Il programma di pace che porta il nome di Trump è passato con poche modifiche. Cina e Russia si sono astenute: ecco perché
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Dopo delicati e prolungati negoziati, il Consiglio di Sicurezza Onu ha approvato la risoluzione che applica il piano di pace ascritto a Donald Trump, ma con alcune modifiche rispetto alla stesura originaria. Nonostante l'opposizione di Hamas e delle fazioni palestinesi, il documento rappresenta il punto di partenza per la fase due del piano, la più difficile, dopo la tregua, lo scambio dei prigionieri e il parziale ritiro dell'esercito israeliano dalla Striscia. Questa prima fase era stata accettata da Israele e Hamas a ottobre, iniziando un cessate il fuoco che resiste all'escalation nonostante le numerose violazioni.
Il testo afferma che gli Stati membri del Consiglio di Sicurezza Onu possono partecipare al cosiddetto Board of Peace (in carica sino al 31 dicembre 2027) e che "le condizioni potrebbero finalmente essere mature per un percorso credibile verso l'autodeterminazione e la formazione di uno Stato palestinese". A patto però che l'Anp (Autorità nazionale palestinese) attui un programma di riforme e la ricostruzione di Gaza sarà in una fase avanzata, tale da consentire una gestione autonoma del territorio. Per la Forza internazionale di stabilizzazione (indicata con l'acronimo Isf), formata da Paesi prevalentemente musulmani, resta confermato il compito di garantire un processo di smilitarizzazione di Gaza, incluso il disarmo e la distruzione delle infrastrutture militari di Hamas.
Come ampiamente previsto, Cina e Russia si sono astenute al momento del voto della risoluzione Onu. Nei giorni scorsi Mosca aveva addirittura presentato una bozza alternativa che non menzionava la smilitarizzazione di Gaza, mentre si opponeva alla permanenza di Israele oltre la linea gialla, non citava il Board of Peace per l'amministrazione transitoria dell'enclave (presieduto dallo stesso Trump) e affidava al segretario generale dell'Onu il compito di valutare le "opzioni per il dispiegamento della Forza internazionale di stabilizzazione" (togliendole così a Washington). Una linea condivisa anche dalla Cina e dall'Algeria, in funzione anti-americana.