Una ricerca condotta nel territorio australiano conferma che i videogiochi sono correlati a una maggiore concentrazione, al contrario dei social media
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Gli ultimi mesi sono stati molto produttivi per coloro che si dedicano allo studio di tecnologia e videogiochi al fine di analizzarne l'impatto sulle persone. Una ricerca sull'attività cerebrale degli adulti di età compresa tra i 18 e i 25 anni, condotta in Australia, ha svelato infatti che la tv e i videogiochi favoriscono una maggiore concentrazione rispetto ai social media, che tendono piuttosto a ridurla.
Lo studio, portato avanti dai ricercatori dalla Swinburne University of Technology di Melbourne, ha cercato di dimostrare che il settore dell'intrattenimento non deve essere necessariamente demonizzato o correlato ad attività che minano la salute psicofisica, specie dei più giovani, evidenziando al contrario come sia perfettamente in grado di accelerarne alcune funzioni e qualità.
La ricerca, che a detta degli sviluppatori è la "prima del suo genere", ha sondato l'attività cerebrale di giovani di età compresa tra 18 e 25 anni dopo l'esposizione agli schermi degli smartphone per soli tre minuti: con relativa sorpresa da parte degli scienziati, i partecipanti hanno affermato di aver sperimentato cambiamenti nell'umore, nell'energia, nella tensione, nella concentrazione e nella felicità.
"Il nostro studio è stato il primo a registrare l'attività cerebrale durante diverse forme di utilizzo dello schermo nei giovani adulti utilizzando la spettroscopia funzionale nel vicino infrarosso (fNIRS)", ha spiegato la dottoressa Alexandra Gaillard, una delle ricercatrici principali. "Abbiamo scoperto che diverse forme di utilizzo dello schermo, compresi i social media, sono associate a modelli distinti di attività e stati d'animo. Quasi tutti possiedono uno smartphone che utilizzano per almeno tre ore al giorno per intrattenimento. I disturbi dell'umore stanno aumentando in tutto il mondo e non dovremmo escludere la possibilità che gli smartphone siano uno dei fattori che contribuiscono a questo fenomeno".
Lo studio ha rilevato che i livelli di emoglobina ossigenata (HbO) aumentavano maggiormente dopo l'uso dei social media e dei videogiochi rispetto alla visione della TV, mentre i livelli di emoglobina deossigenata (HbR) aumentavano maggiormente dopo l'uso dei videogiochi. "Questi risultati suggeriscono che i tipi di intrattenimento interattivi coinvolgono maggiormente il cervello", ha spiegato Gaillard.
"È interessante notare, tuttavia, che quando ci siamo dedicati ai social media, le persone hanno riferito di sentirsi meno concentrate e hanno fatto registrare livelli più bassi di attività cerebrale. I videogiochi invece hanno mostrato un aumento dell'emoglobina deossigenata, fattore che conferma come il cervello utilizzi attivamente la maggiore quantità dell'ossigeno ricevuta. I videogiochi sembrano stimolare il cervello a lavorare in modo positivo".
A circa sei mesi dall'imminente divieto di accesso ai social media per gli adolescenti in territorio australiano, non esistono ancora percorsi chiari per gli strumenti di verifica dell'età e gli effetti positivi della politica sui diversi tipi di tecnologia e piattaforme.
La dottoressa Gaillard ha inoltre aggiunto che, sebbene questo studio su social media e videogiochi abbia preso in esame i giovani adulti, i risultati suggeriscono un esito simile per gli adolescenti, che dovrebbe essere preso in considerazione dagli esperti al momento di attuare il divieto. "Se questo è l'effetto su un cervello completamente sviluppato, dobbiamo considerare con urgenza l'impatto sugli adolescenti e sui bambini che utilizzano sempre più queste tecnologie".
Il team di ricerca della Swinburne University of Technology ha affermato che saranno necessari studi più approfonditi per comprendere la relazione complessa e sfumata tra le attività davanti allo schermo e il modo in cui queste coinvolgono il cervello. "Un tempo eccessivo trascorso davanti allo schermo può avere un impatto negativo sulle capacità cognitive, sull'attenzione e sulle funzioni esecutive, ma sappiamo anche quanto possano essere preziosi per creare legami e un senso di appartenenza, oltre che per migliorare i risultati scolastici", ha spiegato Gaillard.
"Non si tratta di una richiesta di riduzione generalizzata; gli schermi hanno sicuramente una funzione di relax e svago. Chiediamo ai giovani di essere consapevoli dell'impatto che le loro attività hanno su di loro e di fare scelte giuste per il proprio futuro".