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Fitctofilia: com'è bello innamorarsi di un eroe da film

Perdere la testa per un personaggio immaginario: non è raro e può rendere molto felici, ma anche creare qualche problema

Fitctofilia: com’è bello innamorarsi di un eroe da film - foto 1
Istockphoto

Innamorarsi dell’eroe di un film, di un romanzo e perfino di un cartone animato, anche se sappiamo bene che si tratta di un personaggio immaginario: non è un fenomeno raro e, soprattutto, non è un’esperienza assimilabile all'amore platonico degli anni dell’infanzia.

È anzi un vero e proprio fenomeno sociale chiamato fictofilia, che coinvolge persone adulte e del tutto consapevoli. Per lo più si tratta di un sentimento felice e appagante, che non causa alcun problema né a chi lo prova né agli altri; non è neppure un sentimento del tutto mentale, dato che la tecnologia permette di interagire con l’amato bene grazie a ologrammi e di altri sostituti, come bambole e pelouches. Secondo l’OMS non è una malattia mentale e, finché tutto fila liscio, si può lasciare che questo curioso amore segua il suo corso. Ma quando qualcosa non va, meglio correre ai ripari.

NON RIGUARDA GLI ADOLESCENTI – Innamorarsi di un personaggio immaginario è un’esperienza molto comune tra gli adolescenti: a chi non è capitato di spendere qualche sospiro per Mr. Darcy, protagonista maschile del romanzo “Orgoglio e Pregiudizio” di Jane Austen, impersonato dal fascinoso e introverso Matthew MacFadyen, nella pellicola del 2005, con la bella Keira Knightley nei panni di Elizabeth Bennet e con la regia di Joe Wright? La fictofilia è però un fenomeno del tutto differente: innanzi tutto chi si innamora in questo modo è del tutto consapevole del fatto di nutrire un sentimento per qualcuno che nella realtà non esiste, ma questo fatto non sembra costituire un problema. L’innamorato ammette senza difficoltà il proprio sentimento per un personaggio irreale e si dichiara comunque appagato. Non manca neppure l’attrazione sessuale: per soddisfare questo tipo di esigenza esistono una serie si espedienti che rendono il personaggio più vicino e tangibile, ad esempio bambole e, grazie alle nuove tecnologie, persino ologrammi con i quali è possibile interagire e costruire una sorta di rapporto. Il fenomeno è stato anche studiato dal punto di vista scientifico da due ricercatori finlandesi, il professor Veli-Matti Karhulahti e la dottoressa Tanja Välisalo: i due esperti hanno concluso che la fictofilia è un sentimento forte e stabile nel tempo, anche se rivolto a un personaggio di un film, di un romanzo e persino di un cartone animato.

NON È UNA MALATTIA – La fictofilia non è neppure “una cosa da matti”, anche se al primo sguardo le assomiglia. Non si tratta di una malattia psichiatrica: in questo senso si è pronunciata anche l’OMS (Organizzazione mondiale della sanità), che l’ha annoverata tra gli esempi di parafilia, ovvero le forme di relazione parasociale. In ogni caso non si tratta di un fatto del tutto negativo, dato che innamorarsi di un personaggio della fantasia può essere un modo per esplorare ciò che si desidera in un partner reale. Finché le cose si fermano a questo punto, nessuno soffre e il fatto in sé non costituisce un problema. I guai cominciano se e quando questa “relazione fantasy” interferisce con le vicende della vita reale e diventa causa di sofferenza e angoscia, oppure si trasforma in ossessione, o anche in ragione per cui il soggetto viene preso in giro, bullizzato o escluso dalle relazioni con la sua cerchia di conoscenze. 


I CASI PIÙ FAMOSI – Un caso di fictofilia balzato qualche anno fa agli onori della cronaca riguarda l’impiegato statale giapponese Akihiko Kondo: nel Paese del Sol Levante il fenomeno è piuttosto diffuso e sono numerose le persone che vivono alla luce del sole il loro amore per un personaggio immaginario. Kondo, ad esempio, caduto in depressione dopo essere stato per molto tempo vittima di bullismo da parte dei propri conoscenti, è riuscito a uscire da questo tunnel proprio grazie all’amore e alla relazione con Hatsune Miku, una pop star “artificiale”, sintetizzata al computer e diventata famosissima. Grazie a questa relazione, culminata persino nel matrimonio (privo ovviamente di effetti legali) Akihiko Kondo ha trovato la forza di riscattarsi e ha ritrovato interesse per la sua vita. Sempre dal Giappone arrivano storie di relazioni in cui esseri umani si innamorano di personaggi dei videogiochi e di anime. 

FICTOFILIA VS. AMORE REALE – Spesso, le persone che tendono a rifugiarsi in un amore immaginario sono in qualche modo vittime di ripetute delusioni nei rapporti con partner reali. Il fatto di invaghirsi di un personaggio immaginario è un modo e semplice e tutto sommato innocuo per fuggire da una realtà difficile e dolorosa: sognare a occhi aperti non fa male a nessuno e può regalare conforto ed evasione dal trauma di un’esperienza finita male. Naturalmente tutto questo funziona finché non si perde il contatto con la realtà e si resta consapevoli che il mondo reale e quello della fantasia sono due piani ben diversi. Il fatto di attaccarsi troppo a un principe azzurro o a un’eroina immaginaria può spingerci a cercare in un partner reale tutte le caratteristiche di quel personaggio perfetto, in una ricerca senza fine. Oppure può trasformarsi in un ulteriore motivo di derisione da parte della propria cerchia di conoscenti. Insomma, anche con i partner immaginari l’amore è un fiore che può avere le sue spine. In questo caso, occorre tornare con i piedi per terra al più presto, al limite ricorrendo all’aiuto di un bravo psicologo. 

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