Tutta una questione di proporzioni

Come mai i Paesi africani vogliono cambiare le mappe del mondo

Secondo gli Stati dell’Unione africana la proiezione di Mercatore, utilizzata da secoli nelle mappe del mondo più comuni, distorcerebbe le dimensioni geografiche. Un effetto collaterale che ancora oggi ha anche conseguenze geopolitiche importanti

22 Ago 2025 - 17:41
 © iberpress

© iberpress

Tutti hanno ben in testa una mappa del mondo. I più fortunati ne potevano vantare addirittura una riproduzione per uso personale, appesa in camera, mentre praticamente chiunque cresceva ammirando quantomeno il planisfero ingiallito che faceva bella mostra di sé nelle aule di scuola, spesso così vecchio da mostrare ancora nel 2004 la Cecoslovacchia o l'Abruzzi e Molise. Anche le versioni più aggiornate tuttavia, non possono vantarsi di essere davvero rispondenti alla realtà. D'altra parte una mappa del mondo deve adattarsi, con buona pace dei terrapiattisti, al fatto di dover rappresentare in qualche modo un qualcosa che in origine si spalma su una sfera schiacciata. Succede quindi che da queste riproduzioni arbitrarie nascano distorsioni geografiche, in grado a volte di perpetrarsi per secoli, spesso solo per comodità o per ragioni geopolitiche.

L'Africa si è stancata di farsi dire che è piccola

  Per esempio l'Africa è molto più grande del Nord America. Un dato di fatto ormai assodato da secoli e ben registrato da chi è impallinato con la cartografia ma sorprendente forse per molti altri. Non si tratta tuttavia di una mera curiosità ma di un qualcosa che può avere conseguenze concrete per chi quei luoghi li abita. A esserne sicuri sono gli stessi Paesi dell'Unione africana che ora insorgono per dire basta alle mappe dove il loro continente viene arbitrariamente rimpicciolito, probabilmente non solo per motivi di abitudini e praticità.

In questo mese d'agosto l'Unione ha ufficialmente appoggiato il progetto “Correct The Map”, promosso dalle organizzazioni Africa No Filter e Speak Up Africa per rivendicare la corretta rappresentazione dei luoghi da dove l'umanità ha visto i propri natali.  La soluzione proposta da questa iniziativa prevede l’adozione della proiezione Equal Earth, nata nel 2018 e progettata proprio per rappresentare i continenti in base alle loro dimensioni reali. Nello stesso anno d'altra parte Google Maps aveva già sostituito la proiezione classica con una visualizzazione 3D del globo, almeno nella versione desktop. Un'idea poi recepita anche dalla Banca Mondiale, che dichiara di utilizzare ormai da tempo le più veritiere proporzioni Equal Earth o Winkel-Tripel. Tutte scelte pensate per venire incontro alle comprensibili istanze africane (e non solo).

"Può sembrare solo una mappa, ma in realtà non lo è. Questa proiezione ha dato l’illusione che l’Africa sia marginale", assicura Selma Malika Haddadi, vicepresidente della Commissione dell’Ua, evidenziando un qualcosa che è facile intuire: ogni mappa racconta una storia ed è tutt'altro che una narrazione basata su dati oggettivi. Sulla stessa linea di Haddadi si muove anche Moky Makura, direttore esecutivo di Africa No Filter che ha parlato della questione del rimpicciolimento del Continente nero come di una vera e propria "campagna di disinformazione", la più longeva del mondo dal suo punto di vista. Ed effettivamente per risalire a chi per primo decise di rappresentare l'Africa nel modo in cui è conosciuta oggi sulle mappe bisogna scomodare addirittura un cartografo fiammingo, vissuto a cavallo tra 1500 e 1600.

Tutta colpa di Mercatore

 Per capire le dimensioni del problema basti pensare che l'Africa ha una superficie di 30.309.495 km2 contro i 10.530.000 dell’Europa o i 9.867.000 degli Stati Uniti. Una sperequazione tutt'altro che facilmente individuabile dalla maggior parte delle mappe in nostra dotazione. La colpa di questa visione distorta va tuttavia attribuita in primis a una persona in particolare: il suddetto fiammingo, tale Gerhard Kremer (latinizzato in Gerardus Mercator e poi in Mercatore). Va detto che il nostro Mercatore aveva agito ai tempi in buona fede, brevettando quella proiezione che ora porta il suo nome soprattutto per aiutare i navigatori ad orientarsi nelle loro scorribande marittime (era pur sempre il 1599). Come spiega Adnkronos infatti, sulle mappe che sfruttavano l'intuizione fiamminga, le linee di rotta costante (le cosidette loxodromie) appaiono come rette, semplificando molto la vita dei navigatori. Questo metodo permette di rappresentare il globo mantenendo gli angoli, il che è ciò che più interessa in ambito principalmente nautico. Questa soluzione presenta tuttavia un importante rovescio della medaglia: tanto più ci si allontana dal centro di proiezione, tanto più l’area proiettata sarà deformata, distorcendo poco chi si trova sull'Equatore e molto chi si trova a distanza da quest'ultimo. Un problema che tuttavia è stato per secoli facilmente superabile, soprattutto fin quando un certo colonialismo aveva piacere a rappresentare fisicamente una distorsione che aveva ragioni più profonde di potere e ricchezza.

La storia delle mappe in cui ci vediamo sempre al centro del discorso

  Nessuna rappresentazione della Terra nella storia è stata d'altra parte totalmente scevra dai condizionamenti figli dell'occhio umano. Non era oggettiva e indiscutibile nemmeno l'Imago mundi: una tavoletta cuneiforme scoperta nel 1882 dall'archeologo Hormuzd Rassam a Sippar (allora Babilonia, oggi Iraq), che costituisce la più antica mappa della Mesopotamia, e del mondo. Come chi ha redatto quella tavoletta anche noi siamo abituati a vedere al centro dei nostri planisferi (e del mondo) casa nostra: l'Europa.

Lo fanno persino i cinesi, che hanno mappe dove Shanghai e tutto meno che defilata all'Estremo Oriente. È sempre stato così e non a caso proprio gli stessi cinesi nel 2015 hanno normato attentamente come vada rappresentato il mondo da una prospettiva made in China. Scavando nei meandri della storia viene in mente la mappa della Federazione Imperiale, realizzata nel 1886 per rappresentare il vasto territorio dell’Impero britannico, costruita con il preciso intento di posizionare un'isola tutto sommato piccola lì dove sarebbe stata percepita come l'apice dell'umanità.

Gli inglesi d'altra parte si fanno le loro mappe da sempre, e poco più di un secolo fa, ancora regalavano esperimenti interessanti. Un esempio in questo senso è il lavoro di John Bartholomew per re Giorgio V del Regno Unito, che nel 1914 provava a mostrare in forma di mappa quanto tempo si impegnasse per andare da Londra alle diverse parti del mondo. Un po' quello che faceva Mercatore, che provava a schiacciare il mondo per rendere le navigazioni in un mondo pre-GPS più comode.

The Times They Are A-Changin'

 Ma ora che la mappa ha smesso di avere un uso pratico diventando quasi un vezzo ornamentale, simbolo addirittura di un celebre brand di borse, forse non è più il caso di addurre certe giustificazioni  a cambiamenti arbitrari dal retrogusto quasi colonialista. È il momento per l'Africa di riappropriarsi delle proprie effettive dimensioni, quelle che effettivamente contano in certi contesti. E pazienza se l'Unione africana, almeno per un momento, nell'avanzare le sue giuste rimostranze, ricorderà un po' quella Norma Desmond che in Viale del tramonto ricordava: "Io sono sempre grande, è il cinema che è diventato piccolo!". In fondo è proprio così. L'Africa è sempre stata grande, era tuttalpiù la cartografia ad averne ristretto le misure.

Ti potrebbe interessare

Commenti (0)

Disclaimer
Inizia la discussione
0/300 caratteri