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Armani e la moda dopo il coronavirus: dagli errori rinascerà bellezza

Donazioni e riconversioni in tempi record: il dinamismo e la capacità di reazione del Made in Italy non sono secondi a nessuno

La crisi imporrà di dare un taglio e sarà traumatico. Ma, forti della creatività e del valore del made in Italy, si potrà fare tesoro pure di questa esperienza che ci sta profondamente segnando. L’emergenza coronavirus, la quarantena forzata e il lockdown stanno infatti incidendo pesantemente anche su un settore importantissimo come quello della moda, che conta milioni di addetti ed è una delle voci più importanti del Pil. Alla fine, si aprirà una fase nuova, è sarà un bene. Come dimostrano anche le riflessioni nate dalle parole che Giorgio Armani ha affidato a una lettera aperta a WWD, ‘la Bibbia del fashion’ Usa.

Un ritratto di Giorgio Armani (courtesy of Giorgio Armani)
 

LA LETTERA DI ARMANI - Sovrapproduzione, consumismo sfrenato, ritmi sostenuti sono tra i grandi mali della moda, secondo Giorgio Armani. Il futuro potrebbe perciò dare spazio a nuove opportunità, per riguadagnare “una dimensione più umana”, ha sottolineato. “L’emergenza in cui ci troviamo dimostra che l’unica via percorribile sia un attento e ragionato rallentamento - ha scritto lo stilista -. La crisi è un’opportunità per ridare valore all’autenticità: basta con la moda fatta solo di comunicazione, basta con le sfilate cruise in giro per il mondo per presentare idee mediocri e intrattenere con show grandiosi che oggi appaiono come fuori luogo, e pure un po’ volgari. Sprechi di denaro che inquinano e sono verniciate di smalto sul nulla (...). Il momento che stiamo attraversando è turbolento, ma offre anche un’opportunità unica di sistemare ciò che nel sistema è sbagliato. (…) Uniti ce la faremo, ma dobbiamo restare compatti e lavorare in armonia. Questa è forse la lezione più importante che possiamo imparare da questa crisi".


L’UNIONE FA LA FORZA – Giorgio Armani è stato tra i primi a effettuare donazioni a favore degli ospedali e della Protezione civile. Il primo a chiudere i suoi negozi e l’hotel a Milano per contrastare il rischio dei contagi, in anticipo sulla decisione del governo. Sempre tra i primi ad avviare la produzione di mascherine e camici per il personale sanitario nei suoi stabilimenti. Anche molti altri designer, imprenditori del settore dell’abbigliamento e del beauty (con la produzione di gel igienizzanti) lo hanno fatto e lo stanno facendo, mostrando al mondo intero che il dinamismo e la capacità di reazione delle aziende italiane non sono secondi a nessuno. “Un miracolo del made in Italy”, lo ha definito lo stesso commissario straordinario Domenico Arcuri. Altro che regno di frivolezze: nella moda andrà tutto ripensato. Usciti da questo incubo, ci sarà una grande voglia di ripartire. E, di sicuro, un gran bisogno di bellezza. 
 

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