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Stop alla “sindrome della capanna” con la psicologia dell’abitare

Post lockdown: impariamo ad amare e valorizzare la nostra casa, ma senza rintanarci nel guscio

Nelle settimane della pandemia, la nostra casa è stata il rifugio sicuro in cui ci siamo raccolti insieme alle persone e alle cose più care. Dopo le difficoltà iniziali ci siamo abituati a questo perimetro intimo e tutto nostro, tanto che molti di noi hanno fatto fatica a uscire dal guscio e riprendere consuetudini più simili alla vita di prima. In molti casi si è parlato di “sindrome della capanna” o peggio, con un tocco dispregiativo, “della grotta”. Per riequilibrare il rapporto nei confronti della nostra casa e un modo corretto di viverla possiamo cogliere i suggerimenti della psicologia dell’housing, ovvero dell’abitare. 

La psicologia dell'housing è un nuovo ramo di questa scienza, entrato ultimamente nelle università italiane, che trae dalle neuroscienze metodi di indagine e informazioni utili per trovare le soluzioni abitative più consone  Il lato, per così dire, sociale della psicologia dell'abitare consiste nell'individuare soluzioni alle grandi emergenze sociali legate alla casa, come l'accesso ad alloggi di qualità a prezzo abbordabile, il supporto alla costituzione di comunità di abitanti, la creazione di spazi vivibili condivisi e di quartiere. Da un punto di vista più privato, invece, punta ad individuare per ogni famiglia le soluzioni di gestione dello spazio e di arredo più consone alle esigenze individuali di autorealizzazione e di benessere. La dott.ssa Alessandra Micalizzi, psicologa con dottorato in Comunicazione e Nuove Tecnologie, Internal Lecturer al SAE Institute, consulente dello studio milanese di interior design Visioninterne e co-autrice insieme a Tommaso Filighera del libro "Psicologia dell'Abitare", spiega a Tgcom24 in che modo la psicologia dell'housing ci può aiutare in questa delicata fase di ritorno verso la normalità.

 

Dice Micalizzi: “La psicologia dell'housing definisce un ambito preciso della psicologia ambientale, che si occupa di studiare il rapporto tra benessere dell'individuo e l'ambiente. La casa diviene non solo struttura contenitiva, ma un contesto di relazioni ed esperienze private, nelle quali e per le quali la ricerca del benessere è un elemento fondamentale. Vogliamo sentirci bene a casa, a nostro agio. Vogliamo riconoscerci e rappresentarci attraverso di essa. Ecco quindi che abitare non è semplicemente un fatto funzionale, ma presenta dimensioni psicologiche e affettive particolarmente importanti”. Questa disciplina è un terreno comune tra professionisti diversi: oltre allo psicologo entrano in campo architetti, interior designer e altri ancora. Un ruolo importante nel vissuto domestico, ad esempio, è giocato dalla luce e dai colori di un ambiente, ma possono influire sul nostro benessere anche i suoni e addirittura gli aromi.  Per questo, se dobbiamo ristrutturare una parte della nostra casa, “conoscersi e conoscere il nostro profilo abitativo può contribuire a ridurre lo stress legato ai cambiamenti e ai timori che ad esso sono associati”: Può essere anche molto utile poter sperimentare in anteprima le sensazioni offerte da un nuovo ambiente mentre lo si sta progettando, magari grazie alle nuove tecnologie, come i visori di Realtà Virtuale Immersiva che consentono l’interazione con lo spazio pensato apposta per noi e non ancora realizzato. 

 

Il lungo periodo di lockdown ha sicuramente cambiato il nostro modo di vivere lo spazio domestico: per molti di noi, spiega Micalizzi, è diventato compensatorio della nostra fragilità e dell’imprevedibilità di ciò che stava accadendo all'esterno. L’uomo è per sua natura abitudinario ed è sempre alla ricerca di pratiche che possano compensare il senso di insicurezza che si porta dentro: per riconquistare il piacere di vivere fuori casa dobbiamo dunque riscoprire le abitudini belle che caratterizzano la nostra vita. L’importante è procedere a piccoli passi, senza chiedere troppo a noi stessi: possiamo cominciare a creare nella nostra routine delle situazioni piacevoli da vivere fuori casa, riscoprendo la gioia di condividerle con altre persone per noi significative. Oppure, dato che il lockdown ci ha fatto scoprire nuovi lati di noi stessi, posiamo creare consuetudini nuove e associarle agli spazi fuori casa. In questo modo usciremo dalla “capanna” senza troppa difficoltà. 

 

Il lockdown è stato anche l'occasione per guardare in modo diverso alla nostra casa, riempiendola di altri vissuti, ma ci ha anche mostrato una serie di piccole cose che si possono migliorare, magari dopo averle trascurate troppo a lungo. Compatibilmente con la disponibilità di ciascuno, sia in termini economici che affettivi ed emotivi, la dott.ssa Micalizzi suggerisce tre strategie di condotta, da seguire se e quando avvertiamo il desiderio di voltare pagina e dare un nuovo aspetto alla nostra casa: 
- se abbiamo preso il coraggio di rinnovarci, meglio farlo attraverso "cambiamenti" e non "aggiustamenti". 
- meglio valorizzare gli “spazi di confine”, come balconi, giardini, terrazzi. In lockdown abbiamo scoperto l'importanza di questi luoghi per le relazioni a distanza o per mantenere il distanziamento senza rinunciare del tutto alla socialità; è il momento di valorizzarli o di riempirli di valore e di senso;
- tenere sempre a mente il principio dell'autenticità. Non fingiamo di essere ciò che non siamo: lasciamoci ispirare dalle proposte delle riviste di settore, ma affidiamoci alla nostra voce interiore perché il riconoscimento del sé con l’esperienza dell’abitare sia pieno e autentico. 
 

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