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"La creatività mi ha salvato e mi ha aiutato a sopportare il dolore"

Valentina Castellani Quinn si racconta a Tgcom24: dal grave lutto per la morte del marito, al successo nellʼattività di produzione cinematografica e a una nuova ritrovata felicità

"La creatività mi ha salvato e mi ha aiutato a sopportare il dolore" - foto 1
ufficio-stampa

Una grande storia d'amore stroncata da una morte improvvisa e drammatica: Valentina Castellani, moglie di Francesco Quinn figlio del grande Anthony, ha preso in mano la sua vita superando il dolore e dedicandosi all'attività di produzione cinematografica ottenendo grandi successi e straordinari consensi, ma con un unico punto fermo: la famiglia.

Valentina Castellani Quinn, una storia di coraggio e speranza

Ciao Valentina, grazie per avermi concesso questa chiacchierata. Ti sto chiamando via Whatsapp…
Non è certo un problema! Mi fa molto piacere raccontarti un po’ di me e della mia storia: sono sempre in giro, quindi sono abituata a fare telefonate o a rilasciare interviste sul binario di un treno, mentre sono in taxi o sto aspettando di imbarcarmi all’aeroporto!

Una vita intensa, direi!
Sì, seguo molti progetti. Da quando mio marito Francesco Quinn è mancato, ho sentito che dovevo dare una svolta alla mia vita e costruire qualcosa di importante che desse continuità all'eredità della nostra famiglia e desse un senso ed una speranza ai nostri bambini, riscattando la tragedia che avevano vissuto. Nella vita ho avuto molti brutti momenti, ma questo è stato davvero il più grosso dolore che mai potevo immaginare di vivere.

Cosa è accaduto?
Francesco era un uomo molto sportivo, amava pedalare e adorava andare in bicicletta. Un giorno, mentre giocava in giardino con i nostri tre bambini, ha avuto un attacco cardiaco e si è accasciato al suolo. I piccoli lo hanno visto morire davanti ai loro occhi, è stato terribile.

Intuisco un legame fortissimo. Come è nata la vostra storia?
In realtà, io e Francesco ci conoscevamo da sempre. Le nostre famiglie erano molto vicine, i nostri genitori molto legati. Mio nonno era il Presidente dell’Anicagis, (Associazione nazionale industrie cinematografiche audiovisive e multimediali) e naturalmente il papà di Francesco, Anthony Quinn, fu il protagonista di molte pellicole importanti girate negli studi di Cinecittà. Loro due divennero molto amici e quindi frequentarci era per noi un’abitudine. Peraltro, io sono cresciuta in un contesto dove ho respirato l’arte fin da bambina: sono nata a Firenze, proprio dove la mia famiglia possedeva il Teatro Verdi, inaugurato nel lontano 1854. Terminati gli studi superiori, mi traferii a Parigi per studiare arte e poi accettai un lavoro che mi portò negli States. Io e Francesco ci rivedemmo con occhi nuovi e diversi e fu subito grande amore.

Quanto è stato difficile risollevarsi da un lutto così doloroso?
Moltissimo. Io sono tuttavia molto tenace e ho deciso fin da subito di dare un significato a quanto era successo. La mia creatività mi ha sempre salvato e mi ha aiutato ha trasformare il dolore. 
Nel 2012, un anno dopo la scomparsa di Francesco, ho aperto i miei studi di produzione a Los Angeles, la Quinn Studios Entertainment, e come primo lavoro cinematografico ho deciso di realizzare una fiction sul ciclismo, la grande passione di mio marito. Finanziato e realizzato dai nostri studi, "Life On A Bike (la vita su una bici)" è un documentario basato sul “Giro d’Italia”, le cui riprese sono state fatte in undici diversi Paesi. E’ stato un vero successo e questo mi ha spinto a proseguire nell’attività di produzione di documentari e diventare una ambasciatrice di pace che porta all’attenzione del grande pubblico e delle istituzioni argomenti difficili e scottanti sui quali occorre fare qualcosa.


Mi fai un esempio?
Certamente. Ho prodotto e realizzato il feature film "The Butterfly's Dream", candidato all’Academy Award e al Golden Globe 2014 come Miglior Film Straniero, oltre che vincitore del Milano International Film Festival, del World Sound Track Academy 2014 e del Siena Film Festival 2014, oltre ad aver ottenuto una nomination ai Grammy Award 2015. Si tratta di una storia ambientata in Turchia nel 1941 dove, in una città mineraria impoverita sulla costa del Mar Nero, due giovani e talentuosi poeti, amici e rivali, fanno una scommessa per decidere chi dei due possa corteggiare la bella figlia di un aristocratico, dovendo al contempo affrontare anche problemi più gravi come malattie, povertà, lavoro obbligatorio nelle miniere di carbone e la minaccia di una incombente seconda guerra mondiale.

"La creatività mi ha salvato e mi ha aiutato a sopportare il dolore" - foto 2
ufficio-stampa

Non credo tu ti sia fermata qui…
Infatti, non mi sono fermata! Con la mia società di produzione mi sono occupata della post-produzione di "The Square", un documentario sul conflitto egiziano, che ha vinto tutti i premi più prestigiosi a livello internazionale, inclusi il “Directors Guild Award 2014”, il “Sundance Film Festival 2014”, il festival del Cinema di Berlino, il Dubai Film Festival e altri ancora. Inoltre, nel 2016 ho realizzato un altro documentario sulla pace in Medio Oriente, in particolare Israele e Palestina, e la simbolica Cupola Della Roccia in Israele osservata dai tre differenti punti di vista delle più importanti fedi religiose con l’obiettivo di porre l’attenzione sulle minoranze nella terra di Palestina e Israele. Questo film, dal soggetto molto interessante e impegnativo, ha vinto il Premio per i Diritti Umani (Human Rights Award) ed Riconoscimento del Congresso Degli Stati Uniti come "documento" importante per la pace ed il dialogo fra paesi, religioni ed etnie diverse. Ho imparato molto attraverso questo film ed ho avuto l'opportunità e l'onore di parlare alle Nazioni Unite, a New York, e al Congresso degli Stati Uniti a Washington DC.

Programmi futuri?
Ho nel cassetto diversi progetti, tra cui un documentario, che sto già girando, sugli Indiani d’America incentrato sulla deforestazione a favore dello sfruttamento del territorio per la ricerca e l’estrazione del petrolio. Inoltre, insieme al mio socio, David Wood, siamo nella fase di pre-produzione con il seguito della famosa pellicola di Mel Gibson "La Passione di Cristo". Si tratta di argomenti difficili che debbono essere presentati a un’audience internazionale e il cinema può essere un ponte che unisce culture diverse nel mondo, consente di scambiare idee per conoscersi e confrontarsi su temi che hanno una rilevanza sociale a livello mondiale.

In tutto questo so che quel che più conta per te è la famiglia.
E’ così. I miei figli hanno la priorità assoluta su tutto, sono il fulcro della mia vita anche adesso che sono un po’ cresciuti. Mia figlia Sofia oggi ha 19 anni e studia sociologia all’UCLA (Università della California di Los Angeles) con grandissimo impegno e soddisfazione, mentre Max e Michela, i gemelli di Francesco avuti da una precedente relazione, hanno 16 anni e sono alle scuole superiori. Mi sento molto legata anche ai fratelli di Francesco: Lorenzo, che è un artista e vive a Barcellona, e Danny, che invece è impegnato come attore e vive a Roma.

Un piccolo accenno alla tua vita privata?
Sapevo che me lo avresti chiesto! Ebbene, dopo tanti anni, da qualche tempo sono riuscita a ritrovare la felicità. E' importante parlarne, perché penso che le nostre esperienze possono aiutare tante persone ad avere speranza e sapere che dopo un momento brutto di vita, ritorna sempre il sole! Ho accanto una persona che mi sta regalando finalmente una nuova gioia, anche perché adesso mi sono decisa ad aprire il mio cuore al mondo. Però non mi chiedere chi è, tanto non te lo dico…