Addio Ornella Vanoni, la vita e carriera in foto
© Ansa
© Ansa
Storie private, passioni tormentate e affetti profondi: gli amori che hanno costruito la donna ancora prima dell'artista, tra slanci, ferite e rinascite
© Tgcom24
Ornella Vanoni, morta oggi a 91 anni, ha sempre raccontato i suoi amori con una sincerità sorprendente, quasi come se ogni storia fosse incisa nella sua voce prima ancora che nei suoi ricordi. La sua vita sentimentale, vissuta tra gli anni Cinquanta e Settanta con la stessa intensità della sua personalità artistica, è stata un percorso fatto di scelte coraggiose, frammenti di felicità e dolori che non nascondeva mai. In più occasioni ha detto di non essersi mai pentita degli uomini che ha amato, perché ognuno di loro le aveva lasciato qualcosa: una ferita, una lezione, una piccola rinascita. "Se l'amore si misura a sofferenza e urgenza, Gino è stato il grande amore della mia vita", dichiarò. Ma nelle sue parole non c'era solo nostalgia: c'era la consapevolezza di una donna che aveva imparato a conoscersi proprio attraverso quelle relazioni, a volte luminose, altre volte caotiche, vissute sempre con il cuore in mano.
Era il 1956 quando Ornella, poco più che ventenne, incontrò Giorgio Strehler al Piccolo Teatro di Milano. Lei era una studentessa dell'Accademia, lui il grande regista che stava cambiando il modo di fare teatro in Italia. Quell'incontro segnò l'inizio di un amore profondo e complesso, un legame che sconfinava continuamente tra vita privata e palco. Le prove si trasformavano in scambi intensi, le discussioni creative diventavano dialoghi intimi, e ogni scena era un pretesto per svelarsi un po' di più. La loro relazione, durata con alti e bassi fino alla fine degli anni Cinquanta, fu tormentata anche dalla gelosia di Strehler, che Ornella ricordò come "un uomo che sapeva amare, ma che sapeva anche far soffrire". Raccontò di una celebre litigata in camerino, nata da un'incomprensione, e di come quel giorno avesse capito che quell'amore l'avrebbe segnata per sempre. "È quello che più mi ha amato", disse, sottolineando che, pur nella ferita, di lui conservava un'affettuosa gratitudine. Era un amore che aveva il sapore degli inizi: intenso, acerbo, irripetibile.
© Ansa
© Ansa
La storia con Gino Paoli esplose nel 1961, in un'Italia che cambiava e in una musica che stava trovando nuova voce. Lui era già un cantautore affermato, lei una cantante in ascesa, e tra loro scattò un'attrazione immediata. Quel periodo, che durò fino al 1963 tra rotture e ritorni, fu un vero terremoto emotivo. Paoli, affascinato dal carattere forte e dalla sensibilità di Ornella, scrisse per lei "Senza fine", una delle canzoni più iconiche della musica italiana, nata proprio da quei giorni fatti di slanci e malinconie. Lei ricordava come passassero intere serate a parlare, ridere, discutere, per poi litigare con la stessa ardente intensità. "Con Gino era urgenza", raccontò, "non riuscivamo a staccarci, ma non sapevamo nemmeno come stare insieme". Le separazioni erano dolorose, ma inevitabili: Paoli era sposato, e il peso della loro storia finiva spesso sui giornali. Eppure, nonostante la fine della relazione, continuarono a volersi bene per tutta la vita. Negli anni Settanta tornarono perfino a collaborare dal vivo, segno che quel filo non si era mai davvero spezzato. Era un amore totale, impossibile da controllare, che lasciò in entrambi una cicatrice preziosa.
Dopo due relazioni consumate dalla passione e dal tumulto, all'inizio degli anni Sessanta nella vita di Ornella arrivò Lucio Ardenzi. Attore, produttore teatrale e figura rispettata nel mondo dello spettacolo, Ardenzi rappresentò per lei un approdo più stabile. La loro relazione cominciò intorno al 1962, e nello stesso anno nacque il figlio Cristiano, l'unico di Ornella. Ardenzi fu un compagno presente e protettivo, capace di portare un senso di equilibrio nella vita della cantante. Lei raccontò spesso che la maternità l'aveva trasformata: "Mi ha dato una felicità che non avevo mai conosciuto, ma anche una paura nuova". Durante quegli anni, caratterizzati da tournée, impegni e responsabilità crescenti, Ornella trovò in Ardenzi un alleato più che un amante: qualcuno che sapeva esserci senza soffocarla. La loro relazione si concluse alla fine degli anni Sessanta, ma tra loro rimase un affetto solido, quasi familiare, che durò fino alla morte di Ardenzi nel 2002. Una storia meno tumultuosa, ma profondamente significativa.
Negli ultimi anni Ornella disse più volte che nella sua vita ci erano stati "quattro amori veri". I primi tre erano noti, il quarto restava volutamente nell'ombra. Era un uomo fuori dal mondo dello spettacolo, conosciuto tra la fine degli anni Settanta e l'inizio degli Ottanta, un periodo in cui Ornella attraversava una fase personale complessa, tra fragilità emotive e bisogno di riconciliazione con sé stessa. Quell'uomo, mai nominato pubblicamente, fu per lei una presenza tranquilla, capace di farla sentire compresa. "Non era famoso, ma aveva una luce", disse una volta. Alcuni amici raccontarono che lui la accompagnava spesso nei suoi ritiri in montagna, dove Ornella amava rifugiarsi quando cercava silenzio. La relazione finì quando i loro percorsi presero direzioni diverse, ma Ornella ne parlò sempre con un rispetto particolare: era un amore che non aveva bisogno di essere raccontato per essere vero. E in questo, forse, stava la sua forza.
Ripercorrere gli amori di Ornella Vanoni significa attraversare quasi trent'anni della sua vita, dagli anni Cinquanta agli Ottanta, guardando il mondo attraverso i suoi occhi: quelli di una donna che non ha mai temuto il sentimento, nemmeno quando la feriva. Amava con tutto il corpo, con tutta la mente, con tutta la sua fragilità. Era capace di slanci generosi e di ironia disarmante, ma anche di crolli improvvisi, che però non nascondeva mai. "Ho sempre amato troppo", disse una volta. Ma era proprio quel "troppo" ad averle dato la forza di costruirsi, di cadere e ricostruirsi ancora. I suoi amori non sono cronaca rosa, ma tasselli di un cammino umano complesso e bellissimo. E oggi restano come una lezione di autenticità: amare senza risparmio, senza paura di sbagliare, senza paura di perdersi. Perché è da lì, lo diceva lei stessa, che nasce la verità.