Di genocidio parla la metà degli intervistati da Tecnè. Solo il 15% è contraria a definirlo tale
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Israele sta compiendo un genocidio contro il popolo palestinese a Gaza. Cioè sta procedendo alla "metodica distruzione di un gruppo etnico, razziale o religioso, compiuta attraverso lo sterminio degli individui e l'annullamento dei valori e dei documenti culturali", secondo la definizione Onu della parola genocidio. Lo sostiene ben il 50% degli italiani intervistati dall'istituto di ricerca Tecnè. Che nello stesso sondaggio ha rilevato anche le intenzioni di voto e l'opinione sulla possibilità di riaprire un processo a distanza di molti anni dal pronunciamento della sentenza definitiva.
La prima domanda dell'indagine è diretta: "Secondo lei, l'intervento militare di Israele a Gaza può essere definito un genocidio?". Il 50% degli intervistati risponde di sì. Un ulteriore 23% per cento ritiene di no, ma comunque condanna l'intervento di Israele nella Striscia. Il 15% ritiene che la risposta dell'esercito di Tel Aviv sia proporzionata alla offesa ricevuta il 7 ottobre 2023 da parte dei terroristi di Hamas. E il 12%, infine, non fornisce una risposta.
Nello stesso sondaggio, Tecnè ha anche rilevato le intenzioni di voto degli italiani, confrontandole con le percentuali raccolte dai singoli partiti alle Europee del 2024. Premettendo che il 48,3% degli interpellati non si esprime (perché si astiene o perché incerto), risulta significativa la crescita di Fratelli d'Italia, che sale dal 28,8% dello scorso anno al 30% di oggi. Di contro, il Pd cala dal 24,1% al 21,5%, forse anche in seguito alla fallita campagna sui referendum. Tutti gli altri partiti rimangono sostanzialmente stabili, con variazioni contenute attorno al punto percentuale, in positivo o in negativo. La somma dei partiti del centrodestra, conclude Tecnè, arriva al 50% dei votanti (contro il 47,4 del 2024), mentre il centrosinistra (inteso come campo larghissimo, quindi comprendendo anche M5S, Italia Viva, Azione e +Europa) arriva al 46,8%, in calo rispetto al 48% di un anno fa.
L'ultimo quesito del sondaggio Tecnè è sulla opportunità di riaprire un processo a molti anni di distanza dalla pronuncia della sentenza definitiva. Il 50% degli intervistati sostiene che sia giusto, se emergono nuove prove che mettono in dubbio la decisione dei giudici; il 26% afferma che una sentenza definitiva va rispettata e non può essere cambiata; il 15%, infine, non si esprime.