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Relazioni tossiche: se ne parla sempre più spesso, ma forse non ancora abbastanza. Del resto, le dinamiche relazionali sono molto complesse, influenzate da percezioni individuali e interpretazioni uniche per cui ciascuno vive le proprie storie di amicizia, d’amore e i legami familiari attraverso un proprio e personale bagaglio emotivo. Una soggettività che rende difficile, soprattutto dall’interno riconoscere i segnali di un legame tossico. Quando il controllo si traveste da premura, quando un consiglio diventa invasivo o quando un gesto speciale arriva con un secondo fine, la tossicità può insinuarsi senza clamore, ma lasciare segni profondi.
Come dunque imparare a riconoscere e affrontare i comportamenti manipolatori, liberarsi da modelli relazionali dannosi e promuovere legami più rispettosi e consapevoli?
Babbel, la app che promuove la comprensione reciproca attraverso le lingue, insieme alla dottoressa Valentina Trespi, Psicologa e Psicoterapeuta, ha analizzato il linguaggio legato alle relazioni tossiche con l’obiettivo di accendere i riflettori sulle dinamiche disfunzionali, sia a livello amoroso che tra amici e perfino in famiglia. Infatti, spesso si commette l’errore di pensare che le relazioni tossiche riguardino solo l’area sentimentale, quando in realtà coinvolgono anche le relazioni familiari. L’intimità familiare, infatti, viene spesso vissuta come uno spazio dove tutto è permesso, ma per il benessere psicologico è fondamentale saper riconoscere (e rispettare) i confini.
Negli ultimi anni, poi, numerosi termini inglesi sono entrati nel linguaggio quotidiano per descrivere dinamiche disfunzionali. Sebbene le relazioni tossiche non siano una novità, la terminologia che le circonda ha una genesi spesso più recente, legata al mondo del web. “Individuare dei nomi per le dinamiche che sottendono le relazioni tossiche aiuta a identificare e stanare questi meccanismi, per riconoscerli anche nel nostro quotidiano; essi diventano qualcosa su cui riflettere, ci fanno accendere delle lampadine con le quali possiamo guardare meglio dentro le nostre relazioni e, in alcuni casi, possiamo fare una riflessione sulla salute dei nostri legami e sul nostro benessere” dichiara Valentina Trespi.
Eccone dunque alcuni modi di dire legati a questo delicatissimo tema.
letteralmente “bombardamento d’amore”, è una forma di abuso psicologico ed emotivo che si manifesta in molti modi. Per esempio, lodi e adulazioni eccessive, una comunicazione esagerata del proprio affetto e regali non necessari e indesiderati. Lo scopo di questo comportamento manipolatorio è conquistare la persona “amata” e instaurare una forte dipendenza. Questo apparente romanticismo, in realtà, è spesso il preludio a forme di manipolazioni più gravi come il gaslighting, meccanismo che induce la vittima a dubitare della propria memoria, percezione e lucidità mentale con espressioni del tipo “sei troppo sensibile” oppure “è certo che sia andata davvero così?”, e l’abuso domestico per mantenere la relazione.
consiste nel fare critiche mascherate da complimenti o battute ambigue, apparentemente scherzosi e innocenti, con l’obiettivo di destabilizzare l’autostima dell’altra persona e renderla più insicura e vulnerabile al controllo di chi li formula, il “negger”. Ad esempio, la frase “non pensavo che ci saresti riuscita, invece mi hai stupito”.
un’altra forma di manipolazione in una relazione, specialmente amorosa, il cui significato letterale è “fingere il futuro”. Chi la mette in atto promette un futuro ideale insieme che comprende, per esempio, matrimonio, figli, casa, viaggi o altri progetti condivisi, senza però avere alcuna reale intenzione di realizzarlo. Si crea così un legame illusorio, alimentando aspettative che vengono sempre puntualmente deluse. La vittima resta così intrappolata in una narrazione idealizzata della relazione, confondendo promesse vuote con autenticità emotiva.
la parola deriva da “stone wall” (“muro di pietra”). Nelle dinamiche relazionali fa riferimento al rifiuto di comunicare o interagire in una conversazione o durante un conflitto e al conseguente ostruzionismo emotivo. In altre parole, si erige un muro metaforico invisibile che impedisce il flusso della comunicazione tramite escamotage come il silenzio oppure risposte vaghe e sintetiche.
le “scimmie volanti” sono familiari, amici o conoscenti che agiscono, spesso senza rendersene conto, in difesa dell’abusante. Manipolano, colpevolizzano o fanno pressione sulla vittima quando questa tenta di prendere le distanze dal/dalla proprio/a partner, contribuendo a mantenerla “intrappolata” in un ciclo tossico. Il termine è un chiaro riferimento al “Mago di Oz” in cui le scimmie eseguono gli ordini della Strega Cattiva dell’Ovest: allo stesso modo, queste persone svolgono il “lavoro sporco” per conto dell’abusante.
con relazione “indoor” (“all’interno di casa”) si indica un legame affettivo che viene vissuto prevalentemente tra le mura domestiche. Non è di per sé tossico, ma può diventarlo se la scelta di vivere la relazione in modo isolato non è reciproca. In questi casi può sfociare nel “pocketing”, il comportamento di una persona che evita attivamente di presentare il proprio partner nella sfera sociale, confidando la relazione in una dimensione esclusivamente privata come se la “si tenesse in tasca".
gli esperti di Babbel evidenziano come questo termine sia una “parola macedonia” (“portmanteau”) che unisce “faux” (dal francese, “falso”) e “apology” (dall’inglese, “scusa”). Si riferisce a una finta scusa, una richiesta di perdono solo apparente, che manca di reale responsabilità o sincerità spesso usata per evitare il conflitto, piuttosto che per rimediare davvero a un errore. Fa parte di quelle strategie relazionali in cui il pentimento è solo di facciata e per questo motivo si può considerare un comportamento manipolatorio.
dal verbo inglese “to hoover”, aspirare, questo termine indica un tentativo di “risucchiare” di nuovo l’ex nella relazione, spesso tramite promesse vuote o appelli emotivi, senza la reale intenzione di cambiare.
un neologismo formato dalle parole “sharing” (condividere) e “parenting” (essere genitori) che indica la pratica dei genitori di pubblicare sui social foto, video o informazioni riguardanti i propri figli, condividendo con i follower momenti della loro crescita. Se da un lato nasce da un desiderio di condivisione od orgoglio, dall’altro può violare la privacy del minore, costruendogli un’identità digitale non scelta e potenzialmente ingombrante nel futuro. Lo sharenting solleva inoltre interrogativi importanti legati a limiti, consenso e tutela dell’immagine dei più piccoli.
Conoscere queste parole non è solo un esercizio linguistico, ma uno strumento di consapevolezza. Saper dare un nome a ciò che si vive - o che si vede intorno - è il primo passo per disegnare relazioni più sane, equilibrate e rispettose. In caso di disagio personale o relazionale, è importante ricordare che esistono professionisti qualificati a cui rivolgersi, come psicologi, psicoterapeuti e centri di supporto psicologico per ricevere aiuto concreto, sicuro e personalizzato.