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Crisafulli:"Ero in coma, ma capivo"

Terri Schiavo italiano inizia a parlare

"I medici dicevano che non ero cosciente, ma io capivo tutto".

Salvatore Crisafulli, il 38enne rimasto per quasi due anni in stato vegetativo, dopo la denuncia di Tgcom e il successivo intervento del ministro Storace, è stato ricoverato in un centro specializzato. E non solo nelle scorse settimane è uscito dal coma, ma da due giorni ha ricominciato a parlare. E racconta: "Piangevo perché non riuscivo a farmi capire".

Parla lentamente Salvatore Crisafulli, a tratti sforzandosi. "Sto male", dice. Poi guarda il fratello Pietro, che a fine aprile, dopo mesi e mesi di lotte per ottenere cure che non arrivavano mai aveva minacciato di staccargli la spina proprio come qualche settimana prima negli Usa avevano fatto a Terri Schiavo, e in siciliano sussurra: "Petru, pi mia ha fattu assai" ("Pietro, per me hai fatto molto").

Non ricorda nulla dell'incidente Salvatore. "Ricordo delle luci e poi mia mamma e i miei fratelli che urlavano in una stanza d'ospedale", dice. Ma ricorda tutto dei terribili mesi successivi a quel maledetto 11 settembre 2003, quando a bordo di una vespa si scontrò con un furgone mentre andava al lavoro nella sua città, Catania. Mesi trascorsi sdraiato su un letto, con i medici che entravano, lo guardavano e dicevano che non era cosciente. "Sentivo mio fratello che diceva che secondo lui invece capivo tutto, lo sentivo urlare perché non gli credevano. Ma io non potevo parlare, non potevo muovermi, non potevo far nulla per fargli capire che c'ero, che li sentivo. Così piangevo".

Ha iniziato a parlare tutt'a un tratto Salvatore Crisafulli. Dopo un periodo di ricovero in un centro di Arezzo, dove, a distanza di un anno e mezzo dall'incidente, ha ricevuto le prime vere cure, era stato trasferito in Sicilia, a casa della mamma. "All'inizio ero contrario al trasferimento - spiega il fratello Pietro -, perché temevo che lo abbandonassero di nuovo. Invece dal ministero della Salute ci hanno assicurato che sarebbero venuti a casa ogni giorno degli specialisti per seguirlo. E infatti lo stanno curando benissimo. Negli ultimi tempi abbiamo anche fatto arrivare un macchinario che gli permette di stare in piedi e che ha migliorato la postura del tronco e del corpo. Ora riesce a girare la testa a sinistra e, grazie alla fisioterapia, muove il braccio destro. Ma che che riprendesse a parlare, questo nessuno di noi se lo sarebbe mai aspettato".

Invece è successo. "In quel momento - racconta Pietro Crisafulli - con lui c'erano mia madre e il logopedista. Lo stavano sollevando quando lui ha detto la sua prima parola: mamma". Un attimo di turbamento, poi in casa è scoppiato il caos. "Mia madre ha chiamato tutti, anche me in Toscana. Gli ha avvicinato il telefono, ma lui piangeva. Io mi sono precipitato in Sicilia e adesso ci stiamo raccontando tutto quello che è successo negli ultimi due anni, tutto quello che ricorda e come lo ha vissuto".

"Ricordo le telefonate", dice Salvatore riferendosi agli ultimi mesi prima del ricovero, quando decine di giornalisti andavano a casa sua per raccontare la sua vicenda. "Piangevo perché non potevo rispondere", dice. E il fratello Pietro, che lo scorso 11 settembre gli ha dedicato un cd musicale dal titolo "Fratello mio", con una canzone scritta da lui in cui canta "Io ti parlo, tu mi rispondi, col cuore io ti sento", aggiunge: "Lui piangeva davanti ai medici e loro interpretavano le sue lacrime come un gesto involontario, una risposta involontaria a uno stimolo esterno. Invece era tutto vero. Quando io ero convinto che lui mi capisse e lo dicevo ai medici, avevo ragione. Lui mi capiva, ci capiva, lui comprendeva tutto".

Tamara Ferrari