intervista a tutto tondo

Flavio Briatore: "L’Italia non mi merita e non è un Paese per giovani. A mio figlio passo 500 euro di paghetta"

Dall’infanzia a Montaldo di Mondovì alla Formula 1, dagli affari in giro per il mondo alla sua idea di business. L'imprenditore si racconta tra successi, delusioni e frecciate a una nazione che, dice, "non ha saputo valorizzarmi"

01 Giu 2025 - 11:03
 © Ansa

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Un’infanzia tra i banchi di scuola di mamma e papà, un’intraprendenza precoce da piccolo bookmaker e una carriera che, tra successi e cadute, lo ha portato ai vertici della Formula 1 e della ristorazione mondiale. Flavio Briatore, oggi Goodwill Ambassador del Principato di Monaco, si racconta al Corriere della Sera senza reticenze e senza sconti, né per sé né per l’Italia: "Non mi ha mai aiutato. Non si merita che ci viva".

A proposito della sua infanzia, Briatore non nasconde un certo distacco emotivo: "Non ho ricordi particolari. Vivevo in un paese piccolissimo, Montaldo di Mondovì. Non c’era niente, solo neve a catinelle". I genitori, entrambi insegnanti, lo ebbero in classe: "Con mia madre tutto bene. Mio padre invece mi bocciò. Forse per dare il buon esempio". Ma la vera svolta arriva poco dopo il diploma da geometra: "Il regalo più grande che ho fatto ai miei genitori è stata l’indipendenza".

Il carattere si forma anche attraverso gli errori e Briatore lo ammette: "Gli errori sono una costante. Il segreto è correggere subito il tiro". Lo stesso approccio adottato nelle sue scelte da manager, come quando puntò su Fernando Alonso al posto dell’esperto Jenson Button: "Mi diedero tutti contro, ma alla fine avevo ragione io. Un manager, quando prende decisioni importanti, è sempre solo".

Sulla residenza fiscale a Monaco non si nasconde: "Non vivo qui per non pagare le tasse. Vivo qui perché ci faccio business. Come a Dubai, Riad e in Spagna. E anche in Italia abbiamo investito". Ma è sull’Italia che non fa sconti: "Non mi ha mai aiutato, veda il caso Force Blue. È un Paese di Gattopardi: vogliamo che cambi tutto perché resti tutto uguale". Proprio lo yacht Force Blue, sequestrato e venduto all’asta durante la pandemia, è una ferita ancora aperta: "L’asta fu fatta due settimane prima dell’assoluzione in Cassazione. Ma meglio l’abbia comprato un amico come Ecclestone".

L’amarezza torna anche parlando della Sardegna: "Il mio amore per quella terra non è stato ricambiato. Il Billionaire ha dato lavoro, creato indotto, eppure è stato osteggiato. Ho venduto i muri, non il marchio. Quello resta mio". In compenso, il Principato di Monaco lo ha riconosciuto con il titolo di Goodwill Ambassador: "Una sorpresa, perché la gratitudine è rara. A Monaco ho quasi 200 dipendenti. In Italia, solo critiche".

Sul piano imprenditoriale, Crazy Pizza è il marchio in maggiore espansione: "Ne abbiamo 30, vogliamo arrivare a 50. La mia preferita? La Margherita. Semplice, con mozzarella di bufala. Costa 18 euro. Ma io non vendo pizze, vendo esperienze".

Ha ceduto Twiga al gruppo Del Vecchio: "Ho scelto loro perché garantivano l’occupazione dei ragazzi. E io dovevo tornare in pista". Il titolo che ricorda con più emozione è il primo, nel 1994, con Schumacher: "Mi ripetevo: cazzo, hai vinto il Mondiale di Formula 1...". Su Schumacher oggi dice: "Non sono andato a trovarlo. Lo ricordo sorridente, non disteso su un letto".

Il rapporto con Elisabetta Gregoraci, madre di suo figlio Falco, è rimasto solido: "Siamo stati bravi a mettere lui al primo posto. Non saremo più una coppia, ma restiamo i suoi genitori". Falco, oggi in una boarding school svizzera, riceve una paghetta da 500 euro: "È difficile non viziarlo. Ma va bene a scuola, parla quattro lingue e conosce tutti i dipendenti dei nostri ristoranti".

Sulla politica italiana e i media, il giudizio è tagliente: "Nei tg e nei giornali le prime 5 pagine sono solo litigi. Nessuno pensa ai giovani. L’Italia ha un grande potenziale, ma una politica non all’altezza". E su chi lo critica è lapidario: "Penso sempre che sia più sfigato di me. I soldi ti danno una grande libertà".

Alla fine, guardandosi indietro, non ha rimpianti: "Tutto è servito a scrivere la mia storia". Neppure la condanna per truffa da giovane: "Ci fu l’amnistia, rimborsai tutti".

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