il legame con Milano

Ornella Vanoni, la cantante della Mala inseparabile dalla sua Milano

Indissolubile il legame dell'artista con la sua città natale e quegli esordi, celebrando in maniera leggendaria vicende di cronaca nera che avevano per protagonisti criminali e poliziotti

22 Nov 2025 - 13:45

"Porta Romana bella", "El purtava i scarp del tennis", ma, soprattutto, la struggente "Ma mi", l'inno alla sua Milano perduta. La cantante della Mala e le canzoni della Mala, etichette legate indissolubilmente al nome di Ornella Vanoni, morta a 91 anni il 21 novembre. Il suo marchio di fabbrica, fin dagli esordi rimasti negli annali come gli "Anni della Mala", dal 1958 al 1962. Il primo passo, fu questo, di una lunga lunghissima carriera canora, iniziata poco più che ventenne, prendendo ispirazione da antiche ballate dialettali su vicende di cronaca nera. Il tema della malavita e i suoi protagonisti, malfattori, poliziotti, detenuti, cantato con un registro espressivo unico, facendo anche credere al pubblico che si trattasse di autentici canti popolari ricavati da vecchi manoscritti. Un mix di realtà e leggenda dietro un successo insuperabile. E' qui che nasce il mito di Ornella Vanoni, cantante della Mala.

Mito esploso al Piccolo Teatro di Paolo Grassi con Giorgio Strehler. E sempre alimentato da quell'amore profondo per Milano. La sua città, che è nebbia, tram giallo ocra, case di ringhiera e cortili, osterie di Porta Ticinese e profumo di risotto e osso buco per le strade, la domenica. La sua città che è stata operaia e borghese insieme, come la respirava da ragazza, e che ha reso immortale con la sua voce rauca, malinconica e ironica al punto giusto.

In quei primi anni nascono capolavori come "Ma mi" e "Le mantellate". Lei, figlia della ricca borghesia milanese, diventa, così, a vent'anni, la ragazza della Mala, nell'ambiente del Piccolo, gioiello di quella Milano che viveva la stagione in cui insegnava al mondo una nuova idea di cultura. Con grande scandalo dei bempensanti, Ornella diventa la compagna di Giorgio Strehler, il quale, con un'intuizione geniale e con la complicità di personaggi come Dario Fo, Fausto Amodei, Fiorenzo Carpi e Gino Negri, la trasforma in una sorta di Edith Piaf lombarda, cucendole addosso un repertorio entrato nella storia. 

Al Piccolo, infatti, incanta il pubblico. Alta, magra, con gli occhi tristi e la voce che sembra venire da un'altra epoca, un'eleganza straziante, vestita di nero, immobile sul palco, solo un fascio di luce a illuminarle il volto. Così prendono vita "Le canzoni della Mala", appunto, ballate di fine Ottocento e inizio Novecento, nate nei vicoli di Porta Vittoria, dietro il Verziere, nei bordelli di via Laghetto e nelle osterie dei Navigli. Opere anonime o firmate da fini intellettuali dimenticati, del calibro di Giuseppe Pietri, Alfredo Bracchi, Giovanni D'Anzi, che celebravano rapine, coltellate, amori finiti male, carcere di San Vittore e il "barroccio" che portava i condannati a morte.

Addio Ornella Vanoni, la vita e carriera in foto

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© Ansa
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Testi presentati come frutto di ricerca su antichi manoscritti di ballate popolari che confluiscono nel 1960 nel primo disco interamente dedicato alla Mala, "Ornella Vanoni – Le canzoni della Mala", per la Ricordi. In copertina la foto di lei appoggiata a un lampione proprio di via Laghetto. Un successo clamoroso, ristampato mille volte. 

E Milano tutta, allora come pure oggi, si riconosceva in quelle storie di "ragazzi di vita" ante litteram, fino al punto di eleggere Ornella Vanoni a voce della sua anima più pura e più nascosta. Anche quando poi la cantante cambierà pelle, prima la bossa nova con Toquinho, poi il jazz, Sanremo, la grande stagione con Gino Paoli e "Senza fine", ma quel Dna milanese non l'abbandonerà mai. Fino all'ultimo. A novant'anni passati, se le veniva chiesto di cantare "Ma mi" in un teatro milanese, la sala si fermava: era come se la città intera trattenesse il fiato per riascoltare la sua storia più vera, quella interpretata con la voce di una donna che ha amato, sofferto e cantato i vicoli della Mala insieme a Giorgio Strehler.

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