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Via Poma, 17 anni di mistero

Lʼomicidio di Simonetta Cesaroni

Sono passati 17 anni dal quel 7 agosto del 1990, quando in uno stabile di via Carlo Poma nel quartiere Prati, a Roma, venne uccisa Simonetta Cesaroni, all'epoca ventenne.

La ragazza lavorava negli uffici dell'Associazione italiana alberghi della gioventù e fu massacrata da 27 coltellate. Il corpo fu rinvenuto il giorno dopo, mentre l'assassino non fu mai rintracciato, nonostate le indagini. Ora l'iscrizione la nuova indagine sull'ex fidanzato.

"Il mistero sull'omicidio di Simonetta Cesaroni, la 21enne romana uccisa il 7 agosto del 1990 nell'ufficio dell'Associazione italiana ostelli della gioventù di via Poma, dove lavorava, potrebbe essere presto svelato". Lo afferma a 15 anni dalla morte della ragazza l'avvocato della famiglia Cesaroni, Lucio Molinaro che nutre forti speranze che questo sia l'ultimo anniversario senza verita' sul giallo di Simonetta, uccisa con 29 coltellate. Speranza che si e' rafforzata da quando, l'anno scorso, gli uomini del Ris hanno trovato nei lavatoi del condominio di via Poma alcune goccioline di sangue che da allora sono al vaglio degli esperti dell'Arma. Proprio nella loro relazione, che verra' consegnata in autunno al pubblico ministero Roberto Cavallone, potrebbe nascondersi il nome del killer di Simonetta Cesaroni, chiudendo dopo tanti anni un caso giudiziario assai complicato

Il delitto di via Poma fu uno di quei casi di cronaca nera nei quali le zone d' ombra, a quindici anni di distanza, continuano ad essere piu' degli spiragli di luce. Simonetta muore il 7 agosto, tra le 17,30 e le 18,30, rivela l' autopsia. E non sono le coltellate a ucciderla. Fatale alla ragazza e' un colpo alla testa: le coltellate, ipotizzano gli inquirenti, sarebbero state inferte per sviare le indagini. Sono in tutto 29, tutte profonde 11 centimetri circa e tutte mirate verso zone vitali: cuore, carotide, giugulare. Quando il giorno dopo viene ritrovato, dopo l' allarme dei famigliari, il cadavere di Simonetta e' riverso sul pavimento, in una pozza di sangue. Il corpo e' seminudo, ma non ha subito violenza carnale. L' assassino ha portato via quasi tutti gli indumenti. Il cadavere viene ritrovato con indosso solo la canottiera di seta e i calzini. Il reggiseno e' arrotolato intorno al collo e le scarpe sono disposte in ordine in un angolo della stanza. Due grossi ematomi all' altezza dei fianchi rivelano che Simonetta, con ogni probabilita', e' stata tenuta con forza sul pavimento. Nonostante le numerose coltellate, non ci sono schizzi di sangue in giro: l' assassino avrebbe dunque lavato tutto con degli stracci prima di andare via. E poi la porta: non forzata e perfettamente chiusa. L' assassino aveva le chiavi o e' stata la ragazza, che probabilmente lo conosceva, a permettergli di entrare.

I primi sospetti cadono su Pietro Vanacore, portiere dello stabile di Via Poma, che tre giorni dopo il delitto viene arrestato. Secondo gli inquirenti e' stata l' ultima persona ad aver visto Simonetta viva. Determinante per il suo fermo sono alcune contraddizioni nelle testimonianze rese, relative soprattutto ad alcune piante che avrebbe dovuto innaffiare nello studio proprio nell' ora del delitto. Vanacore possiede le chiavi dell' ufficio e sul suo pantalone vengono ritrovate delle macchie di sangue. A scagionare l' indiziato sono le analisi che dimostrano come il sangue sia dello stesso Vanacore, che soffre di emorroidi: viene rimandato a casa dopo venti giorni. Il secondo indiziato e' l' architetto Luigi Izzo, proprietario di un' abitazione nello stabile di Via Poma, in vacanza all' Argentario nei giorni del delitto, ma che avrebbe coperto in qualche modo l' assassino. Nella sua casa viene trovato un asciugamano sporco di sangue, ma, anche in questo caso, la pista verra' abbandonata. L' 11 marzo 1992 entra in scena Roland Voller, commerciante tedesco con presunti legami con i servizi segreti. L' uomo accusa Federico Valle, nipote dell' architetto Cesare, residente in Via Poma. Secondo il tedesco, Valle sarebbe tornato a casa sanguinante la sera del delitto, che avrebbe commesso dopo aver scoperto di una presunta relazione della vittima con il padre. Viene chiamato nuovamente in causa Vanacore, che sarebbe stato il favoreggiatore, ripulendo l' appartamento dopo il delitto. Il 16 giugno 1993, dopo nuove analisi del sangue, il giudice Antonio Cappiello dichiara l' improcedibilita' nei confronti dei due per mancanza assoluta di prove. E poi c' e' Stefano Volponi, ex datore di lavoro di Simonetta, che sarebbe stato contraddittorio in alcune dichiarazioni rilasciate agli inquirenti. Anche in questo caso, il test del Dna dara' esito negativo.

Una clamorosa svolta nelle indagini potrebbe essere arrivata lo scorso maggio. Il Ris di Parma ha trovato sul luogo del delitto una goccia di sangue maschile che, con ogni probabilita', appartiene all' assassino. Un risultato che e' stato considerato tanto piu' straordinario alla luce del lungo lasso di tempo trascorso dall' omicidio. L' importante ritrovamento e' arrivato dopo che il pubblico ministero Roberto Cavallone e il procuratore aggiunto Italo Ormanni avevano incaricato i carabinieri di compiere dei nuovi accertamenti sugli oggetti e gli indumenti che Simonetta aveva indosso al momento dell' aggressione, dalla canottiera al reggiseno, dagli orecchini all' orologio e al fermacapelli