MELISSA E GLI ALTRI

Con il clima cambiano anche gli uragani

Sempre più spesso sentiamo parlare di tempeste distruttive. Abbiamo provato a capire meglio cosa c'è dietro la crescente intensità di questi fenomeni

di Sara Del Dot
10 Nov 2025 - 15:47

L’hanno definito uno dei peggiori uragani di sempre nel bacino atlantico e per giorni ha tenuto il mondo con il fiato sospeso e lo sguardo sulle immagini dell’occhio del ciclone in attesa di capire cosa sarebbe successo ai luoghi e alle comunità che sarebbero stati colpiti dal suo passaggio.

La tempesta, battezzata Melissa, si è formata sul Mar dei Caraibi centrale alla fine di ottobre, e ha colpito la Giamaica come uragano di categoria 5, il più grande nella storia a colpire l’isola, Haiti, dove il governo ha dichiarato lo stato di emergenza per 3 mesi, e la Costa orientale di Cuba dove ha raggiunto categoria 3, indebolendosi poi sui caraibi settentrionali e verso le Bahamas.

Il suo passaggio, particolarmente lento, ha avuto conseguenze devastanti, come si vede in queste immagini. Decine le vittime, in un bilancio ancora in corso.

Ne abbiamo parlato con Giulio Betti, Meteorologo e Climatologo CNR:

Melissa è sicuramente uno di quegli uragani che segna il passo a livello storico. Perché la verità è questa: è stato il terzo uragano atlantico più forte mai registrato, sia per quanto riguarda la pressione raggiunta dal minimo dall'occhio del ciclone, 892 millibar, sia per le raffiche prodotte. Si parla di una raffica registrata pari a 295 km/h".

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"Quindi è l'estremo della categoria 5 degli uragani. Se un singolo evento non dovrebbe sconvolgere più di tanto la comunità scientifica, il problema è che Melissa è un uragano che ha segnato dei record storici, ma lo ha fatto dopo i record storici registrati lo scorso anno da Beril e da Milton. Negli ultimi anni sembra ormai abitudine registrare valori indicatori record per gli uragani e le tempeste tropicali con una frequenza veramente impressionante".

"Melissa è semplicemente l'ennesimo uragano maggiore che registra record assoluti. Quindi questo non è casuale”.

Tempeste come Melissa, in grado di raggiungere enorme intensità in poco tempo, stanno riscrivendo le regole di questi fenomeni per come le conoscevamo, questo anche grazie al rapporto con il progressivo aumento delle temperature marine dovuto alle attività umane.

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Sono anni ormai che le temperature superficiali sono cronicamente superiori alle medie sia nel Golfo del Messico sia nell'Atlantico tropicale. Il problema è che dal 2022-2023 in poi queste anomalie sono ancora più intense rispetto a quelle del passato. Di fatto ormai quasi per buona parte della comunità scientifica dal 2003 in poi probabilmente abbiamo fatto uno step in più, è stato superato un tipping point di qualche genere a livello termico, termodinamico. Quindi tutto ciò che d'ora in poi si sviluppa in queste acque non potrà far altro che essere intenso”.

Per salvaguardare la vita delle comunità colpite, anche attraverso le informazioni raccolte dalle attività scientifiche e di monitoraggio, i cui fondi a disposizione stanno subendo enormi tagli, è necessario continuare a promuovere misure di adattamento e di mitigazione

O ci mettiamo in testa che questi uragani saranno non necessariamente più frequenti, ma saranno più forti e allora ci adattiamo e avremo delle misure di contenimento e di evacuazione più efficienti, o sarà un disastro".

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"Bisogna essere realisti, l'obiettivo di un grado e mezzo è virtualmente perso, anzi direi fattivamente perso. Vediamo se riusciamo a contenere la temperatura entro 2 gradi da qui al 2100. Il problema è che il mondo sta andando in una direzione chiara. Ormai la mitigazione non ce la fanno fare, non è abbastanza, cioè segue la traiettoria dello scenario intermedio che è il 4.5. Lasciamolo così e cerchiamo di adattarci il più possibile. Però è una sconfitta grave perché un conto è un mondo che si scalda di 1,8 - 1,9 gradi, un altro è un mondo che si scalda di 2,7 gradi da qui al 2000". 

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"Tutte le politiche di adattamento che uno mette in campo ora fra 15-20 anni non avranno più senso perché comunque il livello si alzerà sempre di più. Non esiste adattamento senza mitigazione, sono due attività che devono andare in parallelo e io spero che le persone si rendano conto che il problema è veramente enorme e che colpisce chiunque, e che quindi la mitigazione è necessaria".

"Ora, se proprio non riusciamo a raggiungere gli obiettivi, quantomeno ridurre del 30-40% è possibile, e non è sufficiente, ma almeno si può fare. Main questa fase storica sembra quasi che la mitigazione sia l'ultimo dei problemi”.