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Di Canio difende suo saluto romano

"Non avrei accettato la squalifica"

Paolo Di Canio torna a parlare delle polemiche sul saluto romano esibito nel derby: "Se fosse scattata la squalifica - dice - non l'avrei accettata.

Quello è un saluto che mi rappresenta e ha origini che non c'entrano nulla con il fascismo, ma viene da una storia che mi rende orgoglioso visto che sono nato a Roma e sono romano". Poi su quanto accaduto mercoledì: "Si è detto che mi sono scontrato col mister: certe cose mi fanno avvelenare".

Non è un bel periodo per Paolo Di Canio, che continua a trovarsi al centro di polemiche per alcuni suoi atteggiamenti. Mercoledì la reazione avuta in panchina a suo dire male interpretata da tutti ("Si cerca di trovare qualcosa in un atteggiamento che non c'è stato, ho lanciato il giubbino per il dispiacere che non stavamo vincendo ma dopo mi sono messo a fare il raccattapalle per dare il mio contributo"), ma soprattutto il saluto romano fatto in occasione del derby, che il capitano laziale difende ancora oggi.

"Se sono arrabbiato? Per niente anche perché so che in Italia funziona così - spiega - Non è che mi sia stato fatto un attacco, o una violenza. Non è che dobbiamo nasconderci, quello che penso nella mia vita privata e politicamente parlando nel 2005 ancora non è accettato, non solo dalla federazione, visto che si è fatto tanto clamore per niente. Chi ha il potere deve prendere dei provvedimenti, il deferimento è accettabile visto che cose simili sono state fatte ad altri dirigenti; di sicuro mi sarei avvelenato se fosse scattata la squalifica, quello non l'avrei accettato".

Di Canio dà una spiegazione particolare del suo gesto, che non avrebbe significati politici quanto di appartenenza alla città. "Quello è un saluto che mi rappresenta e ha origini che non c'entrano nulla con il fascismo - dice - ma viene da una storia che mi rende orgoglioso visto che sono nato a Roma e sono romano. Forse qualcuno lo dimentica o fa finta di non saperlo, ma io so benissimo di cosa parlo: sono orgoglioso perché quando ero in Inghilterra sentivo parlare dell'Impero romano che loro sono costretti a studiare e devono vedere ancora gli acquedotti che vanno fino in Scozia; già perché i romani sono arrivati fino a lì. Qualcuno ha parlato di apologia di reato ma è ridicolo perché basta leggere la Costituzione. Non è apologia se tu dopo un saluto simile non fai seguito con atti equivoci, cioé se non prendi un bastone e lo spacchi in testa a uno o magari inneggi a motti del periodo. Perciò, qualche ignorantello - conclude - dovrebbe leggere la Costituzione prima di parlare. Io ho la terza media, ma qualcosa del mondo so e, soprattutto, so come si vive".