Per l'amministratore delegato Giuseppe Ferro "le accuse di dumping sono infondate. Speriamo che il governo americano faccia un passo indietro. Con dazi al 107% per noi è impossibile lavorare"
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La Molisana, storico pastificio di Campobasso, smentisce in parte l'apertura di uno stabilimento negli Usa così come ipotizzato in precedenza. La società fa riferimento alle voci che si sono diffuse in seguito alla questione tariffe doganali. L'amministratore delegato Giuseppe Ferro, in un incontro con i giornalisti, ha parlato dei dazi al 107% imposti da Trump sulla pasta italiana a partire dal 2026, sottolineando che è intenzione dell'azienda proseguire "l'iter legale così come intrapreso". "Cercheremo di discutere con l'amministrazione americana perché - ha aggiunto Ferro - con dazi al 107% per noi non è possibile lavorare. La società sta valutando un ventaglio di opzioni, compresa quella di aprire uno stabilimento in America o di produrre in biologico, in quanto non tassato dagli Usa". L'azienda, che esporta in 120 Paesi, è stata sottoposta a una nuova procedura di dumping, la terza, mentre una quarta è in arrivo.
"Il nostro export negli Usa rappresenta circa il 10-11% del totale - ha sottolineato l'ad -. Speriamo in un ripensamento del governo americano, intanto voglio ringraziare i ministri Antonio Tajani e Francesco Lollobrigida che si sono mossi molto velocemente e in maniera significativa". Parlando della procedura di dumping, Ferro ha spiegato che "la prima volta abbiamo ottenuto 'zero', quindi il meglio della correttezza, la seconda 1,6%. Questa volta abbiamo ottenuto il 91%, ma non è stato fatto un calcolo, la procedura ha infatti detto, cosa non assolutamente vera, che non siamo stati collaborativi".
"Non c'è dumping - ha poi affermato Ferro -, e questo era già emerso nelle due precedenti procedure analoghe alle quali siamo stati sottoposti negli anni passati dallo stesso Dipartimento del Commercio Usa. Da parte nostra non è cambiato nulla: abbiamo sempre agito nello stesso modo, in modo corretto e trasparente". L'azienda molisana ha fatto sapere di aver presentato oltre 600 pagine di documentazione a supporto della propria posizione. "Abbiamo prodotto un lavoro colossale - ha evidenziato il manager - perché la procedura è complicatissima e molto costosa. Abbiamo anche chiesto che venissero in azienda per verificare direttamente i dati, ma non si è visto nessuno: sono arrivati alle loro conclusioni senza entrare nel merito".
Sulle accuse di scarsa collaborazione, La Molisana ha replicato che "non corrispondono al vero". "Abbiamo presentato tutto ciò che ci è stato richiesto e continueremo a fornire ulteriore documentazione. Siamo abituati a queste procedure, ma questa volta i numeri sono del tutto sproporzionati", ha precisato Ferro. Nel caso in cui i dazi dovessero entrare in vigore a gennaio, l'impatto sarebbe gravissimo. "Con dazi oltre il 100% diventa praticamente impossibile vendere la pasta negli Stati Uniti - ha sottolineato l'amministratore delegato -. Ma il problema non riguarda solo noi e Garofalo: siamo tredici pastifici sulla stessa barca, e cercheremo insieme una soluzione prima che le misure entrino in vigore". Secondo La Molisana, le procedure antidumping "nascono su istanza di produttori locali americani", un meccanismo che - ha concluso la nota - "rischia di trasformarsi in uno strumento di protezionismo commerciale a scapito delle imprese italiane corrette e competitive".
Sul caso è intervenuta anche l'Unione europea spiegando che è pronta a intervenire se necessario per trovare una soluzione. Lo ha riferito il portavoce del commissario per il Commercio Olof Gill affermando che in questo momento la Commissione Ue, in stretto coordinamento con il governo italiano, sta collaborando con gli Stati Uniti sull'indagine antidumping avviata da Washington per imporre dazi sulla pasta "e interverrà se necessario". "Questa è un'indagine antidumping, pertanto esula dall'ambito della dichiarazione congiunta Ue-Usa alla base dell'accordo raggiunto sui dazi al 15%", ma se ci sono scorrettezze, Bruxelles è pronta a fare il suo dovere.