voglio andare con le gambe mie a presentarmi. Nun me vojo fà beve (arrestare) a casa. Perciò, se proprio serve un nome a casaccio, scrivi Ernesto". "Io sono questo qua - dice indicando la foto apparsa sui quotidiani - Questo cerchiato con il marsupio e la maglietta rossa, che si vede di spalle. La maglietta è una Lacoste".

"Ma quale xenofobia?"
"Adesso ti racconto davvero come è andata. Destra e sinistra si devono rassegnare. Devono fare pace con il cervello loro. Non c'entrano un cazzo le razze. Non c'entra - com'è che se dice? - la xenofobia. C'entra il rispetto. Io sono un figlio del Pigneto. Tutti sanno chi sono e perché ho fatto quello che ho fatto. Tutti. E per questo si sono stati tutti zitti con le guardie che mi stanno cercando. Perché mi vogliono bene. Perché mi rispettano. Perché hanno capito", racconta l'aggressore a Repubblica. E parla di un furto del portafoglio a una donna "a cui voglio bene come a me stesso". Un immigrato lo informa che se lo vuole ritrovare, deve andare nel negozio dell'indiano, "perché il ladro sta lì. E' un marocchino, un tunisino. Ci vado, trovo lui, l'indiano bugiardo e un vecchio, un italiano. Il marocchino mi dice: 'Tu passare oggi pomeriggio e trovare portafoglio'. Io dico va bene e, te lo giuro, non mi incazzo, né strillo. Dico solo: 'Dei soldi non me frega niente. Ma dei documenti sì". Ernesto ripassa sabato mattina e quel "Mustafà là, ridendo, sempre con quella cazzo di birra in mano, mi fa segno che i documenti l'ha buttati dentro una buca delle lettere. Allora non ci ho visto più e ho detto: 'Se vedemo alle cinque. E se non salta fuori il portafoglio sfascio tutto"'.

"Difendo solo il mio quartiere"
Quindi il momento del raid: "Io quando devo fare a cazzotti non mi porto dietro nessuno. Il problema è che quando arrivo all'angolo con via Macerata non ti trovo una quindicina di ragazzi del quartiere? Tutti incazzati e bardati. Te l'ho detto. Mi vogliono bene. Avevano saputo della tarantella". "Io davvero non riesco a capire come si sono inventati la storia della svastica. Ma quale svastica? Io questi pischelli non li conosco personalmente, ma mi dicono che sono tutto tranne che fascisti. E, comunque svastiche non ce n'erano". Poi "i pischelli si mettono a correre verso via Ascoli Piceno. Per me è finita lì. Vedo che stanno a fà un macello con i bengalesi, che si sono messi a sfasciare le macchine della gente del quartiere, cominciò a gridare. Grido: "A pezzi de merda che state a fa'?". "L'altro giorno ho provato a chiamare anche Luxuria, quella di Rifondazione. Gli ho detto: 'Dovemo parlà'. E lui: 'Sì ma al telefono perché sono a Cosenza per una riunione'. Allora io dico. Tu starai pure a Cosenza, ma al Pigneto, che è dove vivi pure tu, chi ci pensa?".

Identificato un secondo uomo del raid
Intanto sarebbe stata identificata una seconda persona che avrebbe partecipato, insieme a Dario Chianelli, all'assalto agli immigrati. Gli investigatori stanno procedendo ad ulteriori riscontri. All'aggressione, secondo i testimoni, avrebbero preso parte tra le 10 e le 15 persone. Questa seconda persona identificata avrebbe delle pendenze giudiziarie.