Il 34enne ha rivelato un grande talento comunicativo, al punto da battere un avversario compagno di partito ma sponsorizzato da Trump e repubblicani. Il suo stile diretto e la favola dell'immigrato che ce l'ha fatta ne hanno confezionato la vittoria. Anche andando contro la linea generale dei Democratici
di Maurizio Perriello© Da video
Un vecchio saggio diceva che tutto in America è pubblicità. La storica elezione di Zohran Mamdani a sindaco di New York conferma il teorema, ma lo proietta nel futuro della politica statunitense e, chissà, mondiale. Non c'è trucco e non c'è inganno: ciò che si vede è. Il 34enne musulmano immigrato dall'Uganda a 7 anni ha lavorato duramente per mesi per far coincidere la sua immagine privata con quella pubblica. I video diffusi fin dalla campagna (stravinta) per le primarie del Partito Democratico sono un album biografico che immortala Mamdani che mangia street food, che fa la spesa nei minimarket, che viaggia in metropolitana, che va in bici, che tifa allo stadio, che parla da pari a pari con tutti. E che modifica l'accento a seconda dell'interlocutore, senza scadere nel ridicolo. Ma, soprattutto, che sorride. Marcando la prima decisiva differenza con gli oppositori, e facendone uno dei segreti del suo successo: nessuna ricerca dello scontro, nessuna espressione di rabbia, piuttosto tanta ironia. "Until it's done", ha scritto in epigrafe a ogni suo video fino all'elezione. Segno tangibile di una determinazione e di uno stile pop che hanno fatto la differenza, assieme al prezioso supporto offerto dalla moglie Rama Duwaji.
Le ideologie non attecchiscono più tra i giovani, quello di oggi non è un mondo per boomer. Mamdani ha avuto la grande capacità di comprendere questa verità e di intercettare il corso post-ideologico delle nuove generazioni, in una New York che (come Los Angeles) sfugge volutamente al canone tradizionalista e nazionalista dell'America profonda (quella dei pick-up e di "in God we trust") rappresentata da Donald Trump. Anche lui newyorkese, magnate e oligarca per giunta, ma che ha scelto di cavalcare l'opposto e ben più diffuso sentimento popolare che vuole gli Usa ancora potenti e violenti. In questo senso Mamdani si è imposto come una sorta di contraltare mediatico ai giovani della nuova destra americana, primo fra tutti Charlie Kirk. A differenza di quest'ultimo, però, puntando su un dialogo non volto a sovrastare l'interlocutore, ma orientato all'ascolto. Lo stesso defunto attivista di destra, nell'ultima intervista della sua vita rilasciata al giornalista Tucker Carson, aveva paragonato il successo di Mamadani a quello di Trump per la capacità di agganciare i giovani elettori.
Soltanto a inizio anno, il livello di consenso per Mamdani era fermo all'1%. In meno di un anno ha superato il 50%. Una scalata mai vista, che tuttavia si spiega con un mix di fattori: una campagna che parla la lingua dei giovani, un'attenzione totale ai problemi concreti della comunità, e un atteggiamento affabile e rassicurante. Tutto calcolato, ovviamente. Tanto che il 34enne deputato statale di New York è riuscito a sconfiggere l'ex governatore Andrew Cuomo, del suo stesso partito ma sponsorizzato (e finanziato) dai repubblicani di Trump proprio per scongiurare una vittoria del "comunista immigrato". Già alle primarie dem Mamdani aveva sbaragliato il ben più accreditato sfidante, espressione della vecchia politica e "impresentabile" (diremmo in Italia) perché accusato di molestie sessuali e di falsificazione dei dati sul Covid.
Mamdani è sceso in campo convinto, dunque, di non dover fare ideologia. Basta discorsi vuoti su democrazia, pericolo autocratico e massimi sistemi politologici. Mamdani ha scelto di parlare sempre e solo del tema più concreto per i newyorkesi: i soldi. Quando si fa riprendere mentre mangia cibo halal d'asporto dai camioncini, lo fa perché sa che lo street food nella Grande Mela ha raggiunto prezzi da capogiro. Così facendo, parla della base della dieta e della vita sociale dei giovanissimi della metropoli. Senza fare monologhi, ma intervistando lui stesso i gestori dei food truck, facendo dire direttamente a loro che pagano oltre 20mila dollari l'anno per la licenza. Denunciando come Trump gli sprechi di risorse pubbliche, ma senza proclami e attraverso una vetrina estremamente trasparente. Perché sono stati gli stessi intervistati a dire che i pagamenti per le licenze non finiscono nelle casse del municipio, e dunque non finanziano i servizi pubblici: vanno ai proprietari delle licenze, che le hanno acquistate anni fa quando il prezzo era inferiore e che ora la subaffittano speculandoci sopra.
Nel comizio di celebrazione della vittoria, Zohran (come chiede di farsi chiamare anche in contesti ufficiali) ha fatto recitare dal pubblico festante i punti del suo programma politico. "Renderemo i trasporti...", e l'audience all'unisono: "...gratuiti!". "Renderemo accessibile a tutti la...", e tutti: "...assistenza sanitaria!". E così via. Niente voli pindarici: il programma di Mamdani è rimasto lo stesso dall'inizio alla fine della sua campagna elettorale, e anche oltre. Ha promesso di rendere gratuiti anche asili nido e scuole per l'infanzia per i residenti di New York. Ha promesso di aumentare il salario minimo a 30 dollari l'ora. Ha promesso che la città si riempirà di supermercati gestiti dal Comune in cui si potranno acquistare beni essenziali a prezzi molto bassi. Ha promesso di aumentare le tasse ai super ricchi, che in città non mancano. Ha promesso di bloccare l'aumento degli affitti e di investire nella costruzione di oltre 200mila appartamenti a prezzi calmierati. In quest'ultimo caso andando anche contro la linea generale del suo partito, restio a intraprendere qualsiasi progetto di sviluppo immobiliare.
Sguardo fisso in camera, montaggio serrato e sorriso eterno. I video pubblicati da Mamdani sui suoi profili social, oltre che dalla sua campagna elettorale, sono da manuale dei più moderni content creator. Se si scorre la timeline di Instagram, ad esempio, si conta un numero impressionante di video e di immagini dallo stile sobrio e dalla fotografia da cinema indipendente. Come lo stile dei manifesti elettorali, con font e colori come quelli della scritta gigante "Zohran for New York City", volutamente richiamanti un gusto da sitcom o da pubblicità Anni Novanta. Pienamente riconoscibile dal suo pubblico di riferimento, cioè da adolescenti invischiati nell'ondata woke e trenta-quarantenni in carriera. Nei filmati Mamdani ha fatto l'intervistatore, il protagonista, il ragazzo semplice. Ma sempre e comunque fuori in strada, in mezzo a quella gente che ha voluto conquistare, mai in uno studio asettico e costruito. Con saturazione dei colori da cinema e zoom da B-movie. Ogni suo reel ha parlato a tutti i newyorkesi con particolare attenzione alle minoranze, come testimoniano i sottotitoli in spagnolo, in indiano, in arabo.
L'elezione di Mamdani infonde nuova linfa nella causa dei Democratici americani, in piena crisi di consensi e identità dopo il forfait di Joe Biden e la sconfitta senza appello di Kamala Harris nelle presidenziali contro Trump. Il futuro dem sembra essere nelle mani sue e di Alexandria Ocasio-Cortez, ma bisogna stare attenti a non sopravvalutare il risultato di New York, città liberal ed economicista per definizione e per sua natura lontana dal nazionalismo tradizionalista dell'heartland americano che ha voluto Trump alla Casa Bianca. In tal senso l'elezione di Mamdani a sindaco appare un po' meno come uno "schiaffo" al presidente repubblicano e un po' più come un messaggio agli elettori dell'intera nazione. Come a dire: nel Paese esiste e sta crescendo un'opposizione alla nuova destra americana, infarcita di millenarismo religioso e militarismo come nell'Ottocento che portò gli Usa a dominare il proprio continente e, nel secolo successivo, il mondo. Passato e presente che si sfidano per il futuro. Elegia degli americani interni lettori della Bibbia, rurali e patriottici - per citare il libro scritto dal vicepresidente JD Vance nel 2016, simbolo degli "hillbilly" discendenti da scozzesi e irlandesi che hanno costruito la nazione oltre gli Appalachi - contro la favola dell'immigrato che giunge in America e cambia il destino proprio e del Paese, disegnando un futuro cosmopolita e aperto alla diversità nelle metropoli delle coste. Ridefinizione graduale dell'establishment che rimanda la resa dei conti alle prossime elezioni, passando per la svolta del Midterm.