sarà uno spin-off

"Qualcuno volò sul nido del cuculo" diventa una serie tv: i primi dettagli

Il capolavoro del 1975 diretto da Milos Forman si trasforma e avrà una nuova prospettiva: sarà narrato dal Capo Bromden

09 Lug 2025 - 10:01
 © Getty Images

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"Qualcuno volò sul nido del cuculo" compie 50 anni nel 2025. Il film, diretto da Milos Forman, uscì nelle sale nel 1975 e vinse cinque premi Oscar, tra cui miglior film e miglior regia. Il film è tratto dall'omonimo romanzo di Ken Kesey del 1962. Ora i detentori dei diritti sono al lavoro per un adattamento televisivo che a quanto pare sarà uno spin-off.

L'annuncio

 Il produttore Paul Zaentz, nipote del leggendario Saul Zaentz (che produsse l’adattamento cinematografico) ha annunciato di aver raggiunto un’intesa con la vedova di Ken Kesey, l’autore del romanzo. L’accordo prevede lo sviluppo di una serie televisiva che si concentrerà inizialmente sul punto di vista del Capo Bromden. “Ho appena firmato un accordo con la vedova di Ken Kesey per sviluppare una serie tv che racconteremo, per la prima stagione, dal punto di vista del Capo. Dopo la prima stagione, vedremo cosa succederà al Capo dopo la sua fuga dall’ospedale psichiatrico”, ha spiegato Zaentz in un’intervista al podcast CK Café.

L'autore del romanzo

 Ken Kesey, autore del romanzo del 1962, aveva rinnegato il classico di Milos Forman, in parte perché si discostava molto dal suo romanzo, che appunto era narrato dal punto di vista del Capo Bromden. Sul grande schermo, il ruolo del Capo fu affidato a Will Sampson che regalò un'interpretazione rimasta nella storia del cinema.

Il prequel di "Qualcuno volò sul nido del cuculo"

  Quella che verrà prodotta non sarà la prima serie tv basata sulla storia di Ken Kesey: nel 2020 Netflix ha realizzato la serie prequel "Ratched" (durata solo una stagione), che vedeva sempre Paul Zaentz tra i produttori.

I 50 anni di "Qualcuno volò sul nido del cuculo"

  “Qualcuno volò sul nido del cuculo” ha tre padri, uno naturale e due putativi: lo scrittore Ken Kasey che nel 1962 riportò sulla pagina le sue esperienze di “cavia” di un ospedale psichiatrico dell’Oregon, dove aveva partecipato a un programma sperimentale della CIA sull’uso delle sostanze psichedeliche, trasformando il suo primo romanzo in un oggetto di “culto”, il testo di passaggio tra la Beat Generation di Allen Ginzberg e la cultura hippie degli anni’60. Per anni Kirk Douglas che ne aveva acquisito i diritti cinematografici cercò di convincere i produttori a finanziare il film che voleva interpretare. Alla fine cedette il testimone al figlio Michael che trovò i fondi e arruolò Milos Forman per riscrivere la sceneggiatura. Per dissidi economici Ken Kasey fu tenuto ai margini e si è sempre rifiutato di vedere il film e approvarlo.

La parte dell’eroe ribelle Randle Patrick McMurphy doveva andare a James Caan, o a Gene Hackman e perfino a Marlon Brando. Fu scelto invece il 38enne Jack Nicholson che usciva dall’esperienza europea di “Professione Reporter” con Michelangelo Antonioni. La parte dell’infermiera Mildred Ratched era stata scritta per Ellen Burstyn che dovette rifiutare per assistere il marito, ricoverato a sua volta in un ospedale psichiatrico. Louise Fletcher accettò all’ultimo momento utile e il suo lavoro di “mimesi” interpretativa fu talmente eccezionale che spesso le lodi andarono alla Burstyn con una impressionante sovrapposizione involontaria. Ma le due rivelazioni del cast, al fianco di giovani sconosciuti come Danny de Vito o Christopher Lloyd, furono l’esordiente Brad Dourif (il fragile e suicida Billy Bibit) e il gigantesco Will Sampson che nella parte del “Grande Capo” Bromden divenne un’icona e contribuì alla causa dei nativi americani incarnando l’anelito di libertà che della storia è il più dirompente e rivoluzionario messaggio.

La ribellione di McMurphy, che entra in ospedale quasi da “visitatore” e scende gli anelli infernali della terapia repressiva fino all’elettroshock e alla lobotomia, prende di mira una visione della società, del potere, dell’omologazione che è un vero inno all’umanità del “diverso”, trasformando il manicomio in un microcosmo dantesco dove non ci sono cattivi e buoni, ma spiriti liberi e schiavi involontari del potere. Anche per questo il film rimane tra le più potenti allegorie del ’68, è ancora popolarissimo tra i giovani e figura in tutte le classifiche dei film più amati di ogni tempo.

La trama del film

 La storia è ambientata nell’ospedale psichiatrico di Salem (il villaggio delle streghe ai tempi dei pionieri) in Oregon. Quando ne varca la soglia Randle P. McMurphy è soltanto in osservazione: il medico gli spiega che resterà nella struttura il tempo necessario per stabilire se la sua presunta malattia è simulata o reale. Di fronte alle strette regole imposte dalla capo infermiera Ratched, l’uomo reagisce però inasprendo i suoi atteggiamenti ribelli, diventando un modello per gli altri pazienti che smettono di osservare un comportamento passivo. McMurphy si lega in particolare al giovane balbuziente Billy e al nativo americano Bromden che da sempre si finge sordomuto. Con loro progetta una fuga verso il Canada, ma all’ultimo momento rimane da solo e finisce stritolato dalla “medicina modello”. Restituito al reparto inerte e senza volontà dopo una devastante lobotomia, spinge Bromden a ucciderlo per pietà. L’indiano a quel punto sceglie la libertà e fugge da solo verso un destino tutto da scrivere. Rivisto oggi, “Qualcuno volò sul nido del cuculo” colpisce per la modernità delle scelte di regia, per la capacità di evitare i rischi del cinema “claustrofobico” (buona parte delle scene fu girata nel vero ospedale dell’Oregon con la partecipazione di medici e pazienti che avevano diviso il tempo delle prove con i veri attori), per il tocco europeo che Milos Forman imprime a una storia profondamente americana.

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