I titoli “tecnici” offrono le migliori prospettive di lavoro all’estero. Nel caso di quelli dell’area informatica si supera il 10% dei laureati occupati fuori dall’Italia già cinque anni dopo il titolo
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Si parla spesso di “cervelli in fuga” e di laureati che, dopo tanta fatica, vanno a lavorare all’estero. Ma quanti sono e soprattutto quali sono le lauree dei nostri che vanno per la maggiore fuori dai nostri confini?
Un titolo in Informatica e ICT si conferma, ad esempio, come una delle scelte oggi più concrete per chi desidera fare esperienza lavorativa fuori dai confini nazionali.
I dati dell’indagine Almalaurea 2025, che ha analizzato le prospettive occupazionali all’estero per i laureati italiani a uno e cinque anni dal conseguimento del titolo, parlano chiaro: se a un anno dalla laurea, il 6,4% dei “dottori” in queste discipline si ritrova a lavorare fuori Italia, cinque anni dopo la percentuale sale notevolmente, raggiungendo il 12,5%.
Un numero che, come evidenziato da un’analisi del report effettuata dal portale Skuola.net, conferma la solidità del settore in termini occupazionali e le ampie possibilità di carriera per chi intraprende questa strada.
Ma - notizia forse meno buona - questo passaggio del rapporto segnala come, alla storica mobilità lavorativa da Sud a Nord - che ancora oggi caratterizza il nostro Paese - si affianca, ormai da diverso tempo, quella verso i Paesi esteri, che costituiscono un obiettivo al quale guarda un numero consistente di laureati, non solo per lo studio ma anche come possibile meta lavorativa, in virtù delle migliori condizioni offerte generalmente negli altri Paesi.
La metà dei laureati è pronta a salutare l'Italia
Attualmente, infatti, il 45,4% dei laureati si dichiara disposto a trasferirsi all’estero per lavoro, un dato che però segna una diminuzione di 3,4 punti percentuali rispetto al 2014, quando la percentuale era del 48,8%. Tra i laureati magistrali a ciclo unico, inoltre, la differenza è ancora più significativa, con una flessione di ben 10,9 punti percentuali: dopo aver superato il 50% nel 2015, la disponibilità a lavorare all’estero è diminuita negli anni, con un calo particolarmente evidente tra il 2020 e il 2023. Tuttavia, nel 2024 si è registrata una lieve ripresa.
Molto dipende, però, non solo dalla volontà del singolo di “fare i bagagli”, ma anche dal ritorno - in termini occupazionali - su cui può contare un laureato di oggi. E, in questo senso, non tutte le facoltà riescono a offrire le stesse chance lavorative all’estero.
I titoli tecnici spingono alla partenza
Alcune, come visto, si distinguono per una naturale propensione internazionale. Tra queste, oltre a quelle in Informatica, spiccano quelle che offrono lauree in ambito Scientifico e Linguistico che, già a un anno dal conseguimento del titolo, vedono rispettivamente l’8,6% e l’8,5% dei laureati lavorare all’estero, ben oltre la media nazionale che si attesta al 4,5%.
A seguire, i settori Politico-Sociale e Comunicazione e Informatica e ICT, che nello stesso arco di tempo registrano rispettivamente il 6,8% e il 6,4% dei laureati orientarsi verso l'estero.
Anche Ingegneria industriale e dell’informazione, con il 5,8% di occupati all’estero, si difende bene, con un buon numero di laureati che sceglie di partire, nonostante le ampie possibilità interne in questo campo.
I laureati che faticano a trovare lavoro all'estero
Al contrario, alcune aree faticano a “esportare” i loro laureati. Parliamo, ad esempio, dell’ambito Psicologico 3,4% e delle Scienze Motorie e Sportive (1,7%). Ma anche del Giuridico (1,8%), che tende a concentrarsi maggiormente sul mercato interno, probabilmente a causa delle differenze normative tra i vari Paesi.
Possibilità ridotte all’osso anche per i laureati del settore Medico e Farmaceutico (1,2%) e in quello di Scienze Educazione e Formazione (0,9%).
Nel lungo periodo il quadro è ancora più chiaro
Il quadro cambia ulteriormente se si guarda alle prospettive lavorative a lungo termine, a 5 anni dal titolo di laurea. In questo caso, infatti, si impongono in modo assoluto Informatica e Tecnologie ICT, che vedono la percentuale di studenti all’estero salire al 12,5%.
Un aumento segnalato anche dagli altri settori presenti sul podio: Scientifico (10%) e Politico-Comunicazione (8,8%). A sorpresa, poi, l’Ingegneria industriale - con circa l’8,6% - scalza l’ambito Linguistico, fermo all’8,2%.
Le lauree meno performanti a un anno dal titolo, invece, si confermano tali anche dopo cinque anni. I settori Giuridico (2,6%), Psicologico (2,3%) e Scienze motorie e sportive (2,3%) restano al palo, con numeri ridottissimi per quanto riguarda l'internazionalizzazione, principalmente a causa di una domanda meno omogenea nelle nazioni estere.
Chiudono, però, la classifica di lungo periodo il settore Medico-Sanitario e Farmaceutico (2,2%) e Educazione e Formazione (0,8%), che si mostrano come gli ambiti meno propensi a portare i laureati all'estero, sebbene siano comunque settori in cui esistano opportunità specifiche, ma spesso con barriere più alte legate alle regolamentazioni professionali delle singole nazioni.
Alla fine, dunque, non è un caso che i laureati più inclini a cercare lavoro all’estero provengano dai settori con le migliori opportunità internazionali. In cima alla lista, troviamo Linguistico (56,8%) e Informatica e Tecnologie ICT (53,6%), seguiti da Politico-Sociale e Comunicazione e Ingegneria Industriale e dell’Informazione (rispettivamente 52,3% e 52,2%).