Continua il dibattito sull'uso dell'intelligenza artificiale nella creazione di videogiochi, tra timori e difese: le opinioni di Larian e Warhorse
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L'uso dell'intelligenza artificiale generativa nei videogiochi è tornato al centro del dibattito dopo le reazioni online alla conferma, da parte di Larian Studios, di impiegarla nelle primissime fasi di sviluppo del nuovo Divinity. La discussione, tra timori di sostituzione del lavoro creativo umano e accuse, ha spinto l'amministratore delegato di Larian e il co-fondatore di Warhorse Studios a intervenire.
Secondo quanto dichiarato da Vincke, lo studio autore del fenomeno Baldur's Gate III, attualmente impegnato sullo sviluppo del nuovo Divinity presentato durante i The Game Awards 2025, usa l'intelligenza artificiale di tipo generativo per "valutare idee", costruire bozze di presentazioni, sviluppare materiali preliminari come bozzetti di riferimento e scrivere testi temporanei. Un punto, però, viene ribadito con forza: nessun contenuto generato dall'intelligenza artificiale viene utilizzato nelle versioni finali dei videogiochi, con l'obiettivo che sarebbe esclusivamente quello di velocizzare le fasi di impostazione, non di rimpiazzare artisti e autori.
Le critiche sui social si sono concentrate proprio su questo passaggio: per una parte del pubblico, anche limitare l'IA alla "fase concettuale" significherebbe comunque sostituire idee umane, aprendo la strada a un impoverimento del lavoro creativo. Di fronte alla polemica, Vincke ha pubblicato un chiarimento dai toni accesi: Larian, sostiene, non sta "spingendo" per sostituire gli artisti, ma usa l'IA come si usano Google o i libri d'arte per cercare riferimenti.
Nelle fasi iniziali, dice Larian, può servire da bozza grezza che viene poi rimpiazzata da bozzetti originali realizzati dalla software house. Vincke aggiunge anche che la sua azienda ha decine di artisti interni e continua ad assumerne altri per lavorare a nuovi progetti.
A difesa di Larian è intervenuto anche Daniel Vávra, co-fondatore di Warhorse Studios e direttore della serie Kingdom Come: Deliverance. Su X, Vávra ha sostenuto che l'uso dell'IA generativa per la realizzazione di lavori preliminari è ormai diffuso e che la frequente "isteria" da parte del pubblico ricorda le reazioni di rifiuto verso le innovazioni tecnologiche del passato.
Pur dichiarando di non amare i contenuti "artistici" generati dall'IA, specialmente in ambito musicale, Vávra ritiene che sia inutile negare l'evidenza: "l'intelligenza artificiale è qui per restare".
Vávra racconta anche di aver visto accuse rivolte al suo studio, citando l'impiego di software come "Topaz Labs" per migliorare la resa di elementi e texture a bassa risoluzione di materiali più vecchi. Il punto, per lui, non è trasformare l'IA in una scorciatoia creativa, ma usarla per ridurre tempi e costi di produzione. "Creare videogiochi oggi richiede anni, centinaia di persone e budget enormi", osserva il direttore dello studio ceco, ipotizzando che l'IA possa alleggerire mansioni ripetitive e "meno essenziali", permettendo ai team di concentrarsi su elementi nevralgici come regia, scrittura e direzione artistica.
Il tema più delicato resta quello delle voci: la possibilità che l'IA venga usata per sostituire doppiatori e attori è tra i punti più controversi nel settore, al punto da aver scomodato il sindacato SAG-AFTRA nel tentativo di stabilire delle normative che tutelino i professionisti di settore.
Vávra propone una distinzione: dialoghi secondari e "di contorno" potrebbero beneficiare di soluzioni dinamiche al fine di rendere i mondi di gioco più vivi, mentre le scene narrative principali dovrebbero continuare a contare su performance reali e filmati curati nei minimi dettagli. In prospettiva, l'IA potrebbe persino ampliare l'interazione nei videogiochi di ruolo, consentendo a personaggi non giocanti di rispondere in modo più libero e vario.
In sostanza, la linea che Larian e Warhorse cercano di tracciare vede l'intelligenza artificiale come strumento di supporto nelle fasi preliminari e nei compiti ripetitivi, con la creazione artistica "finale" del gioco affidata a persone in carne e ossa. Ma il dibattito resta aperto: tra chi teme effetti sul lavoro e sull'originalità, e chi vede nell'intelligenza artificiale una tecnologia inevitabile da governare (più che da respingere) il settore sembra destinato a discuterne ancora a lungo.