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"Staccherò la spina a mio fratello"

Coma da 19 mesi, "Se nessuno ci aiuta"

"Ci hanno abbandonato tutti, le istituzioni, la sanità.

Siamo sempre più soli e non ce la facciamo più. Se qualcuno non ci aiuterà, sarò costretto a far morire mio fratello". Pietro Crisafulli racconta a Tgcom la terribile situazione in cui vive la sua famiglia da quando il fratello Salvatore è in stato vegetativo permanente a causa di un incidente, e dice: "Ho fatto di tutto per aiutarlo, ora staccherò la spina".

"E' un anno e mezzo che aspettiamo che le istituzioni si ricordino di noi, che lanciamo appelli, che chiediamo aiuto, che lottiamo. Non ce la facciamo più. Se le cose non cambieranno - dice Pietro Crisafulli - io mi vedrò costretto a prendere la decisione più terribile della mia vita: far morire mio fratello, così come è morta Terri Schiavo. So che posso farlo, perché sono curatore speciale di Salvatore e la Corte di Cassazione nei giorni scorsi ha stabilito, esaminando il caso di Eluana, che il curatore speciale può staccare la spina - aggiunge -. Anche l'altro mio fratello è d'accordo con me su questa decisione. Mia madre e le mie sorelle no, loro vorrebbero continuare a lottare. Ma io mi chiedo: a che cosa serve? Sono mesi che chiediamo aiuto e finora non è servito a nulla. Che senso ha continuare ad andare avanti così?".

Un anno e mezzo di calvario. Da quando l'11 settembre del 2003 Salvatore Crisafulli rimase vittima di un terribile incidente stradale a Catania (un furgone lo investì mentre si recava in Vespa al lavoro) per la sua famiglia il tempo si è fermato. E sono iniziati i viaggi della speranza da un centro all'altro e le cure prestate in casa, senza l'aiuto di specialisti, senza l'aiuto di nessuno. "Salvatore è ancora vivo solo grazie a noi - dice ancora Crisafulli -. Siamo stati io, mia madre e le mie sorelle a curargli le piaghe, ad alimentarlo, a seguirlo giorno dopo giorno. E siamo soli, completamente soli. Qui non si vede nessuno: ci sarebbe bisogno di un fisioterapista, di qualche specialista che lo segua. Ma non c'è nessuno".

"Da quando i giornali e le televisioni hanno parlato del nostro caso - continua Pietro Crisafulli -, abbiamo ricevuto molti messaggi di solidarietà dalla gente, ci hanno scritto da tutta Italia. Anche qualche centro specialistico si è fatto vivo per chiederci le cartelle cliniche di mio fratello, ma dopo che le abbiamo spedite, nessuno ci ha fatto avere più notizie. Forse perché gli accertamenti di cui disponiamo sono vecchi: lì c'è scritto che Salvatore è come un vegetale, ma in realtà nell'ultimo anno la situazione è un po' cambiata, ora lui capisce quando uno gli parla, reagisce. Circa venti giorni fa l'ho portato a Milano per fare degli accertamenti e nella relazione che mi hanno inviato ieri i medici hanno scritto che mio fratello "collabora", che forse si potrebbe fare qualcosa per lui, che forse potrebbe addirittura recuperare la parola. Ma ci hanno chiesto per curarlo una cifra esorbitante, circa 10mila euro al mese. Una cifra impossibile: noi dove li prendiamo tutti quei soldi? Io non lavoro e la pensione di invalidità di Salvatore ancora non si vede. Com'è possibile chiedere così tanto per curare una persona? Perché nessun ospedale accetta di ricoverare mio fratello, perché devo essere sempre io a decidere se fare una tac, se fare un esame, senza il consiglio di un medico? Com'è possibile che una famiglia venga lasciata da sola in una situazione del genere?".

"No - aggiunge Crisafulli -, così non si può andare avanti. Io non ce la faccio più. Ecco perché ho deciso: se nessuno ci aiuterà io staccherò la spina a mio fratello. Tanto farlo continuare a vivere così per altri dieci anni non servirebbe a nulla, se non ad acuire le sue sofferenze e quelle della mia famiglia".

Tamara Ferrari