Il presidente Usa protesta contro la foto di Time e riaccende la tensione con la stampa americana. Dalla CNN al New York Times, tutti i fronti della lunga guerra mediatica tra Trump e i media
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Il nuovo scontro tra Donald Trump e la rivista Time riporta in primo piano la sua storica battaglia contro la stampa americana. Dopo la copertina intitolata "His Triumph", dedicata al suo presunto successo nell'accordo di Gaza, il presidente Usa ha criticato duramente la fotografia scelta, accusando la redazione di averlo ritratto in modo poco lusinghiero: "Mi hanno fatto scomparire i capelli", ha scritto su Truth Social. Ma dietro l'ironia si cela un conflitto più profondo che da anni segna il rapporto tra Trump e i media statunitensi, spesso caratterizzato da accuse reciproche di manipolazione e parzialità.
Il settimanale Time ha dedicato la prima pagina all'accordo diplomatico su Gaza, descrivendo Trump come protagonista del negoziato. Tuttavia, l'immagine scelta - un primo piano del presidente ripreso dal basso - ha suscitato l'ira del tycoon.
"La rivista Time ha scritto un articolo relativamente bello su di me, ma la foto potrebbe essere la peggiore di tutti i tempi", ha commentato sul suo social. Trump ha ironizzato sul fatto che l’inquadratura "gli avrebbe fatto scomparire i capelli" e "fatto sembrare che avesse una piccola corona sopra la testa", un riferimento polemico più alla resa visiva dello scatto che a un elemento realmente presente. L'osservazione è stata interpretata da molti come una scelta ironica sulle manie di grandezza che lo stesso Trump ha spesso alimentato, anche attraverso meme e immagini autocelebrative pubblicate su Truth Social — da quelle che lo ritraggono come papa a quelle in cui appare come Jedi o supereroe. Da parte sua, Time non ha replicato ufficialmente, limitandosi a pubblicare la copertina accompagnata dal titolo "His Triumph" (il suo trionfo, giocando con l'assonanza del cognome Trump).
Il contrasto con Time è solo l'ultimo episodio di una serie di scontri che oppongono Trump a gran parte della stampa americana. Fin dai primi mesi della sua presidenza, il leader repubblicano ha etichettato numerose testate come "fake news", accusandole di diffondere informazioni distorte.
Le sue critiche si sono concentrate soprattutto su CNN, The New York Times, The Washington Post e NBC, considerate da Trump strumenti di propaganda dei suoi avversari politici. Nel 2018, durante un comizio in Florida, aveva definito i media "il nemico del popolo americano", espressione che suscitò forti reazioni da parte delle associazioni di giornalisti e delle principali redazioni del Paese.
Negli anni, la tensione è cresciuta anche a causa di episodi concreti. In più di un'occasione, la Casa Bianca ha revocato temporaneamente l'accredito a giornalisti ritenuti "ostili", come nel caso di Jim Acosta della CNN nel 2018, poi reintegrato dopo una decisione giudiziaria.
Parallelamente, Trump ha denunciato presunte censure nei confronti dei suoi post sui social network, in particolare su Twitter (ora X), accusando le piattaforme di limitare la libertà di espressione dei conservatori. Alcune sue cause per diffamazione contro testate come il New York Times e la CNN sono ancora in corso, ma la maggior parte è stata archiviata dai tribunali.
Di fronte alla sfiducia verso i media tradizionali, Trump ha costruito una strategia comunicativa diretta, basata sull'uso intensivo dei social. Dopo il bando da Twitter nel 2021, ha lanciato Truth Social, piattaforma che oggi utilizza come principale canale di comunicazione.
Attraverso questo strumento, pubblica annunci, commenti politici e repliche ai giornalisti, consolidando un rapporto diretto con la propria base elettorale. Il linguaggio è spesso polemico ma immediato, studiato per bypassare l'intermediazione dei media e rafforzare la narrazione di "presidente contro il sistema".
Il conflitto tra Trump e la stampa ha avuto un impatto profondo sull'opinione pubblica americana. Se da un lato molti media hanno contribuito a documentare le controversie del suo mandato, dall'altro la costante attenzione riservata al personaggio ha alimentato la sua popolarità.
Secondo gli analisti, la figura di Trump è diventata parte di un ecosistema mediatico polarizzato, dove la copertura giornalistica — positiva o negativa — finisce comunque per rafforzarne la visibilità. La recente polemica con Time non fa eccezione: un nuovo capitolo in una relazione complessa, fatta di accuse, risposte e strategie mediatiche che continuano a intrecciarsi.