Il 62enne colpito sul lungomare di Bari non è solo vittima di una bravata, ma di un fenomeno sempre più diffuso: ecco cosa sono gli "scherzi" online, perché diventano virali, le differenze con le challenge e i rischi
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Un runner di 62 anni è stato colpito all’occhio da un uovo lanciato da un’auto sul lungomare di Bari. L’aggressione, filmata da complici a bordo di un’altra macchina, non è un episodio isolato: rientra nella logica dei prank video, gli “scherzi” ripresi per diventare contenuto virale sui social.
I prank video sono contenuti in cui qualcuno mette in scena uno scherzo a danno di un’altra persona, filmando la sua reazione per poi condividerla online. Nati come burle goliardiche con travestimenti buffi o finti spaventi, ma con l’ascesa di YouTube e TikTok il genere si è spinto oltre, inseguendo sempre di più lo shock e l’estremo. In molti casi, la “vittima” non è consenziente e finisce per subire disagio, umiliazione o persino danni fisici. Il cuore del fenomeno, infatti, sta nella ricerca di emozioni forti — paura, disgusto, sorpresa — perché sono proprio quelle che attraggono più visualizzazioni.
La viralità dei prank video si fonda sulla capacità di generare emozioni immediate e intense. Sorpresa, curiosità, risate o indignazione diventano micce che spingono a condividere il contenuto. La formula è semplice: un colpo di scena improvviso, la reazione della vittima, il ridicolo o il disgusto finale. In un’epoca in cui i social premiano l’engagement, la regola è che più un video è scioccante, più possibilità ha di diffondersi. Uno studio della University of Melbourne ha evidenziato che gli ingredienti principali della viralità sono novità, impatto emotivo e capacità di catturare l’attenzione nei primi secondi.
Le challenge sono sfide collettive: tutti eseguono la stessa azione, spesso con un hashtag dedicato, e partecipano in modo consapevole. Nei prank video, invece, il centro è la vittima inconsapevole, sorpresa e filmata senza avviso. La challenge nasce per coinvolgere, il prank per spiazzare. Entrambi possono diventare pericolose se estreme, ma mentre la challenge si fonda sulla partecipazione, il prank rischia di ridursi a un atto di prevaricazione.
Lo scherzo che diventa aggressione porta con sé diversi rischi. Da quello fisico, come nel caso del runner di Bari ferito da un uovo, a quello psicologico, legato a umiliazione e perdita di fiducia nello spazio pubblico. Ci sono poi implicazioni legali ed etiche: chi subisce raramente dà il consenso alla registrazione e alla pubblicazione, e la diffusione sui social amplifica il danno, trasformando la vittima in bersaglio di commenti e derisione. Il problema più grave resta però l’emulazione: giovani che replicano i prank più estremi per guadagnare visibilità, alimentando una spirale in cui lo shock diventa misura del successo.
La risposta sta nelle emozioni che suscitano: sorpresa, senso di superiorità, curiosità. Guardare un prank video significa partecipare a uno spettacolo “dal vivo”, dove la reazione è autentica e imprevedibile. Per i creator, invece, i motivi sono spesso legati alla ricerca di follower, visibilità: in una piattaforma dove tutto si consuma in pochi secondi, l’elemento scioccante diventa la scorciatoia più rapida per emergere.
Il caso di Bari è solo l’ennesima dimostrazione di come un prank video possa trasformarsi da contenuto di intrattenimento a episodio di violenza. La linea di confine è sottile, e proprio per questo serve consapevolezza: ridere di uno scherzo è naturale, ma alimentare un fenomeno che mette a rischio la dignità o la sicurezza di qualcuno significa diventare parte del problema.