Diego Abatantuono, le immagini dei suoi ruoli memorabili
© IPA | Grand Hotel Excelsior (1982)
© IPA | Grand Hotel Excelsior (1982)
Dal Derby a Pupi Avati e al sodalizio con Salvatores
Buon Compleanno Diego Abatantuono. Il "terrunciello", cresciuto nella periferia milanese degli immigrati, il Villaggio dei Fiori in Lorenteggio e arrivato a Hollywood, compie 70 anni, ma ammette che invecchiare non gli piace per niente. Al traguardo dei 70 però lui c'è arrivato in maniera davvero "eccezzziunale", citando solo uno dei suoi incredibili successi, quell'"Eccezzziunale... veramente", datato 1982, in cui interpreta tre diversi tifosi sfegatati, il capo degli ultras milanisti, il camionista juventino e l'interista Franco, e che lo consacra, grazie alla sua esplosiva vena comico-surreale, come uno degli attori più amati dal grande pubblico.
© IPA | Grand Hotel Excelsior (1982)
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Prima di allora però quel ragazzo di periferia dai folti capelli e dal sorriso sornione, aveva già fiutato e assaporato il fascino del palcoscenico. Era successo mentre frequentava l'Istituto Tecnico Industriale, grazie a mamma Rosa, che lavorava come guardarobiera nel tempio della comicità milanese, il famoso Derby, di cui erano proprietari gli zii. Di giorno a scuola di sera tecnico delle luci in teatro. E' allora che scatta la scintilla. Nelle notti del Derby, mentre punta le luci sul pubblico e sui comici, che si esibiscono sul palco, incrocia tutta una generazione d'artisti: Massimo Boldi, Mauro Di Francesco, Giorgio Faletti, Ernst Thole, Guido Porcaro, che gli cucirà addosso il suo primo personaggio (l'immigrato meridionale tifoso di calcio) e poi Enzo Jannacci e Beppe Viola con cui formerà anche un gruppo, I Repellenti.
E' qui che Diego diventa il "terrunciello", creandosi un vero e proprio alter ego, l’emigrante di seconda generazione, spavaldo e confusionario, che si destreggia nella Milano bene con un misto di dialetto meridionale e meneghino verace, tra un aperitivo e una battuta irresistibile su calcio e dintorni. "Adottato" da I Gatti di Vicolo Miracoli, che sono prima di tutto amici e poi comici e che lo spingono a debuttare, comincia a viaggiare in tutto il nord Italia e a portare il personaggio dell'immigrato pugliese a Milano, insieme al 'Gruppo Repellente', formato da Massimo Boldi, Giorgio Faletti ed Enzo Jannacci, solo per citarne alcuni.
La fortuna artistica comincia però davvero con un piccolo spettacolo "La tappezzeria" trasmesso dalla sede milanese della Rai e in cui compare insieme a Jannacci nel 1980. Intanto però ha già messo piede nel cinema. Le prime apparizioni ("Liberi, armati e pericolosi" di Romolo Guerrieri e "Saxophone" con Renato Pozzetto) non sono memorabili. Ma la musica cambia quando i fratelli Vanzina lo ingaggiano, insieme agli amici veronesi per "Arrivano i Gatti", sempre nel 1980. Adesso produttori e registi lo notano: Renzo Arbore per "Il Pap'Occhio", Steno per "Fico d'India", Villaggio per "Fantozzi contro tutti". Il vero pigmalione resta però Carlo Vanzina che gli offre un film tutto suo nel 1982: "Eccezzziunale... veramente" è un successo a sorpresa, modellato sui personaggi già collaudati a teatro e cuciti in un piccolo affresco memorabile di "milanesità" importata.
In quello stesso anno sforna ben sette film passando dallo spadone di "Attila" a "Grand Hotel Excelsior": ormai Abatantuono è una garanzia per il produttore (Mario Cecchi Gori) e per i registi della nuova commedia. Quattro anni dopo la svolta: Pupi Avati che da sempre ha il fiuto del talent scout e si diverte a trasformare l'immagine dei suoi attori gli offre un ruolo drammatico in "Regalo di Natale": sarà un successo immediato, confermato dal ritorno, insieme a Cavina e Delle Piane in "La rivincita di Natale" tanti anni dopo, nel 2004.
Ciò che non passa inosservata è la duttilità dell'attore e del personaggio che ha una precisa identità nel mescolare con naturalezza ironia, comicità, serietà drammatica. E la Milano degli "immigrati" di seconda generazione lo porta quasi naturalmente al Teatro dell'Elfo fondato e diretto da Gabriele Salvatores. I due si piacciono subito nonostante la diversa formazione e la dimensione intellettuale del regista delle "persone in fuga". Sta di fatto che Salvatores chiama Diego già al suo esordio, nel 1987, per "Kamikazen" e poi ne fa un personaggio-simbolo per la trilogia che lo consacra: "Marrakesh Express", "Turné", "Mediterraneo" con cui nel 1992 arriverà fino alla magica notte degli Oscar in cui il film vince a sorpresa la statuetta per il miglior film straniero. Con Salvatores il sodalizio dura senza incrinature: fondano insieme a Maurizio Totti la loro società di produzione, la Colorado Film che produrrà anche un fortunato spettacolo televisivo ("Colorado Cafè"), girano film drammatici e intensi come "Nirvana" e "Io non ho paura", diventano perfino quasi parenti quando Abatantuono sposa la ex compagna di Gabriele. Intanto la carriera prosegue a gonfie vele con le commedie popolari (Vanzina, Veronesi, Oldoini), i film più impegnati (memorabile "Il toro" di Carlo Mazzacurati), il sodalizio con Pupi Avati (cinque film insieme, mentre con Salvatores ne ha girati nove a tutt'oggi). Si diradano invece le apparizioni da comico puro per il piccolo schermo. "Non rifarei mai il cabaret di una volta: sarebbe penoso. Preferisco il ruolo di maestro di cerimonia. Se hai sempre fatto il comico, ed entri in un ruolo drammatico aspetti cosa fa il pubblico: se piange, invece di ridere, ce l'hai fatta. Oggi in tv ci vado a raccontare un film o a parlare di qualcosa che mi diverte come il calcio. Per il resto, la mia mossa alla partita a scacchi della vita è la coerenza".
E' stato tre volte vincitore del Nastro d'argento come attore protagonista e non protagonista ed è stato premiato nel 2021 con il David di Donatello alla carriera.