Nel nuovo album la cantante affronta la sfida più difficile: superare l'ansia del successo e ritrovare se stessa tra energia, consapevolezza e libertà creativa
di Massimo Longoni© Nicholas Fols
È uscito "Ma io sono fuoco", il nuovo album di Annalisa che arriva a due anni di distanza da "E poi siamo finiti nel vortice", il lavoro che ha cambiato il percorso della cantautrice ligure con numeri da record e un tour nei palazzetti di grande successo che sarà presto replicato a partire dal 15 novembre. E se il difficile in questi casi è ripetersi "Ma io sono fuoco" ha tutte le carte in regola per farlo: "Volevo continuare a sentirmi a casa però senza commettere l'errore di ripetersi - ci dice lei -. Ci siamo veramente scervellati finché ogni pezzo non aveva la forza desiderata".
Anticipato da "Maschio" (con tanto di accuse per una presunta blasfemia del testo) e dal duetto con Marco Mengoni in "Piazza San Marco", "Ma io sono fuoco" è un lavoro carico di energia e di melodie azzeccate, che prosegue sulla strada dance, synth-pop aperta dal suo predecessore ma con maggiore naturale e sicurezza nei propri mezzi. Ci sono momenti sfacciatamente anni 80, con citazioni esplicite e più sfumate (dal Marco Ferradini di "Teorema" a Rettore passando per Donna Summer), ma che comunque si inseriscono in un contesto più ampio, dove le sonorità si mescolano per dare un quadro più contemporaneo e internazionale.
Le incontriamo negli studi della Warner nel primo giorno di promozione per questo nuovo percorso artistico. Anzi, la nostra è proprio la prima intervista in assoluto del nuovo corso, quindi... rompiamo il ghiaccio.
Partiamo dal titolo, "Ma io sono fuoco": quel ma avversativo sembra una risposta a qualcuno o a qualcosa.
Allora quel "ma" indica la volontà di mettere l'accento sul reagire, su una reazione a qualcosa che succede. È la volontà di trasformare le cose che accadono e farle in qualche modo diventare delle opportunità, anche quelle che all'apparenza non lo sono. Poi c'è anche un po' un gancio a quello che è successo prima... i due titoli "E poi siamo finiti nel vortice" e "Ma io sono fuoco" si legano nel senso di avere la forza e la capacità e comunque spronarsi a trasformarsi, sicuramente serve a me a farmi forza.
Ne avevi bisogno per realizzare questi disco?
Banalmente ho dovuto fare i conti con l'ansia da prestazione derivante da un percorso così bello come quello che è stato il "Vortice". Sento la pressione e l'ho sentita in questi mesi in cui ho scritto e in cui sono stata tanto in studio. L'ho sentita molto e quindi alla fine il sentimento centrale di questi pezzi è questa volontà di trasformarsi, di reagire, di non rallentare e di trovare comunque un modo per continuare a costruire, senza impigrirsi sui bei momenti, senza spaventarsi del fatto che quello che viene dopo è difficile.
Come ti ha condizionato questa pressione in fase di scrittura: hai buttato via tante cose che non ti convincevano oppure su ogni canzone hai lavorato più del solito?
© Nicholas Fols
In realtà ho buttato via quasi niente, ma ci ho messo tantissimo perché le canzoni hanno richiesto molto lavoro, con tanti dubbi e tante prove. Le idee sono sempre state valide, ma nel momento in cui andavo in una direzione sbagliata, ci siamo fermati, abbiamo fatto dieci passi indietro, abbiamo provato a deviare e abbiamo fatto così. Quindi in realtà le idee sono rimaste originarie, sono state i pilastri di tutto questo progetto, ma ci siamo veramente scervellati: finché ogni pezzo non aveva la forza desiderata, non si usciva dallo studio. Infatti credo che, pur con il bene che mi vogliono, i miei co-autori in qualche momento mi abbiano odiata.
"Ma io sono un fuoco" è anche una risposta a chi pur, sottolineando la tua bravura, ti ha sempre rimproverato un po' di freddezza e distacco?
A essere sincera a questo non ci ho pensato. Con questa cosa in realtà non solo ci ho fatto pace, ma un po' mi piace, perché alla fine ognuno deve fare i conti con se stesso. Io sicuramente ho tumulti interiori molto forti che non mi fanno dormire la notte ed effettivamente io ho questo fuoco dentro come tante persone che risultano introverse all'inizio e che magari sembrano distanti. Sono sempre molto coinvolta dalle situazioni che vivo, però è vero che se mi guardo da fuori posso apparire diversamente. Ma cosa devo dirti? Non mi dispiace neanche tanto, anzi, ci ho fatto pace e mi piace anche!
Quando hai pubblicato "E poi siamo finiti nel vortice" avevi detto che eri arrivata a qualcosa che ti rappresentava veramente. In questo nuovo album sembri ancora più "a fuoco". Hai trovato la tua direzione?
Quello che non è stato facile, ma alla fine è stato anche naturale, è stato conservare quella sensazione di essere a casa ma senza rinunciare a evolversi. Questo è stato più complicato, perché quando trovi un luogo sicuro poi ci vuoi restare. E io voglio continuare a sentirmi a casa però senza fermarsi, senza commettere l'errore di ripetersi. Alla fine, nel mio caso, le canzoni sono lo specchio di quello che vivo, quindi inevitabilmente si devono un po' spostare, cambiano nel momento in cui cresco, passa il tempo. Però devo essere sempre a fuoco e non lasciare quella "casa" che finalmente ho trovato e in cui voglio rimanere.
Come è nato il duetto con Marco Mengoni in "Piazza San Marco"?
La canzone, nella sua forma embrionale, è arrivata un bel po' di tempo fa. Io da subito sapevo che ci volevo sentire Marco. Poi abbiamo continuato a lavorare, ho continuato a scrivere, e al momento giusto l'ho chiamato per dirgli che c'era questo brano che da quando era nato pensavo fosse giusto per lui. "Non ci sono altre strade, quindi adesso ascoltala, te la mando, fammi sapere" gli ho detto. L'ho tenuto al telefono un sacco, abbiamo chiacchierato, abbiamo riso, ci siamo confessati. Dopodiché lui se l'è presa, se l'è ascoltata, se l'è portata a casa sua e poi è tornato e mi ha detto: "Facciamolo".
Il secondo feat è quello di Paolo Santo in "Avvelenata". La particolarità è che, a differenza di quanto accade di solito, le vostre voci sono molto simili, in alcuni passaggi diventa quasi difficile distinguerle. Come mai questa scelta?
© Nicholas Fols
Realizzare una canzone con Paolo (Antonacci - ndr) è stato proprio naturale, perché noi lavoriamo in studio insieme da anni e adesso che lui sta mettendo la sua voce in musica da qualche tempo, secondo me era un passaggio giusto, necessario e anche bello per il rapporto che ci lega. Abbiamo iniziato a scrivere insieme nel 2016, condividiamo le ore in studio, e non solo quelle, da tanto tempo. Questa è una canzone ruvida, perché dice delle cose molto crude, ma le dice quasi con quella che sembra incoscienza anche se non lo è. Il fatto che le nostre voci si amalgamino in questo modo è voluto, proprio perché in realtà siamo due facce della stessa medaglia, in questo pezzo entrambi in qualche modo dichiariamo le nostre fragilità, quelle fragilità che alla fine ci avvicinano anche se inizialmente le nostre possono sembrare posizioni diverse.
Dio, Maria, Gesù, Crocifissa, Santa, poveri Cristi... Nei testi il sacro fa capolino spesso e va a braccetto con il profano del pop. Come mai?
È voluto perché è un po' una riflessione personale, è una cosa che ho sentito. Essere di fronte a tante persone ti pone di fronte al giudizio, e questo giudizio, che è una parola pesante, il giudizio in qualche modo mi ha portato lì, il fatto di essere continuamente sottoposta a normali e quotidiani giudizi, che io credo anche inconsapevolmente da parte di chi giudica possono creare pressione in chi fa il nostro mestiere, e quindi l'ho voluto trasformare in questo modo, ho voluto trasformarlo in realtà con ironia, io penso anche con rispetto. Io non sono una per le divisioni, io sono per l'unione, per me tutti hanno il diritto di pensare quello che ritengono giusto e di fare quello che ritengono giusto, di vivere la vita come vogliono. E a volte mi sembra che la stessa empatia non torni, e quindi ho voluto mettere l'accento su questo, sul fatto che l'empatia è importante, ergersi a giudici è una cosa da fare così alla leggera.
Tu come lo vivi questo atteggiamento di giudizio e come è cambiato il tuo modo di affrontarlo nel corso degli anni?
In realtà lo vivo bene, però mi piace mettere i puntini sulla "I". Perché vedo al di là di noi che facciamo musica e siamo fortunatissimi, vedo tanta insofferenza in giro, la vedo sui social, la vedo incontrando le persone dal vivo, e quindi questa insofferenza. Questo essere così pungenti in modo veloce, a volte anche senza pensare, non mi piace e per questo cerco di comportarmi diversamente. Provo a trasferire questo messaggio di ritorno all'empatia, in questo modo ognuno vive la sua vita e fa quello che può al meglio delle proprie possibilità.
Tra un mese circa inizia il tour, come ti preparando?
Sto preparando! Abbiamo già lavorato sugli arrangiamenti live, la scaletta c'è, stiamo pensando alla messa in scena, c'è già un disegno palco bellissimo che però non possiamo ancora svelare. C'è tanto lavoro dietro, un sacco di gente che si sta sbattendo, io per prima, quindi c'è tanta aspettativa da parte mia, tantissima, e quindi mi auguro che sia ricambiata.
DIPENDE
PIAZZA SAN MARCO feat Marco Mengoni
DELUSA
ESIBIZIONISTA
MASCHIO
AVVELENATA feat Paolo Santo
EMANUELA
CHIODI
IO SONO
AMICA
UNA TIGRE SUL LETTO CONTINUA A PARLARMI
sabato 15 novembre @Jesolo (VE)– Palazzo del Turismo (data zero) SOLD OUT
domenica 16 novembre @Jesolo (VE)– Palazzo del Turismo
martedì 18 novembre @Padova – Kioene Arena
venerdì 21 novembre @Roma – Palazzo dello Sport
Sabato 22 novembre @Roma – Palazzo dello Sport
lunedì 24 novembre @Firenze – Nelson Mandela Forum
venerdì 28 novembre @Milano – Unipol Forum SOLD OUT
sabato 29 novembre @Milano – Unipol Forum SOLD OUT
martedì 2 dicembre @ Eboli (SA) – Palasele
venerdì 5 dicembre @Bari - Palaflorio
sabato 6 dicembre @Bari – PalaFlorio
mercoledì 10 dicembre @Bologna - Unipol Arena
sabato 13 dicembre @Torino – Inalpi Arena SOLD OUT