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I 70 anni di Gabriele Salvatores: dalle commedie cult alla fantascienza, una carriera sempre alla ricerca della novità

Il regista, che nel 1992 ha vinto lʼOscar per il miglior film straniero con "Mediterraneo", ha firmato una serie di opere diventate cult

E' uno dei registi italiani più importanti degli ultimi 30 anni e al tempo stesso uno dei più eclettici. Gabriele Salvatores compie 70 anni. Dalla commedia alla fantascienza passando per il cyberpunk, il noir e il dramma, il regista napoletano, ma milanese d'adozione, ha segnato il cinema italiano con film come "Mediterraneo" (che vinse l'Oscar), "Io non ho paura", "Marrakech Express", "Puerto Escondido" e "Il ragazzo invisibile

I 70 anni di Gabriele Salvatores: le foto della carriera e dei suoi film

 

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Nato artisticamente sui palcoscenico milanese del teatro dell'Elfo, da lui fondato insieme a Ferdinando Bruni,, Salvatores è passato alla regia cinematografica proprio portando sul grande schermo, nel 1983, uno degli spettacoli più celebri di quella compagnia, "Sogno di una notte d'estate", esattamente come il successivo "Kamikazen - Ultima notte a Milano" (1987) prendeva spunto da "Comedians". Un film corale in cui trovano spazio moltissimi esponenti della scena milanese di quegli anni che poi sarebbero diventato volti notissimi: Aldo Baglio, Giovanni Storti, Claudio Bisio, Antonio Catania, Silvio Orlando, Paolo Rossi, Renato Sarti, Bebo Storti, Gigio Alberti, David Riondino e Lucia Vasini.

 

Abbandonato il teatro la popolarità di Salvatores si impenna nel 1989 grazie a "Marrakech Express", primo di una serie di film "on the road", dove il tema del viaggio è il fuoco narrativo, che lo traghetteranno fino a metà anni 90. La commedia diventa un vero e proprio cult e cementa un gruppo di lavoro che tornerà in altre opere del regista: da Diego Abatantuono a Fabrizio Bentivoglio, da Giuseppe Cederna a Gigio Alberti. Seguono nel 1990 "Turnè" e poi nel 1991 "Mediterraneo", che conquista l'Oscar come miglior film straniero. Da quel momento la voglia di sperimentare di Salvatores trova ampi spazi di manovra: dal cyberpunk di "Nirvana" (accompagnato dall'uscita di un videogioco), al disturbante "Denti" (2000), tra horror e noir grottesco, tratto da un romanzo di Domenico Starnone, per arrivare alla  di "Amnesia", film diviso in due parti speculari con lo stravolgimento della struttura narrativa.

 

Nel 2003 torna a una forma più tradizionale di cinema appoggiandosi sul romanzo di Niccolò Ammaniti "Io non ho paura" per un thriller drammatico di grande successo che gli vale anche due David di Donatello, tre Nastri d'argento più una nomination al Festival del cinema di Berlino e una agli Oscar. Il noir sembra per lui un genere da esplorare così come la connessione tra letteratura e cinema, tanto che seguono "Quo Vadis, baby?" (2005) da un libro di Grazia Verasani e "Come Dio comanda" (2008) da un altro romanzo di Ammaniti. 

 

Lo slalom tra i generi riparte con "Happy Family", una commedia surreale, che precede il duro "Educazione siberiana" tratto da un libro di Nicolai Lilin. Nel 2014 è la volta de "Il ragazzo invisibile", un film di fantascienza supereroistica, anomalo per la scena italiana, che viene baciato da un successo tale da richiederne un sequel quattro anni più tardi, "Il ragazzo invisibile - Seconda generazione". Di tutt'altro genere l'ultimo lavoro, presentato alla Mostra del cinema di Venezia del 2019, "Tutto il mio folle amore", che racconta la storia vera di un padre e del suo figlio autistico in viaggio in moto in Sud America.     

 

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