In aumento i finanziamenti erogati per apparecchi dentali, interventi estetici e controlli radiologici nelle strutture private. Ma c'è anche chi rinuncia a curarsi
Per le cure mediche, in particolare odontoiatriche, aumentano gli italiani che ricorrono a prestiti. Nel 2024 sono stati chiesti, infatti, finanziamenti per un importo pari in media a 10.436,68 euro (+2% rispetto al 2023), erogati per apparecchi dentali, interventi estetici e controlli radiologici nelle strutture private. È la fotografia scattata da Il Messaggero che rielabora i dati di uno studio congiunto di Facile.it e di Prestiti.it. Questi prestiti rappresentano ormai il 5% di quelli concessi nel nostro Paese, in aumento rispetto al periodo pre-Covid, quando erano intorno al 4%. Nei primi 8 mesi del 2025, sempre secondo lo studio, le somme erogate sono state in media pari a 5.867 euro, da restituire in 53 rate.
Secondo l'osservatorio di Facile.it e Prestiti.it (che ha analizzato 770mila istanze di finanziamento tra settembre 2023 e agosto del 2025), chi decide di rateizzare le spese mediche è nel 44% donna e ha in media 48 anni. Mentre secondo il rapporto Italia Eurispes 2025, gli italiani che preferiscono la rateizzazione per la cura dei denti sono il 29,4%, mentre il 14,2% ha chiesto un finanziamento per un intervento estetico.
Nel 2024, secondo l'Inapp, oltre 2 milioni di italiani tra i 18 e i 74 anni, vale a dire il 5,3% della popolazione, sono stati costretti a rinviare le visite mediche o cure dentistiche perché non erano in grado di permettersi queste spese. I dati dell'ultimo rapporto Italia Eurispes evidenziano, inoltre, che il 28,2% ha rinunciato a cure e interventi dentistici, il 27,2% ha deciso di rinviare i controlli medici periodici e di prevenzione, il 22,3% ha optato a rinunciare alle visite specialistiche per disturbi e patologie specifiche mentre il 18,1% non aveva un budget sufficiente per affrontare i costi per terapie e interventi medici. I disoccupati che rinunciano alle cure sono il 32,9%, seguiti dalle casalinghe (30,7%) e dai pensionati (31%). Dati più alti, invece, per i cassintegrati dove la percentuale sale invece al 57,1%.