Vance cavalca la polemica anti-Dem

Trump sposa lo spot di Sidney Sweeney: il meme è virale

Il Presidente degli Stati Uniti difende l'attrice dopo il discusso spot per American Eagle, mentre il suo vice Vance gongola sicuro che le polemiche faranno solo male all'ala progressista

di Manuel Santangelo
04 Ago 2025 - 20:09
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Nonostante i dazi arrivati al 15% gli Stati Uniti non si stancano di importare il meglio del made in Italy. Ecco quindi che, dopo il vino e il parmigiano, dopo la mozzarella di bufala, hanno deciso di portarsi in casa un nostro grande e immarcescibile classico: la polemica. Meglio ancora, hanno deciso di prendere una versione più esotica di questa nostra grande specialità: la polemica sui jeans, anzi sulla pubblicità dei jeans. Noi infatti discutevamo delle pubblicità di questo tipo di pantaloni, che già nel nome tradiscono legami con Genova, addirittura negli anni Settanta. Per commentare da par suo la campagna orchestrata dal grande Oliviero Toscani per i jeans Jesus venne scomodato addirittura Pier Paolo Pasolini, che regalò un'analisi socio-politica ben più pregante di quella che troverete qui e probabilmente anche altrove. In quel caso a far discutere fu soprattutto quello slogan, "chi mi ama mi segua", che a oggi appare quasi più blasfemo e meno innocuo del "Sydney Sweeney ha buoni geni" su cui si accapiglia da giorni l'America (e non solo).

Tutta colpa di "nu jeans e na maglietta"

  La vicenda è nota. Sydney Sweeney da Spokane, Washinghton, decide di mettere a disposizione il suo corpo da pin-up americana per una campagna del marchio di jeans American Eagle, facendo schizzare in alto le azioni della morente compagnia e le polemiche sui social. Oggetto del contendere, quello che la conturbante star lanciata da C'era una volta a Hollywood dice nella campagna, strizzata in un completo di jeans con una voce sensuale da ASMR: "Genes are passed down from parents to offspring, often determining traits like hair color, personality, and even eye color. My jeans are blue". Lo abbiamo scritto in inglese per farvi ammirare meglio il gioco di parole, nemmeno troppo originale, tra "genes" (geni) e "jeans". Un'associazione che ha fatto finire nella bufera la campagna, tacciata di essere razzista e di strizzare l'occhio all'eugenetica tanto cara ai nazisti soprattutto sui social media. Una levata di scudi virtuale che in realtà ha esaltato il mondo conservatore, americano e non, ben conscio di come certe polemiche finiscano per fare il gioco di chi sostiene che "non si possa più dire niente".

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Le parole del vice di Trump

  Se potessero in questi giorni i trumpiani di tutto il mondo abbatterebbero la Statua della Libertà per ricostruirla con le conturbanti fattezze di Sydney Sweeney. La diva è diventata la musa dei repubblicani, finendo per venire difesa da tutto l'universo MAGA (e da tutte le galassie a esso correlate). Il primo a esprimersi sull'argomento, anche per saggiare il terreno per il capo, è stato il vice-presidente statunitense JD Vance. L'ex scrittore di bestseller è intervenuto nel podcast conservatore Ruthless incitando l'ala democratica del Paese a continuare ad attizzare il fuoco, facendo così involontariamente il gioco di chi è convinto ormai della dittatura del politicamente corretto: "Il mio consiglio politico ai Democratici è di continuare a dare del nazista a chiunque pensi che Sydney Sweeney sia attraente. D'altronde questa sembra essere la loro vera strategia per vincere le elezioni di mid-term". Per Vance le reazioni indignate agli spot American Eagle non sono altro che la prova di come "molti Democratici siano orientati verso l'ostilità nei confronti del vero stile di vita americano. Quindi, se vedono una bella ragazza che fa una pubblicità di jeans, non possono fare a meno di dare di matto".

Il meme di Trump Jr e Donald come Sydney

  In realtà, furbescamente, nessun politico democratico di spicco si è espresso finora sui jeans della discordia. Le voci che provengono dai social arrivano più che altro da isolati sostenitori dell'area progressista, che comunque attraverso i loro messaggi su internet hanno creato una corrente di pensiero quantomeno polarizzante. Proprio su X, il secondo social mainstream più amato dai repubblicani MAGA dopo il trumpiano Truth, si è espresso  il portavoce della Casa Bianca, Steven Cheung, postando parole in linea con quelle di Vance: "Questo pensiero progressista distorto, idiota e ottuso è una delle ragioni principali per cui gli americani hanno votato in quel modo nel 2024. Sono stanchi di queste stronzate". Un pensiero forte che come tutte le opinioni nette possono essere meglio espresse attraverso un'immagine d'impatto, in grado di essere in qualche modo condivisa e rielaborata nel grande frullatore rappresentato dall'internet. Ecco quindi che la già celebre foto di Sydney Sweeney fasciata di blue jeans viene replicata e distorta, fino ad assurgere al ruolo di meme per arrivare davvero a tutti, anche a chi non leggerebbe mai un articolo sul New York Times per capire da che parte schierarsi nella controversia. La satira perfetta, la presa in giro che però finirà solo per far bene a te, ecco quindi che arriva nientemeno che da Donald Trump Jr, rampollo di cui è pleonastico anche solo ricordare i natali. "Donaldino" sceglie Instagram per far sentire la sua voce, supportando il padre con una foto generata dall'intelligenza artificiale che mostra il presidente degli Stati Uniti con la medesima posa e il medesimo outfit dell'altrettanto bionda Sydney. Per evitare poi che possano esserci fraintendimenti, Trump Jr allega quindi alla sua creazione (featuring AI) la seguente didascalia: "Donald is so hot right now!!!" (Donald in questo momento è davvero figo!!!). Un messaggio che era anche una call to action al babbo, che a quel punto non poteva più esimersi dall'entrare in prima persona nell'agone della polemica pubblica. 

Trump ama Sydney, almeno finché lei ama lui

  A incalzare l'inquilino della Casa Bianca sulla questione ci ha pensato un giornalista, dopo avergli rivelato l'affiliazione politica della star di Euphoria. Il commento di Trump a quel punto è stato abbastanza netto e senza troppe sfumature, come nel suo stile: "Se Sydney Sweeney è registrata come repubblicana, penso che il suo annuncio sia fantastico". Un'idea confermata meno di ventiquattr'ore dopo in un messaggio altrettanto entusiasta su Truth: "Sydney Sweeney, una repubblicana registrata, ha la pubblicità 'PIÙ HOT' in circolazione. È per American Eagle, e i lori jeans 'stanno andando a ruba'. Vai a prenderli, Sydney!". Trump ha poi preso la palla al balzo per ridicolizzare tutti quei brand e quelle personalità che hanno perso seguito dopo aver sposato istanze percepite come "woke", come Bud Lite, Jaguar e Taylor Swift: "La tendenza è decisamente cambiata: essere WOKE è da perdenti, essere repubblicani è ciò che si vuole essere. Grazie per l'attenzione!". 

La mannaia woke sulla pubblicità

  In quello che dice il Presidente c'è, dati alla mano, del vero: mentre la discussa campagna di American Eagle ha rialzato un marchio ormai sommerso dai debiti e condannato all'irrilevanza, facendolo conoscere anche da noi, tante pubblicità percepite come "woke" hanno eroso quote di mercato, dimostrandosi un vero boomerang quantomeno per il mercato americano.  Come fa notare il Guardian,  il risultato in termini di vendite portato a casa da American Eagle è diametralmente opposto a quello raggiunto per esempio dalla pubblicità della Bud Light del 2023 con protagonista l'attivista e influencer transgender Dylan Mulvaney . Ai tempi le polemiche non si esaurirono infatti in uno sterile chiacchiericcio sul web, portando a un vero e proprio boicottaggio contro la Bud Light organizzato dai conservatori. Alla fine le vendite scesero così tanto da far perdere la posizione di player dominante nel settore all'azienda, che si ritrovò a dover fare marcia indietro pubblicamente scaricando l'idea della campagna con Mulvaney su un'azienda esterna.

Sydney Sweeney musa dei repubblicani?

 Sydney Sweeney fino ad ora non era mai stata percepita come un'artista schierata, arrivando a conoscere il grande successo con una serie (Euphoria) dove tra le protagoniste trovava posto una attrice transgender. Eppure, scorrendo la sua filmografia, si trovavano anche ruoli più "classici", come quello di tradizionale fidanzata d'America da conquistare in una commedia romantica, film percepiti come "da repubblicani". A corroborare l'ipotesi di una Sweeney musa della destra americana però, negli ultimi giorni, sono arrivate soprattutto informazioni emerse scavando nella vita privata della diva. Prima di tutto, la star di Tutti tranne te sarebbe registrata nelle liste dei repubblicani della Florida, dove risiede da quando ha lasciato la sua famiglia, invero molto legata ai cliché americani. Da suo fratello Trent, che nel 2020 ha seguito e completato l'addestramento militare entrando a far parte dell'Aeronautica Militare degli Stati Uniti, a suo padre (che "vive in un ranch in Messico e non ha internet né linea telefonica"): la famiglia di Sweeney sembra lontana da quella Hollywood a trazione democratica dove la stessa Sydney ha ammesso di sentirsi poco a suo agio. C'è poi chi ha ricordato il caso della maglia "blue lives matter", apparsa durante la festa per i sessant'anni di sua madre assieme a dei cappellini che riportavano la frase: "Make Sixty Great Again" (un chiaro riferimento allo slogan storico del presidente Donald Trump). In quel caso Sweeney aveva abbozzato, smarcandosi dalle polemiche con un lungo tweet: "Ragazzi, questa è una follia. Un'innocente celebrazione per il 60° compleanno di mia madre si è trasformata in un'assurda dichiarazione politica, che non era nelle mie intenzioni. Per favore, smettetela di fare supposizioni. Con affetto a tutti e buon compleanno, mamma!". 

Niente di nuovo sotto i jeans

 Ciò che sorprende in tutta questa polemica è che non solo è importata (da noi) ma è anche in qualche modo riciclata. Già negli anni Ottanta, una Brooke Shields minorenne fece infatti scalpore nel ruolo di testimonial di Calvin Klein in uno spot che recitava "The secret of life lies hidden in the genetic code". Più o meno lo stesso concetto alla base della campagna di American Eagle, anche se al tempo a far discutere fu più la frase che la giovanissima modella si trovò a recitare mentre provava faticosamente a infilarsi i pantaloni: "Volete sapere cosa c'è tra me e i miei 'Calvin'? Nulla". Uno slogan che fece la storia ma che mise anche in difficoltà Shields, che soffrì molto per essere stata ampiamente sessualizzata a causa dello spot (ne parlò in un documentario). Insomma, siamo di fronte all'ennesima polemica forse sterile, che potrebbe esaurirsi in pochi giorni o restare nell'immaginario collettivo per sempre. I jeans fanno discutere, negli anni Settanta come oggi. A cambiare sono solo gli scrittori che si occupano di commentare certe questioni: dove ieri pontificava Pier Paolo Pasolini oggi c'è JD Vance e, con buona pace di un grande libro come Elegia Americana, forse si stava meglio nell'Italia d'allora rispetto agli Stati Uniti di oggi

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