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Macché brogli, erano solo bufale

Alessandro Gnocchi su Libero

Enrico Deaglio, direttore di Diario, è indagato dalla Procura di Roma, insieme col collega Beppe Cremagnani, per diffusione di notizie false e tendenziose atte a turbare l'ordine pubblico.

Come è noto, il 24 novembre, il giornalista aveva pubblicato il filminchiesta "Uccidete la democrazia" in cui denunciava brogli orditi dalla Casa delle libertà al fine di truccare a proprio vantaggio il risultato delle ultime elezioni politiche. Accusa gravissima di fronte alla quale molti hanno subito scosso la testa.

Sembra strano, per non dire demenziale, che qualcuno possa manomettere le ume per poi uscime comunque sconfitto. Ma Deaglio non aveva (e probabilmente non ha) dubbi. Anzi. Proprio ieri, in un'intervista su Repubblica, rilanciava: «Abbiamo un dato parecchio sconcertante. C'è una Regione in cui i conti non tornano proprio». E annunciava di voler parlare della questione con i giudici. I conti, a quanto pare, non tornano davvero: ma sono quelli della inchiesta di Deaglio, peraltro esaurita in edicola nel giro di poche ore.II documentario prospettava uno scenario degno di un romanzo fantascientifico: i computer del V'uninale sarebbero stati "infettati" da un programma in grado di attribuire le schede bianche a Forza Italia.

Secondo i magistrati, questo teorema non sta proprio in piedi. I risultati sono stati convalidati sulla base del materiale cartaceo. La frode informatica è quindi impossibile. Inutile ricontare le schede bianche perché non c'è nessun mistero. Anzi. Ci sarebbe già una richiesta di archiviazione al gip partita dall'Ufficio del pubblico ministero. Al contrario Deaglio, ieri, è entrato in tribunale come testimone e ne è uscito come indagato. Lo scoop autunnale si è così trasformato così in un brutto infortunio.

Prima che si capisse che tirava una brutta aria, il centrosinistra aveva soffiato allegramente sul fuoco. Oliviero Diliberto aveva avvisato tutti quanti: «Berlusconi è capace di tutto!». Anche il portavoce di Prodi, Silvio Sircana ammetteva di aver sempre avuto «qualche dubbio» e chiedeva «una verifica complessiva e definitiva va fatta» perché «la democrazia è un bene prezioso». Allarmati anche i giornali filo-govemativi. L'Unità, ad esempio, titolava "Brogli, ora anche la politica ha dubbi" e Antonio Padellaro si interrogava sulla «misteriosa notte di Pisanu», all'epoca ministro dell'Intemo.Eppure quando in aprile Silvio Berlusconi chiese di verificare il verdetto delle urne si alzò un coro di unanime condanna.

Tutti i sinceri democratici erano indignati. Ecco, dissero, il solito centrodestra irresponsabile che non accetta la sconfitta. E giù inviti a tenere alta la vigilanza per evitare il colpo di coda del regime ormai al tramonto e quindi pronto a tutto pur di conservare il potere. Come al solito si usano due pesi e due misure. Prendiamo ad esempio Piero Fassino. I dubbi sulla regolarità delle elezioni sono un irricevibile attacco alle istituzioni solo se vengono da destra. Così il segretario diessino in aprile: «I brogli sono stati una montatura di Berlusconi. È stato un atteggiamento irresponsabile». Il film di Deaglio è invece «una denuncia su cui bisogna interrogarsi».

Martedì prossimo Enrico Deaglio e Beppe Cremagnani (coautore di "Uccidete la democrazia") verranno nuovamente sentiti dai magistrati Salvatore Vitello e Francesca Loi. I quali fanno il proprio mestiere, cioè fanno rispettare la legge, in questo caso l'articolo 656 del codice penale che punisce la diffusione di notizie false. E l'iniziativa del tribunale non è certo un tentativo di «mettere il bavaglio al giornalismo d'inchiesta con accuse anni '60» come sostiene Deaglio. In fondo è perfino eccessivo che una bufala finisca in tribunale, fra carte bollate e avvocati. Il giudizio dei lettori è più che sufficiente. O continueranno a premiare Diario? In fondo l'ideologia acceca. A volte fa prendere bufale per brogli.