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Manipolazione psicologica: la crudeltà del “Gaslighting”

Nella coppia, tra genitori e figli o nei rapporti sociali: una forma di violenza sottile da riconoscere e da cui difendersi

Manipolazione psicologica: la crudeltà del “Gaslighting” - foto 1
Istockphoto

Secondo il vocabolario Merriam-Webster "Gaslighting" è la parola dell’anno 2022: questo stesso fatto ci racconta quanto sia diffusa questa pratica manipolativa che porta una persona a dubitare di se stessa, distrugge la sua autostima e la lascia alla mercé del suo aggressore.

Insorge in modo graduale e subdolo, tanto che spesso la vittima non se accorge nemmeno: ecco perché è particolarmente importante riconoscere la violenza e imparare a difendersi.

DA DOVE NASCE - Il termine “ Gaslighting” viene da un’opera teatrale del 1938,  nota in un primo tempo negli Stati Uniti con il titolo “Angel Street”, poi diventata “Gaslight”, scritta dal drammaturgo britannico Patrick Hamilton. L’opera è stata poi adattata per il cinema nel 1940 e 1944: questa seconda versione è conosciuto in Italia con il titolo “Angoscia”, con Ingrid Bergman, Charles Boyer e Angela Lansbury. La vicenda racconta di un marito che cerca di portare la moglie alla pazzia manipolando piccoli elementi dell'ambiente, come abbassare le luci delle lampade a gas : quando la moglie fa osservare che nella stanza c’è meno luce, il manipolatore nega l’evidenza e accusa la moglie di ricordare male, di immaginarsi tutto o di essere troppo sensibile.  La poveretta, alla fine, finisce per dubitare di se stessa, dei suoi ricordi e delle sue sensazioni, fino a diventare insicura e instabile. Il gaslighting è dunque una forma di violenza psicologica sottile e crudele, in cui la inconsapevole vittima sperimenta angoscia, impotenza e frustrazione fino a non credere più a quel che vede, sente e vive. 

 

CHI È IL GASLIGHTER – il gaslighter di solito è identificato come un manipolatore, spesso affetto da narcisismo patologico, o addirittura un sociopatico. Può trattarsi di un collega, oppure di un genitore che alterna fasi autoritarie e iperprotettive, ma anche di un marito adultero o violento.  Può servirsi di espressioni come. “te lo sei sognato”, o “sei pazza”, o “sei troppo sensibile”. A volte si tratta di una strategia messa in atto consapevolmente per schiacciare la propria vittima, altre volte lo stesso gaslighter non ne è pienamente consapevole, come può accadere a chi è stato a propria volta vittima della stessa forma di manipolazione in età infantile. 

 

PERCHÉ LA VITTIMA NON SE NE ACCORGE – La manipolazione subentra in modo lento, graduale e sistematico, tanto da passare inosservata. Il meccanismo viene in atto attraverso alcune fasi: innanzi tutto il gaslighter idealizza se stesso, tanto da conquistare la fiducia della vittima, la quale, dopo una prima fase di serenità e persino di adorazione, comincia a vedere messe in dubbio le proprie capacità, ricordi ed emozioni. A questo punto la vittima comincia a dubitare del proprio giudizio e di solito a questo punto, viene allontanata progressivamente dalla propria cerchia di parenti e amici: il manipolatore, in questo modo, si trasforma nell’intero universo della vittima, rendendola interamente dipendente da sé. A questo punto le tecniche di manipolazione possono essere diverse: il gaslighter può ignorarla del tutto, privando la vittima del proprio supporto e della compagnia, può adularla e poi respingerla, per creare una destabilizzazione emotiva, o anche maltrattarla fisicamente, per ottenere la sua completa sottomissione. 

 

COME DIFENDERSI – Il primo e più difficile passo sta nel riconoscere la manipolazione: una volta presa coscienza della situazione occorre agire al più presto. La cosa migliore è allontanarsi, anche se potrebbe non essere così semplice, per spezzare la reciproca dipendenza. Può anche essere utile tenere un diario dei diversi fatti e dei comportamenti del gasligher, delle sue e delle proprie affermazioni, al quale appigliarsi per essere più certi del modo in cui sono andati realmente i fatti e delle affermazioni di entrambi.  Occorre poi cercare il sostegno dei propri cari e riallacciare i rapporti con la propria rete sociale, nella quale trovare anche un diverso giudizio e una nuova prospettiva su quello che sta accadendo. Per liberarsi di un gaslighter può occorrere molto tempo e molta fatica: in ogni caso la vittima deve ricordare che non è mai in ogni caso responsabile del comportamento del proprio aguzzino, e che non ha in alcun modo “meritato” questo tipo di “castigo”.  

 

Pur essendo considerato una forma di violenza psicologica, di per sé il gaslighting non è reato, a meno che non si manifesti in associazione ad azioni considerati abusi dal Codice penale. Tra questi ricordiamo ad esempio, la violenza privata, i maltrattamenti, la violazione degli obblighi di assistenza familiare, la minaccia, lo stalking, le umiliazioni e gli atti di disprezzo e di offesa che generano sofferenza psicologica.  
 

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