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Caso Ruby, "Boccassini indagò prima di avere l'incarico del caso"

Lʼaccusa lanciata dal magistrato Manlio Minale interrogato dal Csm

ilda boccassini
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Ilda Boccassini non "aveva titolarità" dell'inchiesta su Ruby quando sentì il capo di gabinetto della questura di Milano, Pietro Ostuni, dal cui interrogatorio scaturì l'iscrizione di Silvio Berlusconi con l'accusa di concussione. Lo rende noto il procuratore generale di Milano, Manlio Minale, nella sua audizione del 14 aprile davanti al Consiglio superiore della Magistratura.

Un passaggio di titolarità contestato - Il titolare del fascicolo era, con il pm Pietro Forno, il sostituto Antonio Sangermano che ai primi atti di indagine lavorava al Settimo Dipartimento della procura di Milano, ma che in seguito passò alla Dda diretta da Ilda Boccassini, portandosi dietro il fascicolo. Ma secondo Minale questo non poteva comportare che Boccassini fosse diventata in questo modo "il procuratore aggiunto di coordinamento".

Boccassini potrebbe però essere stata autorizzata - Il Pg non ha però escluso che Boccassini avesse chiesto al procuratore "un'autorizzazione" a compiere l'interrogatorio di Ostuni e del funzionario Giorgia Iafarte, che era di turno la notte in cui Ruby fu portata in questura per via di un furto. A seguito dei due interrogatori il 21 dicembre del 2010 Berlusconi venne iscritto nel registro degli indagati per concussione per le pressioni che avrebbe esercitato sui due per far liberare la giovane marocchina.

Le accuse che hanno aperto il procedimento al Csm - Il fascicolo Ruby è uno dei procedimenti contestati su cui ha richiamato l'attenzione del Csm il procuratore aggiunto di Milano Alfredo Robledo che ha accusato Bruti Liberati di irregolarità nell'assegnazione di alcuni fascicoli, a danno del suo Dipartimento che si occupa dei reati contro la pubblica amministrazione. Dipartimento che - secondo Minale - Bruti con l'iscrizione di Berlusconi avrebbe avuto "l'obbligo di interpellare". Un'interlocuzione mancata anche sulla decisione di attribuire a Forno il cosiddetto Ruby ter: un'assegnazione "ragionevole sotto il profilo dell'economia processuale" (perché il pm aveva già seguito la vicenda), ma che all'inizio avvenne senza che fosse accompagnata da una motivazione scritta nè verbale. Mentre invece andava interpellato il "naturale destinatario" del procedimento, cioè Robledo, per "spiegargli" le ragioni di questa scelta.