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Lavoro e Covid, cosa resta dello smartworking a tre anni dallo scoppio della pandemia?

Stando ai dati del Wall Street Journal sull'occupazione da remoto gli americani lavorano ancora da casa, mentre europei ed asiatici sono tornati in ufficio. Ecco dove l'economia post-lockdown è ripartita

Cosa resta dello smartworking nel mondo a tre anni dall'inizio della pandemia di Covid? Gli americani continuano ad abbracciare il lavoro da remoto voltando le spalle agli uffici con maggiore regolarità rispetto ai loro colleghi all'estero.

L'occupazione degli uffici negli Stati Uniti è compresa tra il 40% e il 60% dei livelli pre-pandemici, variando per mese e per città, mentre nel vecchio continente e in Asia il tasso oscilla tra il 70% e il 90%. Questi i dati del Wall Street Journal, che cita l'analisi di JLL, società di servizi immobiliari con 4,6 milioni di metri quadrati di proprietà immobiliari a livello globale.

 

Il ritorno in ufficio, secondo JLL, è stato più comune in Asia, dove i tassi variavano dall'80% al 110%; ciò significa che in alcune città oggi ci sono più persone in ufficio rispetto a prima della pandemia. A Parigi e Tokyo la media è oltre il 75%.

 

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Case più grandi, spostamenti più lunghi e un mercato del lavoro più duro aiutano a spiegare perché gli americani trascorrono meno tempo in ufficio rispetto ad europei ed asiatici, osservano gli esperti del settore.

 

Questa divergenza nelle abitudini di ritorno in ufficio non solo avvantaggia i proprietari immobiliari europei ed asiatici più dei loro colleghi statunitensi, ma ha un impatto diretto sulla rapidità con cui le aree metropolitane si riprendono dallo shock economico della pandemia.

 

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Le città in Europa e in Asia si sono riprese relativamente bene. Ma gli edifici con uffici vuoti e i pendolari scomparsi hanno minato la ripresa nelle città statunitensi come New York e San Francisco, dove hanno sofferto ristoranti, negozi e altre attività che contano sugli impiegati come clienti principali.

 

 

Il numero di disoccupati a New York City è aumentato di 83.500 unità tra l'inizio del 2020 e il terzo trimestre del 2022, con il tasso di disoccupazione della città salito molto al di sopra della media nazionale, secondo un rapporto del New School Center for New York City Affairs. Molti di coloro che hanno perso il posto lavoravano a Manhattan in settori basati sui rapporti personali, come la vendita al dettaglio, alloggi e servizi di ristorazione.

 

Il calo dei valori degli uffici minaccia di colpire i bilanci delle città che dipendono dalle tasse sulla proprietà. Anche il diminuito numero dei passeggeri sui mezzi pubblici sta pesando sulle finanze delle autorità di trasporto pubblico.

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